Mogherini Alto Rappresentante Iniziativa politica e riforme istituzionali Gianni Bonvicini 01/09/2014 |
Nella conferenza stampa di debutto come nuova Alto Rappresentante dell’Unione europea (Ue), Federica Mogherini ha subito riconosciuto che il compito che l’aspetta è “immane”.
Ed in effetti ha tutte le ragioni per essere preoccupata, sia per quanto riguarda l’incarico in sé, sia per la drammaticità dell’arco di crisi che minaccia l’Unione da Est a Sud.
I poteri e il peso dei veti nazionali
L’incarico innanzitutto. A leggere le carte, o meglio il Trattato di Lisbona, l’Alto Rappresentante, come è ormai noto a tutti, ha compiti tutt’altro che secondari.
È a capo della politica estera dell’Ue, presiede il Consiglio Affari esteri (eccezione rispetto alle presidenze a turno semestrali degli altri Consigli), è Vicepresidente della Commissione e coordina i commissari con portafogli economici esterni e, per finire, “comanda” le missioni civili e militari nel mondo e presiede l’Agenzia europea di Difesa.
Insomma, una specie di ministro degli Esteri e della Difesa messi assieme. In termini di poteri formali fa quasi concorrenza al Presidente della Commissione e, come lui, ha a propria disposizione un servizio “diplomatico” autonomo di oltre tremila addetti, con un bilancio dedicato.
Ma allora dove sta la supposta ininfluenza di questo incarico? In effetti l’inghippo esiste e si riassume nella necessità di fatto di raggiungere l’accordo di tutti i 28 paesi membri per potere agire e prendere iniziative in nome dell’Ue.
Continua cioè a sussistere quel diritto di veto, che non vale per altre materie comunitarie: nel campo della politica estera, dalla piccola Lettonia alla Gran Bretagna, ciascun paese può bloccare tutto e tutti, invocando un interesse nazionale vitale.
Basta anche qui leggere il Trattato di Lisbona: al punto 2, ultimo comma, dell’art. 31, che prevede per le azioni comuni il ricorso automatico al voto a maggioranza qualificata, si recita infatti che per vitali motivi di politica nazionale un paese membro può bloccare la decisione. Vecchio retaggio delle resistenze nazionali a rendere davvero integrata la politica estera.
È quindi evidente che l’Alto Rappresentante si trovi costantemente in una posizione subordinata rispetto a tutti i paesi, piccoli o grandi che siano. A perderne è la credibilità ed efficacia della politica estera europea.
È necessario un grande disegno
Sul piano sostanziale poi, non vi è dubbio che i temi della politica estera e di sicurezza diventino di giorno in giorno più pressanti e l’Ue non potrà sopravvivere a lungo se si limiterà ad integrare economia e moneta e non punterà a diventare anche un attore internazionale a tutto tondo.
Va quindi colta la sfida, sotto la pressione delle crisi esterne all’Ue, di rendere più “comunitaria” anche la politica estera, sfida che è nelle corde psicologiche di Matteo Renzi e, immaginiamo, di Federica Mogherini.
Per di più, l’Italia ha l’impellente necessità di spingere l’Unione ad occuparsi direttamente del Mediterraneo e del Medio Oriente, dove la situazione è ormai esplosiva e si intravvedono i segnali di quella che Papa Francesco definisce una Terza Guerra Mondiale per capitoli successivi.
È evidente che anche il fronte Est, Ucraina in testa, sono di vitale importanza per l’Ue: ma non vi è dubbio che da parte europea si noti ancora una notevole riluttanza ad occuparsi della sponda Sud. Lo si vede in modo evidente nel campo dell’immigrazione.
Prontezza e coraggio
Di qui le ragioni della carta Mogherini, segno anche di un rinnovamento generazionale e di classe politica, giocata dal nostro premier con audacia contro il parere dei più.
Ma proprio per questo, adesso, la nostra nuova Alto Rappresentante dovrà dare il meglio di sé: agire con rapidità, costruirsi le necessarie alleanze all’interno dell’Ue, utilizzare al meglio il servizio diplomatico e il modesto bilancio a disposizione (330 milioni di euro all’anno, un’inezia), intuire per tempo l’insorgere delle crisi e anticipare i leader europei nell’azione. Infine, occuparsi anche di politica di difesa e dello sviluppo di strumenti militari comuni.
Insomma, fare esattamente l’opposto della Baronessa Catherine Ashton, che l’ha preceduta in questo incarico, scomparendo tuttavia nel gorgo delle crisi ucraine e dello Stato Islamico.
Ce la farà Federica Mogherini? Ha avuto il coraggio di accettare un incarico “impossibile”, ma dovrà dimostrare, oltre al coraggio, una visione strategica degli interessi vitali dell’Unione nel mondo.
Allo stesso tempo, per rendere credibile il suo compito, non potrà sottrarsi dal sollevare anche la questione di una parziale revisione del Trattato per eliminare il diritto di veto. Politiche, quindi, ma anche riforme istituzionali: più o meno la stessa agenda che Renzi cerca di far passare in Italia.
Gianni Bonvicini è vicepresidente vicario dello IAI.
- See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2791#sthash.zawlNagB.dpuf
Ed in effetti ha tutte le ragioni per essere preoccupata, sia per quanto riguarda l’incarico in sé, sia per la drammaticità dell’arco di crisi che minaccia l’Unione da Est a Sud.
I poteri e il peso dei veti nazionali
L’incarico innanzitutto. A leggere le carte, o meglio il Trattato di Lisbona, l’Alto Rappresentante, come è ormai noto a tutti, ha compiti tutt’altro che secondari.
È a capo della politica estera dell’Ue, presiede il Consiglio Affari esteri (eccezione rispetto alle presidenze a turno semestrali degli altri Consigli), è Vicepresidente della Commissione e coordina i commissari con portafogli economici esterni e, per finire, “comanda” le missioni civili e militari nel mondo e presiede l’Agenzia europea di Difesa.
Insomma, una specie di ministro degli Esteri e della Difesa messi assieme. In termini di poteri formali fa quasi concorrenza al Presidente della Commissione e, come lui, ha a propria disposizione un servizio “diplomatico” autonomo di oltre tremila addetti, con un bilancio dedicato.
Ma allora dove sta la supposta ininfluenza di questo incarico? In effetti l’inghippo esiste e si riassume nella necessità di fatto di raggiungere l’accordo di tutti i 28 paesi membri per potere agire e prendere iniziative in nome dell’Ue.
Continua cioè a sussistere quel diritto di veto, che non vale per altre materie comunitarie: nel campo della politica estera, dalla piccola Lettonia alla Gran Bretagna, ciascun paese può bloccare tutto e tutti, invocando un interesse nazionale vitale.
Basta anche qui leggere il Trattato di Lisbona: al punto 2, ultimo comma, dell’art. 31, che prevede per le azioni comuni il ricorso automatico al voto a maggioranza qualificata, si recita infatti che per vitali motivi di politica nazionale un paese membro può bloccare la decisione. Vecchio retaggio delle resistenze nazionali a rendere davvero integrata la politica estera.
È quindi evidente che l’Alto Rappresentante si trovi costantemente in una posizione subordinata rispetto a tutti i paesi, piccoli o grandi che siano. A perderne è la credibilità ed efficacia della politica estera europea.
È necessario un grande disegno
Sul piano sostanziale poi, non vi è dubbio che i temi della politica estera e di sicurezza diventino di giorno in giorno più pressanti e l’Ue non potrà sopravvivere a lungo se si limiterà ad integrare economia e moneta e non punterà a diventare anche un attore internazionale a tutto tondo.
Va quindi colta la sfida, sotto la pressione delle crisi esterne all’Ue, di rendere più “comunitaria” anche la politica estera, sfida che è nelle corde psicologiche di Matteo Renzi e, immaginiamo, di Federica Mogherini.
Per di più, l’Italia ha l’impellente necessità di spingere l’Unione ad occuparsi direttamente del Mediterraneo e del Medio Oriente, dove la situazione è ormai esplosiva e si intravvedono i segnali di quella che Papa Francesco definisce una Terza Guerra Mondiale per capitoli successivi.
È evidente che anche il fronte Est, Ucraina in testa, sono di vitale importanza per l’Ue: ma non vi è dubbio che da parte europea si noti ancora una notevole riluttanza ad occuparsi della sponda Sud. Lo si vede in modo evidente nel campo dell’immigrazione.
Prontezza e coraggio
Di qui le ragioni della carta Mogherini, segno anche di un rinnovamento generazionale e di classe politica, giocata dal nostro premier con audacia contro il parere dei più.
Ma proprio per questo, adesso, la nostra nuova Alto Rappresentante dovrà dare il meglio di sé: agire con rapidità, costruirsi le necessarie alleanze all’interno dell’Ue, utilizzare al meglio il servizio diplomatico e il modesto bilancio a disposizione (330 milioni di euro all’anno, un’inezia), intuire per tempo l’insorgere delle crisi e anticipare i leader europei nell’azione. Infine, occuparsi anche di politica di difesa e dello sviluppo di strumenti militari comuni.
Insomma, fare esattamente l’opposto della Baronessa Catherine Ashton, che l’ha preceduta in questo incarico, scomparendo tuttavia nel gorgo delle crisi ucraine e dello Stato Islamico.
Ce la farà Federica Mogherini? Ha avuto il coraggio di accettare un incarico “impossibile”, ma dovrà dimostrare, oltre al coraggio, una visione strategica degli interessi vitali dell’Unione nel mondo.
Allo stesso tempo, per rendere credibile il suo compito, non potrà sottrarsi dal sollevare anche la questione di una parziale revisione del Trattato per eliminare il diritto di veto. Politiche, quindi, ma anche riforme istituzionali: più o meno la stessa agenda che Renzi cerca di far passare in Italia.
Gianni Bonvicini è vicepresidente vicario dello IAI.
Nessun commento:
Posta un commento