ummit di South Wales Il salvagente della Nato alla sua missione Stefano Silvestri 09/09/2014 |
Col passare del tempo i comunicati finali del consiglio Nato sono diventati sempre più lunghi e sempre meno incisivi. Quello che ha concluso il vertice in Galles contiene ben 113 punti e forse avrebbe potuto essere anche più lungo, ma alcune conclusioni sono contenute in altri documenti di contorno.
Se il tentativo era quello di dimostrare la rilevanza e la capacità di reazione dell’Alleanza di fronte alle crisi, in particolare nei confronti della Russia e della crisi in Ucraina (punti da 16 a 30, o 31, se includiamo le crisi nel Caucaso), e nei confronti del Medio Oriente e Nord Africa (punti da 32 a 39), l’obiettivo è stato mancato completamente.
L’Alleanza non ha preso alcuna decisione di rilievo, a parte quella di appoggiare gli sforzi di singoli paesi membri o di altre organizzazioni, dall’Ue all’Onu o all’Osce.
Alleanza difensiva
In compenso, il vertice ha cercato di salvare la missione di base, la ragion d’essere dell’Alleanza, e cioè la garanzia collettiva di autodifesa, sia accrescendo molto modestamente la presenza militare alleata nei paesi della frontiera orientale (aprendo probabilmente un inutilissimo contenzioso con la Russia), sia rafforzando le forze di pronto intervento con unità di intervento prontissimo, tutte da vedere e da creare, sperasi prontamente.
Sempre a tale scopo, ha ribadito l’utilità delle difese antimissile (altra prevista arrabbiatura di Mosca, di scarsissima utilità per il confronto Est-Ovest), ripetendo le vecchie formule sulla dissuasione nucleare, senza innovazione, malgrado la notizia che Mosca starebbe violando il Trattato sulle forze nucleari a medio raggio (Inf).
Al punto 53 la Nato, dopo aver detto che praticamente non ha più contatti con Mosca (punto 22), invita la Russia a preservare il funzionamento di questo trattato. Se il presidente Vladimir Putin ci fa la grazia.
In questo contesto, per fortuna, non si parla di un possibile ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza, ma si ribadisce tale prospettiva per la Georgia (punto 93): altra brillante operazione diplomatica, assolutamente priva di contrappesi o autolimitazioni.
Obiettivo 2% per la spesa militare
Ci sono anche momenti di involontaria comicità, come ad esempio sulla rilevanza degli attacchi cibernetici nel quadro del ricorso all’art.5 del Trattato di Washington, e cioè della difesa collettiva. Si dice infatti, udite udite, che il Consiglio deciderà “caso per caso” (punto 72). Lapalissiano.
Ma almeno finanzieremo la Difesa come necessario? Di ciò si occupa un lunghissimo punto 14, la cui sintesi è che gli alleati concordano sul “puntare verso l’obiettivo del 2% (del Pil di spesa militare) entro la prossima decade”. Cioè, fra dieci anni potrebbero non aver affatto raggiunto un tale obiettivo.
Italia nella coalizione anti Is
L’Alleanza Atlantica non è realmente minacciata da un nemico alle porte, e la lunghezza e l’inconsistenza di questo comunicato ne è la riprova. In compenso però questa non è una buona ragione per cumulare errori su errori e ignorare i compiti e le responsabilità reali che dovremo affrontare. La risposta sembra essere che lo faranno per noi alcuni gruppetti di alleati, a volte informandoci e a volte no.
L’Italia si è inserita nel gruppetto di testa che dovrebbe, come ha detto ieri il presidente statunitense Barack Obama, “degradare e distruggere” le forze islamiste dell’Is.
Forse dovremmo occuparci anche della Libia. La Nato ci guarderà con simpatia e loderà i nostri sforzi nel prossimo chilometrico comunicato.
Stefano Silvestri è direttore di AffarInternazionali e consigliere scientifico dello IAI.
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Se il tentativo era quello di dimostrare la rilevanza e la capacità di reazione dell’Alleanza di fronte alle crisi, in particolare nei confronti della Russia e della crisi in Ucraina (punti da 16 a 30, o 31, se includiamo le crisi nel Caucaso), e nei confronti del Medio Oriente e Nord Africa (punti da 32 a 39), l’obiettivo è stato mancato completamente.
L’Alleanza non ha preso alcuna decisione di rilievo, a parte quella di appoggiare gli sforzi di singoli paesi membri o di altre organizzazioni, dall’Ue all’Onu o all’Osce.
Alleanza difensiva
In compenso, il vertice ha cercato di salvare la missione di base, la ragion d’essere dell’Alleanza, e cioè la garanzia collettiva di autodifesa, sia accrescendo molto modestamente la presenza militare alleata nei paesi della frontiera orientale (aprendo probabilmente un inutilissimo contenzioso con la Russia), sia rafforzando le forze di pronto intervento con unità di intervento prontissimo, tutte da vedere e da creare, sperasi prontamente.
Sempre a tale scopo, ha ribadito l’utilità delle difese antimissile (altra prevista arrabbiatura di Mosca, di scarsissima utilità per il confronto Est-Ovest), ripetendo le vecchie formule sulla dissuasione nucleare, senza innovazione, malgrado la notizia che Mosca starebbe violando il Trattato sulle forze nucleari a medio raggio (Inf).
Al punto 53 la Nato, dopo aver detto che praticamente non ha più contatti con Mosca (punto 22), invita la Russia a preservare il funzionamento di questo trattato. Se il presidente Vladimir Putin ci fa la grazia.
In questo contesto, per fortuna, non si parla di un possibile ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza, ma si ribadisce tale prospettiva per la Georgia (punto 93): altra brillante operazione diplomatica, assolutamente priva di contrappesi o autolimitazioni.
Obiettivo 2% per la spesa militare
Ci sono anche momenti di involontaria comicità, come ad esempio sulla rilevanza degli attacchi cibernetici nel quadro del ricorso all’art.5 del Trattato di Washington, e cioè della difesa collettiva. Si dice infatti, udite udite, che il Consiglio deciderà “caso per caso” (punto 72). Lapalissiano.
Ma almeno finanzieremo la Difesa come necessario? Di ciò si occupa un lunghissimo punto 14, la cui sintesi è che gli alleati concordano sul “puntare verso l’obiettivo del 2% (del Pil di spesa militare) entro la prossima decade”. Cioè, fra dieci anni potrebbero non aver affatto raggiunto un tale obiettivo.
Italia nella coalizione anti Is
L’Alleanza Atlantica non è realmente minacciata da un nemico alle porte, e la lunghezza e l’inconsistenza di questo comunicato ne è la riprova. In compenso però questa non è una buona ragione per cumulare errori su errori e ignorare i compiti e le responsabilità reali che dovremo affrontare. La risposta sembra essere che lo faranno per noi alcuni gruppetti di alleati, a volte informandoci e a volte no.
L’Italia si è inserita nel gruppetto di testa che dovrebbe, come ha detto ieri il presidente statunitense Barack Obama, “degradare e distruggere” le forze islamiste dell’Is.
Forse dovremmo occuparci anche della Libia. La Nato ci guarderà con simpatia e loderà i nostri sforzi nel prossimo chilometrico comunicato.
Stefano Silvestri è direttore di AffarInternazionali e consigliere scientifico dello IAI.
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