di Côme Carpentier de Gourdon
A seguito delle recenti elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo,
i cui risultati riflettono l’ondata di euroscetticismo che dilaga nel
continente e rivelano le profonde divisioni tra i Paesi membri, è utile
ricordare che l’attuale Unione Europea è un compromesso tra almeno tre molto
differenti, e potenzialmente opposte, visioni ispirate a diverse tradizioni
strategiche e storiche:
- Quella del “Sacro Romano impero”, di cui Robert Schuman, uno dei padri
fondatori dell’UE, era un esponente, imperniata sulla Germania e caratterizzata
dall’espansione verso Est;
- Il progetto napoleonico e gollista, che prevede la leadership francese nell’ambito di un’Unione che si estenderebbe
dall’Atlantico agli Urali;
- L’alleanza euro-atlantica che, di fatto, sancisce la supremazia degli
USA e della Gran Bretagna, che è consacrata nella NATO e nell’ “unione dei
popoli di lingua inglese” prospettata da Churchill.
Fino al collasso dell’URSS e alla riunificazione tedesca, Germania e
Francia riuscirono a combinare i loro rispettivi interessi in un compromesso
tra la prima e la seconda concezione, dato che la Francia manteneva
l’iniziativa geopolitica. Dal 1990, tuttavia, il sogno francese si è dissolto,
mentre l’ “impero tedesco”, in ossequio alla tradizione bismarckiana, si è rafforzato
economicamente estendendo il suo raggio d’azione ad Est e instaurando un legame
con la Russia. D’altra parte, ha convissuto non facilmente con l’alleanza
atlantica, della quale è formalmente parte.
I contrasti sono venuti allo scoperto nel caso della crisi ucraina,
promossa da Washington e Londra, che ha costretto la Germania a tentare di
proteggere i suoi legami privilegiati con la Russia, a fronte di una pesante
pressione proveniente dagli USA e dalla Gran Bretagna, con la Francia colta nel
mezzo tra le due posizioni. Le potenze atlantiche vedono un vantaggio nella
creazione di una nuova cortina di ferro in Europa, poiché ciò consoliderebbe la
loro egemonia sull’ “Occidente” contro un’efficace alleanza sino-russa, attiva
contro di loro in diversi scenari come l’Ucraina, la Siria, l’Iraq, l’Iran, la
Corea del Nord e anche in alcuni conflitti africani e in America Latina.
Nel frattempo, l’ascesa della Cina e il rapido declino degli USA si sono
combinati con la decisa e risolutaleadership russa, mettendo in ombra un’Unione Europea che ha sempre maggiori
difficoltà nel salvare un fragile unità interna, più apparente che reale, e che
non è in grado di liberarsi dell’influenza americana, nonostante le politiche
di Washington risultino essere dannose per gli interessi commerciali,
industriali e strategici del continente.
La proposta ultra-liberista del Trade and Services Agreement (TISA), o del Partenariato Transatlantico, i cui
negoziati si stanno svolgendo in gran segreto1, è volta a proteggere
il primato degli Stati ricchi, principalmente quelli occidentali, dalla
crescita degli altri Paesi, in particolar modo quelli dei BRICS (Brasile,
Russia, India, Cina) “la cui esclusione indebolirà la loro posizione riguardo
altri futuri negoziati”. Ciò colpirà anche la maggior parte degli Stati
europei, indebolendone i sistemi sociali e aprendo completamente i loro
mercati, presumibilmente a beneficio delle mega-compagnie statunitensi e di
quelle di altri Paesi. Secondo i critici, il partenariato è finalizzato a promuovere
l’espansione delle multinazionali finanziarie attraverso l’applicazione delle
strategie di deregolamentazione da queste desiderate.
Il progetto del corridoio di sviluppo transeurasiatico Razvitie2,
previsto tra il Pacifico, l’Atlantico e il Mediterraneo, promosso da Mosca e da
altri Paesi asiatici, è stato ben accolto da vari governi europei, inclusi
quelli di Germania, Austria e Italia. Il progetto integra i vari oleodotti e
gasdotti già esistenti, o in fase di costruzione, dalla Siberia all’UE e sposterà
il baricentro dell’economia mondiale verso Est.
Per questi motivi il progetto è visto come una minaccia da parte degli
USA e dei suoi più stretti alleati, che hanno utilizzato la crisi ucraina come
pretesto per bloccare la costruzione del gasdotto South Stream e per danneggiare le relazioni commerciali tra l’UE e
l’EurAsEC. Tuttavia quest’ultimo ha il potenziale per un sostanziale
rafforzamento della cooperazione e degli scambi commerciali tra Oriente e
Occidente, fornendo rotte stradali e ferroviarie dirette verso l’Estremo
Oriente e verso l’Asia Centrale e quella del Sud, così come verso l’Iran e le
altre economie sempre più dinamiche e in espansione.
Un ritorno ai tempi della Guerra Fredda, sotto l’ombrello americano, non
è un’opzione invitante per gli Europei mentre la “casa comune” da Lisbona a
Vladivostok, proposta da De Gaulle, Gorbaciov e Putin, è di gran lunga
un’alternativa più razionale e saggia. In quella casa più grande, l’Europa può
trovare una via per mantenere e accrescere la propria prosperità, promuovendo
lungo la storica Via della Seta un processo di ibridazione con i grandi centri
economici e di civiltà asiatici.
(Traduzione dall’inglese di Alessandro Lundini)
Côme Carpentier de Gourdon è direttore di "World Affairs"
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