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Metodo di Ricerca ed analisi adottato

Medoto di ricerca ed analisi adottato
Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

martedì 16 settembre 2014

Ucraina: La Russia e la preparazione della Nato

a nuova dottrina del Cremlino
Putin pronto allo scontro, e l’Occidente?
Stefano Silvestri
02/08/2014
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In questi giorni si gioca il futuro dei rapporti Est Ovest. La Russia di Vladimir Putin è messa sotto pressione, e sembra propensa a rispondere in modo duro. Le conseguenze potrebbero essere pericolose per la sicurezza e l’unità politica dell’Europa.

L’Occidente vorrebbe aprire un dialogo, ma non sembra aver trovato il modo per portare il Presidente russo ad accettare una trattativa che egli vede, almeno per ora, tutta a suo sfavore.

Il ritorno della "Guerra fredda"
Il risultato di questo dialogo tra sordi potrebbe essere un nuovo difficile periodo di “Guerra Fredda”, giocato sulla pelle degli ucraini, dei georgiani e delle altre repubbliche ex-sovietiche, e portatore di nuove tensioni in Medio Oriente e in Asia.

Già dal Vertice Atlantico di Chicago era chiaro che la Russia non si fidava più dell’Occidente e la successiva interruzione dei colloqui con la Nato sulla difesa antimissile ne è stata una riprova.

Il primo forte segnale negativo è arrivato con il conflitto in Georgia, sull’Ossezia meridionale e l’Abhazia. L’appoggio di Mosca al regime di Bashar al-Assad, in Siria, ha confermato l’allargarsi delle divergenze politiche.

Ma è stata infine la crisi ucraina e l’annessione della Crimea ad elevare il tono dello scontro e a portare al varo di sanzioni, che ora sono state significativamente inasprite.

A fine luglio tre altri episodi hanno agitato le acque: l’abbattimento di un aereo di linea malese da parte delle milizie filo-russe in Ucraina (accompagnato dal rifiuto russo di riconoscere l’evidenza e da un inasprirsi del conflitto con Kiev), la condanna di Mosca nell’arbitrato internazionale sulla questione Yukos (che ha definito del tutto illegale il percorso politico-giudiziario che ha permesso a Putin di espropriare quella compagnia e richiede a Mosca il pagamento di oltre 50 miliardi di dollari) e una lettera di Barack Obama a Putin che accusa la Russia di violare il Trattato sul bando dei missili a medio raggio (INF), firmato da Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov nel 1987.

Putin continua ad opporre un rifiuto totale ad ogni tipo di accusa. Di più, egli sembra ormai convinto che questo accumulo di questioni abbia lo scopo di minare il suo governo e di rovesciare il regime presidenziale russo.

Anche quando sembra riconoscere l’esistenza di un problema, come nel caso della sperimentazione dei nuovi missili di crociera in violazione de del Trattato INF, lo fa in modo polemico ed aggressivo, sostenendo che il trattato è ingiustamente discriminatorio nei confronti della Russia e che era stato un errore sottoscriverlo.

La nuova dottrina politica di Putin
Come uscire da questa situazione, che rischia di trasformarsi in una trappola pericolosa, in primo luogo per i paesi europei? La via delle sanzioni economiche che stiamo percorrendo non sembra, almeno per ora, tanto efficace da convincere Putin alla trattativa.

Le misure varate dall’Ue e dagli Usa possono certamente imporre alcuni gravosi costi alla Russia, ma sono ancora ben lontane da quelle molto più complete e rigide imposte all’Iran. Al contrario esse sembrano destinate a confermare i sospetti di Putin.

La nuova dottrina politica di Putin è stata recentemente analizzata, sul Moscow Times, dal parlamentare liberale Vladimir Ryzhkov, sulla base del discorso pronunciato dal presidente russo alla Duma il 18 marzo scorso, per proporre l’annessione della Crimea.

È possibile riassumerla in sette punti.

Uno: “l’Occidente continua a perseguire una politica di contenimento della Russia, come al tempo della Guerra Fredda” e ciò obbliga la Russia a reagire di conseguenza.
Due: “la Russia non si considera più parte della civiltà europea” e questo perché rigetta sia la dottrina comunista che quella pseudo-democratica.
Tre: “il diritto internazionale non corrisponde più ad un sistema di regole, né è un punto fisso di riferimento (…) Il diritto internazionale è stato ridotto ad un menù di scelte diverse tra le quali ogni potenza è libera di scegliere quella che corrisponde ai suoi interessi (…) la Russia è oggi una potenza tale da avere il diritto ad esercitare due pesi e due misure, esattamente come gli Usa”.
Quattro: “la nuova dottrina si applica all’intero territorio dell’ex-Unione Sovietica”, e concede quindi alla Russia il diritto di negare, in questo spazio, l’allargamento sia della Nato che dell’Ue.
Cinque: “una grande potenza può interferire negli affari interni di piccoli paesi” qualora siano in gioco i suoi interessi politici o militari.
Sei: “Organizzazioni internazionali quali le Nazioni Unite svolgono oggi un ruolo molto minore”.
Sette: “la nuova dottrina si basa sui nuovi equilibri di potenza globali (…) mentre l’influenza militare ed economica dell’Occidente è in rapida diminuzione, le potenze emergenti in Asia e in Africa guadagnano (…) il mondo diverrà molto instabile e il numero dei conflitti militari è destinato a crescere”. In conclusione, mentre la Russia punterà a costituire una sorta di Unione Eurasiatica, Putin si aspetta la possibile rinascita di una Guerra Fredda con l’Occidente e comunque sconta l’avvento di più aspri confronti.

L’Europa e gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse ad avere un buon rapporto di collaborazione con la Russia, sia per ragioni di sicurezza energetica che per la stabilizzazione del Medio Oriente, e in particolare della Siria e dell’Iran.

Inoltre nessuno ha interesse ad accrescere la conflittualità internazionale, in particolare in un momento estremamente delicato di evoluzione della presenza e del ruolo internazionale della Cina.

Tuttavia è anche chiaro come sia necessario convincere Putin a scegliere una strada più aperta e collaborativa. È ben difficile che un tale obiettivo si possa raggiungere con le buone parole o con il tipo di sanzioni sin qui decretato.

Putin verrà a patti con Occidente?
È necessario prendere la Russia di Putin sul serio, sulla base di quello essa dice e fa, e non sulla base delle nostre speranze. In altri termini, è necessario convincere Putin della impossibilità di intimidire e dividere l’Occidente nonché della necessità di venire a patti.

La situazione attuale presenta qualche analogia con quella si delineò durante la Guerra Fredda, alla fine degli anni ’70, quando l’Urss puntò massicciamente allo sviluppo di armi nucleari a medio raggio dirette contro l’Europa, nella speranza di indebolire e dividere la Nato.

La forte risposta di allora, con il dispiegamento degli euromissili, mise in crisi la strategia sovietica e portò alla conclusione di importanti accordi di disarmo quali l’INF e quello sulle forze convenzionali in Europa, che prepararono il terreno per la fine della Guerra Fredda. Oggi la risposta deve essere della stessa intensità.

L’evoluzione strategica e tecnologica di questi anni consente fortunatamente di evitare un nuovo riarmo nucleare, ma dovrebbe puntare allo sviluppo e al dispiegamento, in Europa, di importanti mezzi convenzionali capaci di colpire in profondità, con alto grado di certezza e di precisione, il territorio russo, in un adattamento continentale del “prompt global strike” americano. Naturalmente tali sviluppi dovrebbero essere accompagnati dall’offerta di aprire seri negoziati per il controllo e la riduzione degli armamenti.

È una strategia costosa in termini di bilancio, che quindi dovrebbe essere concordata a livello europeo, oltre che atlantico, così da consentire la necessaria mobilitazione di capitali. Ma in questo caso l’interesse strategico dovrebbe fare premio sull’austerità economica, a condizione che scelte e investimenti siano concordati preventivamente.

Siamo di fronte a scelte difficili e delicate, ma da esse dipende il nostro stesso futuro di paesi liberi e democratici.

Stefano Silvestri è direttore di AffarInternazionali e consigliere scientifico dello IAI.
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