Europa

Cerca nel blog

Metodo di Ricerca ed analisi adottato

Medoto di ricerca ed analisi adottato
Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

lunedì 23 dicembre 2013

Auguri

A tutti gli amici e lettori di questo Blog



I più sinceri auguri di un Buon Natale e di un Felice 2014

mercoledì 18 dicembre 2013

Lituania: Terzo vertice paternariato orientale


Lituania 131
Si è concluso il 29 novembre a Vilnius il terzo vertice del Partenariato Orientale promosso dall’Unione Europea. Nato nel 2008 su proposta polacca e svedese, il Partenariato puntava ad avvicinare a Bruxelles sei Paesi ex-sovietici: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina. L’obiettivo dell’iniziativa era quello di incoraggiare un rafforzamento dei legami politici ed economici con i Paesi dell’Europa orientale, creando una zona di libero scambio e promuovendo la tutela dei principi dello Stato di diritto. Al summit nella capitale lituana, tuttavia, soltanto la Georgia e la Moldavia hanno firmato l’Accordo di Associazione con l’Unione Europea, mentre l’Azerbaigian ha sottoscritto l’accordo di facilitazione per i visti. L’Ucraina ha rinunciato alla firma dell’intesa pochi giorni prima dell’apertura del summit, in seguito alla bocciatura delle proposte di legge per la scarcerazione della leader dell’opp! osizione Yulia Tymoshenko, condizione richiesta da Bruxelles per proseguire i negoziati, preferendo riavvicinarsi a Mosca per motivi di opportunità politica ed economica. Il mancato accordo con Kiev è arrivato dopo il fallimento delle trattative con l’Armenia, che aveva già scelto di avviare il processo di integrazione nell’Unione Eurasiatica proposta dalla Federazione Russa. Con la Bielorussia, invece, la ratifica degli accordi è congelata dal 1997 a causa della situazione interna del Paese, guidato dal regime autoritario del filorusso Aleksandr Lukašenko. Il sostanziale fallimento del summit di Vilnius ha provocato tensioni con Mosca, accusata da Bruxelles di esercitare forti pressioni sulle ex repubbliche sovietiche per allontanarle dall’orbita europea, cooptandole nel suo progetto di integrazione tra Federazione Russa, Bielorussia, Kazakistan e altri Paesi dello spazio post-sovietico.

venerdì 13 dicembre 2013

Ucraina: una politica tra Scilla e Cariddi

2 dicembre 2013

Vertice Vilnius offre risultati contrastanti

Il 28 e 29 novembre, i leader dell'UE riuniti a Vilnius, in Lituania, che attualmente detiene la presidenza di turno dell'Unione europea, per il terzo vertice del partenariato orientale. Il partenariato orientale è l'iniziativa di politica estera ammiraglia dell'UE, destinato a far avanzare l'integrazione economica e politica con sei Stati post-sovietici (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina). Nonostante le grandi speranze di funzionari dell'Unione europea all'inizio dell'anno, i guadagni tangibili dalla vetta sono stati limitati. Armenia e Ucraina, i cui negoziati con l'UE sono state di gran lunga il più avanzato, non è riuscito a firmare accordi di associazione e di libero scambio. Con la Russia impegnato a resistere maggiore influenza dell'UE nel "vicinato comune", la probabilità di ulteriori tensioni e instabilità è in aumento, in particolare in Ucraina.
Armenia abbandonato i negoziati per un accordo di associazione con l'UE nel mese di settembre, quando il presidente, Serzh Sargsyan, inaspettatamente annunciato che il suo paese avrebbe aderire all'Unione doganale Russia-led. L'Unione europea ha da tempo dichiarato che l'adesione all'Unione doganale è incompatibile con una associazione UE e accordo di libero scambio (FTA). La decisione di abbandonare i negoziati con l'UE è probabile che sia stato spinto dai timori che la Russia potrebbe ritirare le sue garanzie di sicurezza per l'Armenia, che è bloccata in un conflitto con la sua vicina, l'Azerbaijan, il territorio del Nagorno Karabakh. In una dichiarazione alla stampa, il signor Sargsyan ha sostenuto che, come l'Armenia è membro del russo guidato Collective Security Treaty Organisation (CSTO), non poteva rimanere fuori da una "corrispondente spazio economico" che ha coinvolto i suoi alleati militari. Le pressioni economiche possono aver giocato un ruolo. Nel mese di maggio la russa Gazprom ha aumentato i prezzi del gas di importazione del 50%, portando ad un rapido balzo dell'inflazione. Poiché il signor Sargsyan ha accettato di aderire all'Unione doganale, i negoziati sono stati ri-iniziato a ridurre il prezzo del gas. L'UE sembra essere stato dato alcun preavviso di voltafaccia dell'Armenia, e il brusco cambiamento di rotta è probabile che hanno danneggiato le relazioni tra l'Unione europea e l'Armenia per qualche tempo a venire.
Nessun affare Ucraina
Mentre il ritiro di Armenia da l'accordo di associazione è venuto come uno shock per l'UE, i negoziati dell'Ucraina dell'UE hanno in bilico per qualche tempo. L'UE aveva fatto una conclusione dell'affare subordinata al rilascio di Yuliya Timoshenko, leader dell'opposizione e nemico del presidente, Viktor Yanukovich. Mentre il signor Yanukovich indeciso sul fatto di consentire di viaggiare in Germania per cure mediche, i funzionari russi hanno cominciato a mettere sotto pressione l'Ucraina non concludere un accordo di associazione UE. Sergei Glazyev, consigliere del presidente russo, ha messo in guardia contro l'Ucraina fare un "passo suicida". I funzionari doganali russe hanno introdotto restrizioni per un certo numero di prodotti ucraini e ha avvertito della possibilità di un più ampio embargo commerciale sulla base del fatto che un accordo di libero scambio con l'UE esporrebbe la Russia a una marea di libera tariffarie merci comunitarie. Con la diminuzione delle riserve e la sua moneta sotto pressione, un improvviso crollo delle esportazioni verso la Russia potrebbe ribaltarsi il paese in una crisi della bilancia dei pagamenti. Il 21 novembre il primo ministro ucraino, Mykola Azarov, ha annunciato che l'Ucraina sospendeva i preparativi per firmare l'accordo.
Guadagni limitati
Con l'Ucraina unendo Armenia tra i refusenik, è stato lasciato alla Georgia e la Moldova per fornire una storia di successo modesto al vertice. Entrambi i paesi hanno siglato accordi di associazione e globali e approfonditi accordi di libero scambio (DCFTA) con l'Unione europea al vertice di Vilnius. L'Unione europea prevede di concludere i negoziati e firmare i testi definitivi degli accordi entro il settembre 2014. Le autorità georgiane hanno indicato che il processo potrebbe essere accelerato, e una cerimonia di firma potrebbero aver luogo nella prima metà dell'anno. Il fallimento dei negoziati con l'Ucraina può anche aver dato una spinta alle ambizioni di integrazione della Moldova. Alla vigilia del vertice, l'Unione europea ha annunciato che avrebbe offerto un regime senza visti per la Moldova. Il 18 novembre, il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha descritto la Moldova come "front-runner" nel partenariato orientale.
Poco è stato fatto nelle relazioni dell'UE con gli altri due membri del partenariato orientale, l'Azerbaigian e la Bielorussia. L'unico risultato degno di nota è stato un accordo tra l'Azerbaigian e l'UE sulla facilitazione dei visti, mentre l'Unione europea e la Bielorussia hanno convenuto di avviare colloqui sullo stesso argomento. Relazioni UE-Bielorussia rimangono praticamente congelati in seguito alla violenta repressione dei manifestanti nella capitale bielorussa, Minsk, a seguito delle elezioni presidenziali del 2010. Ciò ha indotto l'UE a rinnovare il divieto di viaggiare nei confronti di un certo numero di alti funzionari. Entrambi i paesi vista sull'impegno dell'Unione europea ad esercitare governance esterna sul suo quartiere orientale con sospetto, e respingere il rapporto subordinato implicito in una modello basato condizionalità-integrazione.Bielorussia vede l'UE in termini strumentali, per essere usato come contrappeso diplomatico durante le periodiche esplosioni di tensione con la Russia al fine di garantire ulteriori sovvenzioni. La leadership azera è pronta a rafforzare la cooperazione con l'UE su una serie di questioni tecniche. Tuttavia, non ha alcun desiderio di impegnarsi con il programma di riforma più profonda implicita nei termini del programma di integrazione partenariato orientale.
Un colpo al partenariato orientale
Il fallimento di firmare accordi di associazione con l'Ucraina e l'Armenia, dopo quattro anni di negoziati, rappresenta un colpo significativo al partenariato orientale. In ultima analisi, i leader di Ucraina e Armenia sono stati in grado o non vogliono rischiare una violazione grave e immediato nelle loro relazioni con la Russia per il bene della promessa di guadagni a lungo termine di un aumento degli scambi con l'UE e per le riforme istituzionali . Alla vigilia del vertice, il signor Yanukovich ha fatto capire che la firma dell'accordo di associazione richiesta la garanzia di ulteriori aiuti da parte dell'UE e del FMI, eventualmente, un bail-out-al fine di proteggere l'economia ucraina dall'impatto del commercio russo sanzioni. In un discorso al popolo ucraino il 30 novembre, il signor Yanukovich ha chiesto "lavoro comune su un programma di misure per rendere l'economia ucraina meno vulnerabile". Eppure i sospetti rimangono che il signor Yanukovich aveva mai avuto intenzione di firmare l'accordo, e voleva usarlo semplicemente come strumento di contrattazione per estrarre maggiori concessioni da entrambi l'Occidente, o la Russia, o entrambi. Giunti a un testo finale per l'accordo, l'UE evitato facendo concessioni last-minute, o di essere coinvolto in una guerra di offerte geopolitica con la Russia sul futuro politico dell'Ucraina.
Un'ondata di proteste di massa in Ucraina dopo il Vertice di Vilnius ha suggerito che molti ucraini tengono il signor Yanukovich, e non l'Unione europea, responsabile per il fallimento dei negoziati. Apparendo cedere alle pressioni russe, il signor Yanukovich ha trasformato la zona di libero scambio in un problema di identità nazionale. Il rifiuto di firmare l'accordo è diventato il punto di riferimento per più rabbia generale presso lo stato disastroso dell'economia e le carenze della classe politica. Mentre questo sottolinea soft power dell'UE, vi è anche un rischio, non per la prima volta, che il processo di integrazione europea viene gravato da aspettative irrealistiche di trasformazione politica e la modernizzazione economica.
Dove vuoi andare?
Mentre l'immagine dell'Unione europea in Ucraina non può mai essere superiore, il vertice di Vilnius ha fatto poco per promuovere gli obiettivi fondamentali del partenariato orientale: cioè, per sostenere lo sviluppo di stati stabili, prosperi e democratici sul confine dell'UE. Infatti, nel caso dell'Ucraina, la prospettiva è di una maggiore instabilità. I funzionari dell'UE continuano ad insistere che la sua politica in Europa orientale "non vada a scapito delle relazioni tra i nostri partner europei ei loro vicini, come la Russia", come una dichiarazione congiunta del signor Van Rompuy e il presidente della Commissione europea, José Barroso, ha messo il 25 novembre.Tuttavia, la campagna di pressioni diplomatiche e commerciali suggerisce che la Russia leggere strategia dell'UE in termini di somma zero. Il fallimento del sig Yanukovych a firmare l'accordo di associazione significa che le elezioni presidenziali del prossimo, a causa nel 2015, è probabile che ancora una volta di essere combattuta sulle questioni di identità nazionale dell'Ucraina e l'orientamento geopolitico. Questo pone le basi per un rinnovato periodo di tensione tra l'UE e la Russia.
Articolo precedente
Prossimo articolo

Russia: azione antiterrorismo

Russia
Russia 130
Nella notte tra il 26 e il 27 novembre una squadra dell’OMON (Otrjad Milizii Osobovo Naznačenija, Unità Speciale della Polizia russa) ha arrestato, in un quartiere orientale di Mosca, 15 presunti terroristi appartenenti al gruppo jihadista al-Takfir wal Hijra, sospettati di pianificare attentati in territorio russo. Il movimento terroristico, nato in Egitto nel 1970, è stato bandito dalla Federazione Russa nel 2010, in seguito alla sentenza della Corte Suprema che ha accusato il gruppo di incitare all’odio interetnico e interreligioso.
L’arresto dei presunti terroristi ha ridestato l’allerta del Cremlino in vista dei Giochi Olimpici invernali che si svolgeranno in Russia dal 7 al 24 febbraio 2014. La cittadina nella quale si terrà la manifestazione, Sochi, si trova sul Mar Nero, nei pressi del Caucaso del Nord, che rappresenta una delle zone di maggior tensione all’interno della Federazione Russa. Qui, infatti, nel 2007 è na! to l’Emirato del Caucaso, entità autoproclamatasi indipendente dal governo di Mosca il cui leader è Doku Umarov. Lo scorso luglio Umarov aveva pubblicato un video nel quale invitava i miliziani ceceni a colpire la Russia durante i Giochi invernali. Putin ha dichiarato di usare il pugno duro contro i terroristi che minacciano le Olimpiadi, definendo un imponente piano di sicurezza per Sochi.

giovedì 5 dicembre 2013

Europa: una politica onerosa

Politica Agricola Comune 
Dopo la riforma il testimone passa agli stati
Lorenzo Vai
23/11/2013
 più piccolopiù grande
I numeri parlano chiaro: più di 420 miliardi di euro spesi negli ultimi sei anni, in un settore che conta 14 milioni di agricoltori e 15 milioni di imprese agricole ed agroalimentari, per un totale di 46 milioni di lavoratori e oltre 500 milioni di consumatori. La politica agricola comune (Pac) è la più onerosa tra le politiche dell’Unione europea (Ue).

Iter originale
Nata nel 1962, la Pac ha conosciuto numerose riforme. L’ultima proposta è stata approvata il 20 novembre dalla plenaria del Parlamento europeo (Pe). Le novità introdotte sono rilevanti, a cominciare dall’iter legislativo che ha caratterizzato la riforma.

Per la prima volta nella storia, infatti, il Pe ha potuto partecipare alla definizione e approvazione della Pac, grazie all’estensione prevista dal Trattato di Lisbona della procedura legislativa ordinaria, nei settori dell’agricoltura e della pesca.

Il percorso di codecisione tra Pe e Consiglio dell’Ue non si è rivelato tuttavia privo di ostacoli. Il compromesso finale è stato raggiunto solo grazie ai lavori del comitato di conciliazione, a due anni di distanza dall’iniziale proposta della Commissione. A complicare maggiormente le negoziazioni è stato lo stallo nell’approvazione del bilancio pluriennale 2014-2020, fondamentale per definire la dotazione finanziaria di tutte le politiche dell’Unione.

Tagli e ambizioni
La nuova Pac manterrà inalterata la sua architettura giuridica a due pilastri. Il primo, finanziato dal Fondo europeo agricolo di garanzia (Feaga), comprende i pagamenti diretti agli agricoltori e le misure di mercato a tutela dell’attività produttiva e della stabilità dei prezzi. Il secondo sorregge lo sviluppo rurale e la competitività delle imprese agricole, attraverso il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr).

Tre sono invece gli obiettivi strategici che si prefigge la riforma: una produzione alimentare competitiva, un utilizzo più sostenibile delle risorse naturali (il c.d. greening), e uno sviluppo territoriale equilibrato, affiancato da una più equa distribuzione degli aiuti tra gli stati membri e le diverse categorie di agricoltori.

Obiettivi che la Pac cercherà di realizzare con una dotazione finanziaria complessiva di circa 373 miliardi. Una cifra inferiore rispetto al passato (il 12% in meno), ma in linea con la riduzione del budget comunitario prevista per il 2014, di cui rappresenta pur sempre la voce principale (circa il 40%).

Innovazioni
Diverse le novità da segnalare. Tra queste, la ricerca di una duplice convergenza dell’ammontare dei sussidi erogati, sia tra gli stati membri che al loro interno, tra i singoli beneficiari. Questi ultimi saranno selezionati sulla base di requisiti più stringenti, per evitare che imprese estranee o non attivamente dedite all’attività agricola, usufruiscano degli aiuti.

Previsto anche un aumento degli incentivi a sostegno dei piccoli produttori e dei giovani agricoltori, finalizzato a contrastare l'emorragia di forza lavoro che da anni affligge il settore.

A tutela dell’ambiente viene introdotta una condizionalità nei pagamenti diretti, il cui godimento sarà così parzialmente vincolato (fino al 30%) all’attuazione di pratiche utili per la sostenibilità, quali la diversificazione delle colture o il mantenimento di terreni a riposo. Maggiori attenzioni per l’agricoltura biologica, al cui finanziamento viene dedicata una parte del Feasr.

Presente il tentativo di migliorare l’applicazione del principio di sussidiarietà nell’utilizzo dei fondi. Agli stati membri sarà infatti possibile trasferire risorse economiche, in limiti prestabiliti, da un pilastro all’altro della Pac.

Prolungato invece il regime a quote di produzione per lo zucchero e l’impianto di nuovi vigneti, rispettivamente fino al 2017 e 2030.

Specificità nazionali
È nei dettagli delle singole proposte che le istituzioni europee e gli stati membri si sono scontrati. Tra gli stati la questione più dibattuta sembra esser stata la convergenza dei finanziamenti a livello europeo. Tema che ha visto in prima linea l’Italia (paese tra i più penalizzati), contraria ad un’eccessiva armonizzazione che non tenesse conto delle specificità dei singoli sistemi agricoli.

L’Italia si è altresì spesa per ottenere l’esenzione delle colture mediterranee da alcune misure del greening; per l’introduzione della programmazione produttiva di alcuni prodotti di origine controllata e per la salvaguardia delle regole che disciplinano la coltivazione della vite. Obiettivi in buona parte raggiunti grazie all’azione diplomatica di Roma, all’attivismo degli europarlamentari nazionali e all’attenzione delle numerose associazioni d’interesse che hanno seguito la nascita della riforma.

Il bilancio della nuova Pac - deludente, come testimonia l’assenza di una sostanziale semplificazione delle procedure burocratiche - lascia ora ampia libertà d’azione agli stati membri nell’adattare gli strumenti previsti alle proprie esigenze domestiche.

Spetta alle singole capitali, raccogliere le opportunità offerte dalla maggiore decentralizzazione esecutiva caratterizzante la nuova Pac, una politica agricola che dovrà affrontare obiettivi ambiziosi, in apparenza contraddittori e con meno soldi.

Lorenzo Vai è research fellow nell'Area Europa dello IAI..
- See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2465#sthash.wRCa4q17.dpuf

venerdì 29 novembre 2013

Sapienza. Geopolitical Structures of the post soviet space. 3 Dicembre ore 15 e 4 dicembre ore 9,30



I profondi mutamenti che hanno caratterizzato il sistema delle relazioni internazionali dopo il 1991 hanno determinato crescente attenzione verso il mondo eurasiatico.
Nel volgere di due decenni le repubbliche sovietiche hanno definito una propria identità, hanno dato vita a varie organizzazioni sovranazionali e un insieme di fattori strategici ed economici ne hanno fatto uno scacchiere geopolitico di importanza primaria. Motivi più che sufficienti per fare il punto della situazione e per questo il 3 dicembre dalle 15 ed il 4 dicembre della 9,30 presso il Rettorato si terrà il Convegno internazionale "Geopolitical structures of the post-soviet space".
Sarà un momento di confronto scientifico e culturale cui prenderanno parte ospiti d'eccezione, tra cui ambasciatori e diplomatici di tutti i paesi ex sovietici presenti in Italia.
Un'occasione preziosa per gettare luce su un'area ancora poco conosciuta per quanto d'interesse vitale per l'Italia e per l'Europa.




-- 
Antonello Folco Biagini,
Prorettore Vicario,
Prorettore per la Cooperazione e Rapporti Internazionali,
Sapienza, Università di Roma
P.le Aldo Moro, 5 00185, Roma

martedì 26 novembre 2013

Ucraina: un virata di 180° gradi nei confronti dell'EU

Ucraina
Ucraina 129
Il 21 novembre il Parlamento ucraino ha bocciato le sei proposte di legge sulla procedura di sospensione condizionale della pena avanzate dai movimenti di opposizione per cercare di consentire al loro leader Yulia Tymoshenko, in carcere dall’agosto 2011, di recarsi in Germania per sottoporsi a trattamenti medici specialistici. Non è stata infatti raggiunta la soglia, prevista dalla Costituzione, di 226 voti a causa dell’astensione dei deputati del Partito delle Regioni del Presidente Viktor Yanukovich e del Partito Comunista guidato da Petro Simonenko, che insieme detengono la maggioranza dei seggi alla Verchovna Rada, il Parlamento ucraino. 
La Tymoshenko era stata arrestata con l’accusa di aver concluso, nel 2009, un contratto per la fornitura di gas russo senza l’approvazione del Parlamento. La detenzione dell’ex Primo Ministro ucraino, tuttavia, è stato strumentalizzato dal Presidente Yanucovich per limitare l’azione politica della Tymoshenko, suo principale avversario. Con la bocciatura della scarcerazione della Tymoshenko il processo di integrazione nell’Unione Europea di Kiev è stato di fatto bloccato. Non a caso, alcune ore dopo la votazione parlamentare, il governo di Kiev ha annunciato di aver interrotto le negoziazioni per l’accordo di associazione con l’UE, preferendo implementare il processo di integrazione nell’Unione Doganale Eurasiatica, area di libero scambio a cui partecipano molti Paesi dell’ex URSS. 
Bruxelles aveva posto la liberazione della leader ucraina come condizione per poter procedere alla firma dell’Accordo di Associazione a Vilnius, prevista per il 28 novembre. La decisione del Parlamento di Kiev potrebbe essere stata condizionata dall’incontro, appena pochi giorni fa, tra Putin e Yanukovich, nel quale il Presidente russo avrebbe fatto pressioni perché l’Ucraina non aderisse al partenariato con l’Unione Europea. Il 15 novembre, inoltre, la compagnia energetica statale ucraina Naftogaz ha ripreso ad acquistare gas dal colosso del metano russo Gazprom, promettendo di pagare il debito di 1,3 miliardi di dollari per le forniture da agosto ad ottobre, segnando il consolidamento dei rapporti tra i due Paesi.

sabato 23 novembre 2013

UE: La burocrazia europea celebrai suoi riti

Verso le elezioni europee 
Toto nomine per la lotteria Ue 
Giampiero Gramaglia
13/11/2013
 più piccolopiù grande
I concorrenti sono sui blocchi di partenza. Tutti tranne uno. Ma la corsa potrebbe non scattare mai, se il Partito popolare europeo (Ppe) non manda in pista il proprio campione. E la grande novità delle elezioni europee 2014, concepita pure per stimolare la partecipazione e contrastare l’euro-scetticismo, potrebbe restare incompiuta.

La designazione, da parte delle grandi famiglie politiche europee, di un candidato alla presidenza della Commissione europea non equivale a un’elezione diretta, ma è destinata a condizionare pesantemente le scelte dei leader dei 28, cui spetterà decidere - l’anno prossimo - quale successore di Manuel Barroso proporre all’investitura del Parlamento europeo.

Ricco bottino
Nei criteri di valutazione dei leader, i fattori politici e quelli nazionali s’intrecciano. E conta pure l’equilibrio degli incarichi. La posta in palio nel 2014 è ricca con i posti di presidente del Consiglio, della Commissione e del Parlamento europei, oltre che di ‘ministro degli esteri’, cioè, a dirla tutta burocraticamente, l’alto responsabile per la politica estera e di sicurezza comune. Senza contare, nell’orto vicino dell’Alleanza atlantica, l’incarico di segretario generale.

Per l’Italia, che ha già Mario Draghi alla presidenza della Banca centrale europea sarà difficile partecipare alla spartizione del bottino, anche se Mario Monti ed Enrico Letta hanno profilo e titoli per puntare a succedere al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. Nessun italiano ha poi mai guidato il Parlamento eletto a suffragio universale. Sul fronte Nato, è in lizza l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini.

Popolari a carte coperte 
Finora, solo il Partito socialista europeo ha già indicato un candidato alla presidenza della Commissione: è Martin Schulz, il tedesco attualmente presidente del Parlamento europeo, la cui nomination ufficiale avverrà in un congresso a Roma all’inizio del 2014. Gli altri partiti hanno tracciato un percorso per giungere alla designazione. Tutti tranne i popolari, che nicchiano e per ora giocano a carte coperte: non hanno un candidato e non si sono neppure impegnati a darselo; se lo faranno, sarà non prima di un congresso a marzo.

Le considerazioni che frenano il Ppe sono essenzialmente due. La speranza, fondata, di essere ancora il gruppo più forte nel prossimo Parlamento e la certezza, quasi matematica, che i leader popolari siano maggioranza nel Consiglio che sceglierà il successore di Barroso. A meno che euro-scettici e populisti non spariglino i giochi, almeno nell’Assemblea, sfruttando a maggio la disaffezione verso l’Europa degli elettori.

In attesa del Ppe, l’ultimo nome spuntato nel ‘toto Commissione’ è quello del premier irlandese Enda Kenny, leader del Fine Gael, che potrebbe essere il campione dei conservatori britannici. Per il momento Kenny è più un’indiscrezione che una certezza.

Invece, la candidatura del greco Alexis Tsipras, leader del partito di sinistra radicale Syriza, è un progetto ben avanzato: i leader dei partiti del gruppo della Sinistra unitaria europea (Gue/Ngl) lo propongono per il post-Barroso, ma la designazione dovrà essere confermata dal congresso in programma a Madrid a metà dicembre.

In una nota del partito, si legge: ''Syriza riunisce il popolo greco contro l'autoritarismo'' della troika, Tsipras sarebbe una voce “di resistenza e speranza contro le politiche ultra-liberiste e contro la minaccia dell'estrema destra''. E nonostante la Gue non creda che la scelta del presidente della Commissione da parte dei partiti aiuti a democratizzare la politica europea, vuole comunque puntare su un proprio campione. Ma gli italiani di Sinistra ecologia e libertà si smarcano: loro puntano su Schulz.

Anche il gruppo dei liberal-democratici europei (Alde) è in fase decisionale: momento cruciale, fine novembre, quando il partito terrà una riunione a Londra e discuterà le candidature alla ‘nomination’. In prima fila, ci sono l’ex premier belga Guy Verhofstadt, liberale fiammingo, federalista convinto, e Olli Rehn, finlandese, attuale commissario europeo all’economia e alla finanza. Rehn è una vecchia conoscenza italiana: dal 2009, ci spulcia i conti per mestiere.

Requisito indispensabile per essere un candidato dei liberal-democratici alla poltrona di Barroso è avere l’appoggio di almeno due partiti di due diversi paesi Ue o di almeno il 20% dei deputati del gruppo. Il 19 e 20 dicembre, i leader del partito valuteranno i nomi sul tavolo e chiuderanno il lotto degli aspiranti alla ‘nomination’. Alla scelta del candidato procederà un Congresso straordinario a Bruxelles il 1° febbraio 2014.

I Verdi europei hanno appena lanciato primarie online per scegliere i due finalisti alla nomination, su cui poi si pronuncerà un congresso. Fra quelli in lizza alle primarie, l’italiana Monica Frassoni, co-presidente del Partito verde europeo, e l’eurodeputato José Bové, un agricoltore francese, già leader del movimento anti-globalizzazione.

Schulz in campagna elettorale
Libero da pastoie interne al suo partito, Schulz è da mesi impegnato in una frenetica campagna elettorale personale che l’ha già portato più volte in Italia e pure in Vaticano, ricevuto in udienza dal Papa. L’idea è di avere Francesco a Strasburgo prima della fine della legislatura. Il presidente del Parlamento si batte per la crescita e il lavoro e critica la scelta del rigore, denunciando, specie quando è in Grecia, i “misfatti” della troika. Ma tira il freno a mano, quando si tratta di criticare la cancelliera tedesca Angela Merkel.

Il nome di Schulz è pure entrato nei negoziati per la formazione della grande coalizione tedesca: i socialisti lo vogliono blindare fin d’ora come commissario tedesco, rendendo più difficile alla Merkel contrastarne poi l’ascesa alla presidenza della Commissione a favore di un popolare non tedesco. Pesa pure il fatto che la Germania non ha più avuto la guida dell’esecutivo comunitario dagli anni 50, quando Walter Hallstein aprì la serie.

Giampiero Gramaglia è consigliere per la comunicazione dello IAI (Twitter: @ggramaglia).
- See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2456#sthash.Re92m843.dpuf

Europa. Problemi di Menagement Documetazione

• EU Crisis Management After Lisbonby N.Pirozzi

The Lisbon Treaty has introduced a number of innovations in the field of the EU's crisis management which have the potential to reinvigorate the Union's security actorness, both as a norm setter (model by being) and an operational crisis manager (model by doing). This paper investigates the prospects for the EU to become a credible security actor in the 21st century in connection with its capacity to adapt the conceptual framework of its crisis management system to the current security scenario and impl ement effective action on the ground. In particular, this analysis will take into consideration three main developments in the global security environment: (1) the rise of new security-political challenges; (2) the evolution of the concept of security; and (3) the proliferation of non-state actors in the field of security.

Europa: il problema energetico. Documetazione

 Energy and Politics: Behind the Scenes of the Nabucco-TAP Competitionby N.Sartori

The EU launched the Southern Gas Corridor initiative with the twofold aim of strengthening the diversification of Europe's gas sources and transportation routes, and reducing the role of upstreamers in the European gas market. The preference expressed by the European Commission - the corridor’s mastermind - for the Nabucco pipeline was expected to weigh in heavily, allowing the EU-backed project to easily win the competition. However, other factors ende d up tilting the balance decisively in favour of Nabucco West's final rival, the Trans-Adriatic Pipeline (TAP). These include the technical and commercial criteria set out by the Shah Deniz II consortium, Nabucco West's complex organizational and decision-making procedures, the attractiveness of the exemption from Third Party Access (TPA) granted by the EU to TAP, and SOCAR's specific interest in the Greek market. When it comes to energy, political support not always represents the decisive element, and may be counterproductive at times.

• The Winner is TAP: The EU's Failed Policy in the South Caucasusby N.Mikhelidze

Between the two competitors for the delivery of Azerbaijani gas to Europe ­ Nabucco West and the Trans-Adriatic Pipeline (TAP) ­ the winner is the latter, a project designed to transport Caspian gas via Greece and Albania and across the Adriatic Sea to southern Italy. The EU welcomed the decision of the Shah Deniz consortium. Yet the political objective of the Southern Corridor was to diversify gas supp ly to Europe and reduce the energy dependence of some EU member states on Russia. With TAP as the winner, it is questionable whether the EU has truly met these goals. As for Azerbaijan, the selection of TAP can be viewed as a commercially sound decision and a political balancing act by Baku to gain access to European markets and to avoid angering the Kremlin. Yet this choice came only after President Alyev failed to convince the EU to take a clearer stance on the Nagorno-Karabakh conflict resolution process in exchange for Nabucco West.

• What Role for the Commission in the New Governance of the Economic and Monetary Union?by R.Cisotta

In recent years, the EU and its member states have tried to offer credible responses to the financial and economic crisis often outside the EU legal order and with a significant impact on the institutional balance of the Union itself. Many of these reforms concern the Commission, which has been entrusted with new tasks mainly related to the provision of financial assistance to member states experiencing major economic difficulties, the overview of national budget ary decisions and, to a lesser extent, actions to foster economic growth. In some areas – like the new rules on fiscal discipline – the Commission has gained strong powers. The solutions raise many legal concerns and may alter long-standing balances between institutions. Furthermore, they are clearly inspired by intergovernmentalism and principally conceived within intergovernmental structures like the European Council.

venerdì 22 novembre 2013

AMERICA’ DEBT CRISIS MAY DRAG THE ERUOZONE DOWN

(conctac:massimo coltrinari: geografia2013@libero.it)

The temporary agreement to avoid a debt default in the US will produce severe
consequences, not only in America but also in the rest of the world, notably in
the eurozone.
As long as Barack Obama’s administration and US Congress remain in the
hands of different parties, they will muddle through, trying to gain time by
postponing the fundamental decisions. The deadline for raising the debt
ceiling will be pushed forward, but there is no certainty that the worst scenario
can be definitely avoided. In fact, the two main actors have an incentive each
time to move ever closer to the precipice and try to obtain some advantage by
threatening a default.
This is similar to the game of chicken European policy makers played during
the eurozone debt crisis, bringing the single currency very close to collapse.
Only at the last minute, when the risk of implosion became apparent, did
European politicians ultimately decide to create a European Stability
Mechanism and to move towards a banking union. The intervention by the
European Central Bank, pledging to do whatever it takes to avoid a collapse of
the monetary union, calmed the markets but catastrophic risk has not
disappeared. It is reflected in the risk premium of some eurozone sovereign
bonds.
If the US political authorities continue to follow the same pattern, market
participants will have to start pricing in a non-zero probability of a disaster
scenario. The memory of Lehman Brothers has not faded away, after all. Tail
risk is likely to increase in the near future.
A repricing of risk for Treasuries can be expected to affect a whole range of
asset prices, including in other countries. At the global level, international
October 23, 2013
Share Clip this Print Email 0 Tweet 7 2

America’s debt crisis may drag the eurozone down | The A-List http://blogs.ft.com/the-a-list/2013/10/23/americas-debt-crisis-may-drag...
1 di 3 23/10/2013 18.00investors will be induced to further diversify their portfolios, reducing the
overweight of dollar-denominated assets in favour of real assets or financial
assets denominated in liquid currencies such as the euro.
The incentive to rebalance investors’ portfolios may also be influenced by the
US Federal Reserve’s reaction to the recent deal. Interest rates may remain low
for longer and capital may be induced to flow outside the US, chasing higher
returns.
Overall, the increased tail risk on US government bonds and the likely reaction
of US monetary policy should increase demand for non-US assets. The best
rated European sovereigns should benefit from such a portfolio shift. It is less
clear, however, that the eurozone as a whole will benefit.
Indeed, the supply of euro-denominated assets is not increasing at the same
pace as the global demand. As a result, the euro exchange rate can be expected
to further appreciate, continuing the trend of the past few weeks. In fact, the
European currency is rapidly heading towards the levels prevailing before the
start of the euro crisis. The rising current account surplus of the eurozone,
resulting from asymmetric internal adjustment, is further contributing to this
trend. This restricts monetary conditions in the eurozone.
On balance, the recent US budgetary events will produce direct and indirect
restrictive spillover effects in the eurozone, symmetrical with those the
eurozone crisis produced in the US at the peak of the crisis between mid-2011
and 2012. However, eurozone authorities seem less well equipped to deal with
these spillovers than the US authorities.
While at the peak of the euro crisis the US authorities flew frequently over the
Atlantic to convince European policy makers to get their act together and take
the steps needed to complete the institutional framework underpinning the
single currency, it is more difficult to imagine Herman Van Rompuy, European
Council president, meeting back and forth with John Boehner, speaker of the
US House of Representatives, and Mr Obama to convince them they need to
reach an agreement on the next debt limit in the interests of the world
economy.
Furthermore, while the Fed embarked on various waves of quantitative easing
to inundate financial markets with liquidity, avoiding an over-appreciation of
the dollar, the ECB’s options are more limited. Cutting further the policy
interest rate may help divert some of the demand for euro-denominated assets.
The acknowledged weakness of the eurozone recovery and the low inflation
rate – increasingly distant from the 2 per cent ceiling – provide the necessary
justification for such a cut. It would hardly be sufficient, however, to
discourage international investors’ demand for euro-denominated assets.
If the strengthening of the euro is a result of increased demand for euro assets
America’s debt crisis may drag the eurozone down | The A-List http://blogs.ft.com/the-a-list/2013/10/23/americas-debt-crisis-may-drag...
2 di 3 23/10/2013 18.00by international investors, the only way to counter it – in the absence of capital
controls – is to increase the supply of euro assets or to discourage demand.
The only institution in a position to do so is the ECB. It could increase overall
euro liquidity by operating directly in the markets, which would not be
inflationary as long as the liquidity is held by foreign investors for
diversification reasons. Alternatively, it could discourage demand for euro
liquidity by imposing a negative interest rate on euro deposits held by the
central bank.
Either measure would be a significant innovation for the eurozone. However,
they may in the end be unavoidable to counteract the unintended
consequences of the way the US is managing its debt problems.
The writer is a former member of the executive board of the European
Central Bank and currently visiting scholar at Harvard’s Weatherhead
Center for International Affairs and at the Istituto Affari Internazionali in

Rome

giovedì 14 novembre 2013

Immigrazione: iniziative concrete nel Mediterraneo

Immigrazione
Mare Nostrum, mare comune
Fabio Caffio
23/10/2013
 più piccolopiù grande
Avendo in mente una positiva visione geopolitica del Mediterraneo, moderna, ma non priva di radici storiche, l'operazione di soccorso umanitario e controllo dei flussi migratori lanciata dal nostro paese è stata denominata Mare Nostrum.

L’espressione indica una piena assunzione di responsabilità italiana nella sorveglianza dei mari adiacenti. Contiene poi un chiaro messaggio rivolto all’Europa: la protezione delle frontiere marittime non può essere disgiunta dalla tutela della vita e dei diritti delle persone che cercano di attraversarle.

Sorveglianza alto mare
La cornice della nuova operazione, che si basa su un robusto e variegato dispositivo di navi d'altura, naviglio costiero, elicotteri e velivoli da pattugliamento (compresi quelli senza pilota), è il controllo dell'immigrazione via mare facente capo al ministero dell'interno.

La normativa di riferimento è infatti contenuta nel decreto interministeriale del 2003, attuativo della Fini-Bossi. Questo prevede che la sorveglianza in alto mare sia incentrata sul coordinamento operativo della Marina militare nei confronti di Guardia di finanza e capitaneria di porto-guardia costiera.

In relazione alle recenti sciagure ed alla provenienza dei flussi l'attività delle forze aeronavali, tale sorveglianza non potrà che svolgersi nello stretto di Sicilia e nel mar Ionio.

Protezione e prevenzione
Il ruolo assunto dalla Marina militare è inquadrabile nella funzione non militare di guardia costiera riconosciutale dal codice dell'ordinamento militare. La missione prioritaria del dispositivo navale della Marina è ora quella di garantire il salvataggio della vita umana (Search and Rescue, Sar) in favore di imbarcazioni in difficoltà. Proprio per questo è stata prevista la presenza di una nave anfibia, il San Marco, dotata di capacità mediche e di elisoccorso.

Di certo non saranno comunque tralasciati gli aspetti di ordine pubblico di competenza delle forze di polizia, quali l'identificazione delle persone salvate, anche ai fini della concessione dell'eventuale successiva protezione umanitaria, e il contrasto delle attività criminali di trafficanti, scafisti e "navi madre".

Condivisione informazioni
Essenziale per il buon esito dell'operazione è la disponibilità del quadro di situazione dello scenario marittimo, la cosiddetta Maritime Situational Awareness (Msa), fornita dal dispositivo interministeriale integrato di sorveglianza marittima (Diism) realizzato dalla Marina militare.

La prospettiva che anima il Diism quale strumento di condivisione dei dati sulla situazione marittima con tutte le amministrazioni pubbliche è il rafforzamento dell'azione unitaria dello stato sul mare. Non solo nel Sar, ma anche nel controllo dei traffici marittimi, la tutela dell'ambiente marino e la prevenzione delle attività illegali.

Questa è d'altronde la direzione verso cui va la politica marittima integrata dell'Unione europea e questa è la precondizione operativa adottata dalla Commissione nel varare il sistema di sorveglianza Eurosur che sarà messo a disposizione di Frontex.

Ipotetica zona cooperazione SAR
L’iniziativa con la quale l’Italia ha deciso di dar vita ad un'attività nazionale di pattugliamento delle rotte provenienti dalle zone di crisi dell'Africa e del Medio Oriente.è la prova più evidente dei limiti dell'Unione europea nel confrontarsi con il problema.

Non è tuttavia esclusa una cooperazione dell'Italia con i paesi che si affacciano sul teatro dell'operazione. Viene da pensare non solo a Tunisia, Francia, Spagna e Grecia, ma anche a Malta che ha mostrato di recente volontà di rafforzare le relazioni marittime con l'Italia.

Non solo Frontex 
Vuoi per l'ambiguità della sua missione, vuoi per il suo gravitare in zone di interesse di Spagna e Grecia, Frontex non è stata sinora di grande aiuto all'Italia. Il commissario europeo agli affari interni Cecilia Malmstrom promette tuttavia un suo allargamento a tutto il Mediterraneo centrale.

Nel frattempo Il grande impegno dell'Italia nel Sar e nell'assistenza umanitaria (oscurato purtroppo, nel 2009, dalla parentesi del "caso Hirsi") potrà essere sbandierato con orgoglio in Europa. Il modello italiano di integrazione interagenzia tra tutti gli attori operanti sul mare -peraltro adottato anche dalla Francia- è un valido esempio da seguire.

Le soluzioni da affiancare a Frontex possono essere varie. In applicazione dell'art. 44 del Trattato sull'Unione europea si potrebbe, per ipotesi, realizzare una forma di cooperazione rafforzata in materia di missioni umanitarie e di soccorso (un tempo inquadrabili nelle c.d. "missioni di Petersberg") mediante una forza navale di sorveglianza con funzioni di Guardia costiera.

Non senza dimenticare che esiste già una forza marittima europea (Euromarfor) incaricata di svolgere queste missioni, attivata nel quadro della vecchia Unione europea occidentale sin dal 1995 ad opera di Francia, Italia, Portogallo e Spagna.

Fabio Caffio è Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto di diritto internazionale del mare.
- See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2441#sthash.s73Avj5d.dpuf

mercoledì 13 novembre 2013

Turchia e i rapporti con L'Europa

Series of commentaries, policy briefs and working papers published in the context of the IAI-Istanbul Policy Center-Mercator Foundation project "Turkey, Europe and the World" on the political, economic and foreign policy dimensions of Turkey's evolving relationship with the EU.

• The Future of Europe, Differentiated Integration and Turkey’s Roleby M.Müftüler-Baç

What impact would Turkish EU membership have on the future of the EU, which is now hotly debated in crisis-ridden European countries? Turkish membership could be a blessing in disguise. The evolution of the EU towards a path of differentiated integration, with a new type of membership for Turkey, could provide the Union with further opportunities to deepen integration in different policy areas. Turkey might adopt the EU’s acquis on key polic ies such as energy, transport, the single market or common security and defence, but remain outside of the EU framework as far as parts of EU social agenda and the Schengen regime are concerned. If Turkey becomes one of the first examples of such a scheme, the future of European integration could drastically change, as the EU would become a blend of an organizational core and a system of functionally differentiated units.


• Turkey, Europe and the Syrian Crisis: What Went Wrong?by N.Tocci

Syria should have united, not torn, Turkey and Europe apart. It should have led both sides to work together, and through closer foreign policy coordination, possibly rebuild part of that long-lost trust that is badly needed to re-launch the broader EU-Turkey agenda. But when on 21 August 2013 a chemical bombardment, allegedly carried out by government forces, killed hundreds on the outskirts of Damascus, the debate polarized. Turkey was quick to jump on the interventionist band wagon. The EU took a different line. With the sole exception of France, no member state openly backed the idea of a military attack without a UN Security Council resolution. In view of the current prospects for a reinvigorated diplomatic process, what should Europe, Turkey and the US do?

For further information visit our website

sabato 2 novembre 2013

Kiev: sempre più ad Occidente

L’UCRAINA SI UNISCE ALL’OPERAZIONE “OCEAN SHIELD” DELLA NATO

Dopo l’approvazione del parlamento ucraino e quella del Consiglio Atlantico della NATO, la fregata ucraina “Hetman Sahaydachnyy” ha preso il largo per raggiungere la regione del Corno d’Africa dove la NATO prosegue l’operazione anti pirateria “Ocean Shield”. La fregata darà manforte alle navi NATO già presenti nel teatro operativo, la HNOMS Fridtjof Nansen e la USS De Wert.

RUSSIA:CONTRARIA ALLA ADESIONE DI KIEV ALLA UE, MOSCA FA PRESSIONI SULL’UCRAINA USANDO L’ARMA DELLE FORNITURE DI GAS. .


La Russia di Putin non tollera che l’Ucraina entri nell’area economica occidentale ed usa ogni mezzo per costringere Kiev a desistere dalle sue intenzioni.
L’Ucraina ha ribadito la sua volontà di firmare l’accordo di Associazione all’UE. In occasione del vertice europeo che si svolgerà a Vilnius il 28 ed il 29 novembre prossimo, La Lituania è presidente di turno della UE, Kiev auspica di firmare un accordo di associazione e di libero scambio con l’Unione Europea. Mosca invece vuole, di contro, che l’Ucraina entro nell’area di libero scambio a guida russa che include già la Bielorussia ed il Kazachistan.
Negli ultimi mesi, su questa linea, Il Cremlino sta intensificando le pressioni su Kiev imponendo controlli doganali più duri e bloccando alcune importazioni di determinati beni.
L’ultima iniziativa proveniente  dalla Russia è la richiesta  del saldo delle forniture di Gas. Gazprom, attraverso il suo amministrazione delegato, Alexei Miller, ha affermato che l’Ucraina deve 640 milioni di euro di pagamenti arretrati per le consegne di metano, pur avendo già esteso al 1 ottobre la scadenza iniziale.
In passato Gazprom ha già interrotto per due volte le forniture di gas all’Ucraina per controversie sui pressi di fornitura. In quelle occasioni le interruzioni avevano colpito anche le consegne dirette ai Paesi dell’Unione Europea e ciascuna delle due parti aveva scaricato sull’altra le responsabilità dell’accaduto.
Ormai è chiaro che è in corso un braccio di ferro tra Bruxelles e Mosca, con Kiev contesa come potenziale membro delle rispettive aree di libero scambio.
Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha tentato di gettare acqua sul fuoco, escludendo, in una dichiarazione, che l’iniziativa di Gazprom sul debito del’Ucraina non è assolutamente una ritorsione contro Kiev, ma una normale procedura commerciale tra patners in affari.
Ma la situazione non può non essere intesa nei suoi reali termini. A Soci, il 28 novembre si è avuto un incontro ulteriore tra Putin e il presidente ucraino Victor Ianukovich, in cui si discute del problema, con Putin che cerca ad ogni costo di impedire che l’Ucraina  sfugga dalla zona di libero scambio russa.
Mentre i due leader erano a colloquio, il ministro degli esteri ucraino, Leonida Zozharaha ribadito la recente porposta di Kiev di istituire un Consiglio economico con rappresentanti dell’Ucraina della UE e dell’Unione doganale di Russia Bileorussia e Kazakhstan per avvicinare tutte le parti coinvolte.
 (chi non desidera ricevere questo post è pregato di comunicarlo a: geografia2013@libero.it)



venerdì 25 ottobre 2013

Regno Unito: Dopo Margaret Tachter, l'Irlanda

L’insieme di Irlanda del Nord, Galles, Scozia e soprattutto Inghilterra sembra dimostrarsi un regno sempre meno unito. La spinta irridentista mossa dalle minoranze è solo una delle tante sfide che questo paese ai confini dell’Europa deve porsi. Dopo la scomparsa di Margaret Thatcher e forse di tutto il thatcherismo, c’è da chiedersi come siano cambiati la Gran Bretagna e l’Irlanda del Nord e quanto la Lady di ferro ed il suo governo abbiano plasmato il profilo attuale di questo paese. In particolare, in Irlanda del Nord, il suo governo ha dovuto affrontare trent’anni di scontri armati. La questione irlandese è una pesante eredità che i governi succeduti a Margaret Thatcher si sono tramandati e tutt’ora devono affrontare, dimostrando però idee ben alternative a quelle della Lady di ferro.
Il suo nome, completo del titolo, era Margaret Thatcher, Baronessa Thatcher di Kesteven. Il suo diminutivo era però Tina. “There Is No Alternative”. Non c’erano per lei alternative alle sue scelte politiche ed economiche. La sua dottrina economica è stata dura, la sua politica severa. Il suo fine ha però per lei sempre giustificato i mezzi – o forse per lei non era neanche necessario giustificarsi. Di alternative forse ce ne sono sempre state e lei ne ha vagliate tante. Dopo la fine della sua premiership, ad esempio, dichiarò che lei avrebbe fatto scelte alternative rispetto al Trattato di Maastricht. Lady Thatcher si è sempre, infatti, dimostrata contraria all’Unione Europea e alla moneta unica. Qualche anno dopo commentò che tutti i problemi vengono dall’Europa e tutte le soluzioni dal Regno Unito. Margaret Thatcher ha sempre difeso tutte le sue scelte in materia di politica estera con molto orgoglio. Per la questione libica, ad esempio, sottolineò a Tony Blair le loro visioni alternative relative a Gheddafi:
Fece altresì tutto il suo possibile per promuovere la fine dell’apartheid in Africa. Avviò il processo di decolonialismo di Hong Kong promuovendola come regione ad amministrazione speciale.
Lady Thatcher era favorevole alla pena di morte. Era favorevole all’aborto. Era favorevole all’uso del nucleare come fonte di energia ma anche come deterrente militare. Sottolineò il pericolo del buco dell’ozono e delle piogge acide. Adotto precauzioni e punizioni severe contro la violenza negli stadi. Non trattò mai con i terroristi, come gli Arabi che assediavano l’ambasciata iraniana a Londra. Non scese mai a compromessi con i sindacati né con i manifestanti, usando sempre il pugno di ferro. Era malata di cuore, colpita da infarti ed ictus, sofferente di Alzheimer iniziò un comizio dicendo:
Lady Thatcher è morta l’8 aprile 2013. “E’ un mondo vecchio – ha detto alla fine – ma è divertente”.
La questione irlandese è una pagina insanguinata della storia del Regno Unito e in cui Margaret Thatcher, suo malgrado, ha avuto un ruolo da protagonista. Trent’anni di rivolte e di terrorismo sono passati alla storia con l’espressione vaga, distratta, di “the troubles”. Ufficialmente, iniziarono il 12 agosto del 1969 con gli scontri di Belfast e Derry, dove già si sperimentò la violenza che avrebbe caratterizzato i decenni a venire1. Gli scontri anche molto violenti tra la minoranza cattolica e la maggioranza protestante c’erano già da anni ma sarebbe stata solo la crisi economica degli anni ’70 a indurre agli scontri più efferrati che porteranno all’intervento delle forze armate del governo inglese in massa. I Cattolici vivevano da sempre discriminati dai Protestanti, senza riuscire a farsi assumere né a farsi eleggere e nemmeno ad ottenere l’affidamento delle case popolari. Non è stata la sola religione però a causare i disordini. Si deve sottolineare come la minoranza cattolica fosse anche spinta da desideri irridentisti e da un forte nazionalismo irlandese e denunciasse la Gran Bretagna di colonialismo. Furono questi fattori, sorretti da un contesto di crisi economica, a portare nel giugno 1970 ai disordini che videro la chiesa cattolica di Saint Matthew di Belfast assediata ma ben difesa. Gli assalitori protestanti in parte furono uccisi da membri del movimento IRA Provvisorio2.
Il governo inglese impose pochi giorni dopo il coprifuoco nella zona cattolica e la perquisizione delle abitazioni alla ricerca delle armi. Un anno dopo, il governo introdusse la possibilità di internare senza processo (“Operazione Demetrius”) e centinai di Cattolici di ogni età furono così arrestati. Nel frattempo non mancavano attacchi di terroristi protestanti. Infine, la domenica del 30 gennaio 1972, la Bloody Sunday, un corpo di paracadutisti colpì dei manifestanti cattolici uccidendone quattordici. A Marzo il governo sospese il parlamento nordirlandese assumendo direttamente il controllo del territorio. Scontri, disordini ed esplosioni si verificarono quotidianamente da ambo le parti. Belfast era diventata una città fantasma, in mano all’unità di matrice anticattolica passata alla storia come i macellai di Shankill.
Come avrebbe potuto affrontare il governo di Margaret Thatcher la crisi? La violenza e le sommosse furono condannate, i combattenti criminalizzati, i detenuti furono surclassati da “prigionieri politici” a comuni criminali. Invece di continuare a combattere contro i Cattolici nordirlandesi usando il proprio esercito, il governo inglese decise di arruolare quasi esclusivamente i Protestanti del luogo. Nuovi carceri furono costruiti per i detenuti irlandesi. L’IRA reagì in primo luogo colpendo questi carceri e aggredendo il personale carcerario (all’interno dei carceri ci furono invece insanabili sommosse e diverse evasioni). Di fronte tutto questo, Margaret Thatcher rimaneva inamovibile: non avrebbe trattato con chi si era macchiato di terrorismo.
Da uno dei carceri partì uno sciopero della fame, sospeso al cinquantatresimo giorno dopo una vaga e non confermata rassicurazione da parte del governo inglese. Quando invece si scoprì che il governo non avrebbe fatto concessioni, un secondo sciopero della fame prese luogo. Il 5 maggio 1981 morì il primo scioperante, Bobby Sands, membro dell’IRA, seguito poi da altri nove detenuti. Nel frattempo, mentre gli scontri proseguivano incessantemente, il movimento cattolico trovò una strana rappresentazione parlamentare nel partito di Sinn Féin. Sin dall’inizio dello sciopero della fame, Margaret Thatcher si era rifiutata di trattare con l’IRA. Già nel 1979 l’IRA aveva ucciso Lord Louis Mountbatten, cugino della regina. Margaret Thatcher sarebbe stato il prossimo obbiettivo. Nell’ottobre del 1984, una bomba al Grand Hotel di Brighton, dove si stava tenendo il congresso del suo partito, esplose e solo per poco non la uccise. Morirono invece altri cinque membri del suo partito. Nel 1987 fu scoperto un traffico di armi tra l’IRA conla Libia di Gheddafi. Si trattava di centinai di tonnellate di armi di ogni genere, in massima parte non rinvenuta poi dal governo inglese, che comprendevano anche missili terra-aria ed esplosivo. Nel 1991, l’IRA fece esplodere una bomba nel cortile del numero 10 di Downing Street, dove John Major, il capo del nuovo governo successo a quello thatcheriano, stava tenendo una riunione.
Solo tre anni dopo, l’IRA annunciò la cessazione delle operazioni militari, imitata poi dai protestanti. Fu il primo vero passo verso la riappacificazione ma qualcosa andò storto: John Major, memore dell’attentato, non acconsentì alla partecipazione di Sinn Féin alle trattative e chiese all’IRA di consegnare tutte le armi al governo inglese. L’IRA di tutta risposta ruppe la tregua e fece brillare dell’esplosivo a Londra. Il conflitto ripartì ma ormai, dopo venticinque anni, aveva perso intensità. Nel 1997 il laburista Tony Blair vinse di netto le elezioni. L’IRA ripristinò la tregua – anche se una parte dei suoi combattenti continuò lo scontro. Il 10 aprile 1998, giorno di Venerdì Santo, Tony Blair e il premier irlandese Berie Ahern firmarono l’accordo di Belfast. Il governo dell’Irlanda sarebbe stato affidato a rappresentati cattolici e protestanti (in proporzione al risultato delle elezioni). I detenuti appartenenti alle organizzazioni paramilitari furono rilasciati. Persino gli esponenti del Sinn Féin poterono prendere parte del nuovo governo.
L’IRA non ha mai consegnato le armi, sebbene a partire dal 2001 ha acconsentito a farle ispezionare periodicamente per verificare che non siano usate. Si sono detti pronti a distruggerle (ma mai a cederle al governo inglese) e hanno annunciato la fine della lotta armata ma senza sciogliere l’organizzazione. Hanno dichiarato di voler proseguire nel loro obiettivo esclusivamente con mezzi pacifici. Resta prefissata la riunificazione delle sei conteee del Nord con la Repubblica d’Irlanda. Nel 1986 nascono il Republican Sinn Féin e il Continuity IRA, costole dissidenti dei rispettivi movimenti da cui ereditano anche alcunileader. Tutt’ora il Continuity IRA continua la sua lotta armata mirante alla liberazione del suolo irlandese dal governo inglese. Il suo ultimo attacco risale al 9 marzo 2009 (a due giorni da un attacco del Real IRA)3. Il Real IRA nasce nel 1997 per opera di dissidenti dell’IRA che si opponevano al processo di pace, veterani ed esperti artificieri. Dopo aver causato una prima strage nel 1998, hanno dichiarato il cessate-il-fuoco. L’organizzazione resta attiva con circa 600 unità e occasionalmente compie qualche attentato. Nel 2011 hanno dichiarato di voler espandere la lotta armata e di avere in progetto degli attentati con armi da fuoco ed esplosivi4 e 5.
Per quanto riguarda invece l’Official IRA, nel 2009 ha accettato di smantellare le sue scorte di armi, processo che si è concluso dopo pochi mesi ed è stato confermato dalla International Independent Commission on Decommissioning6. Nel 2005, l’IRA ha annunciato ufficialmente la fine della lotta armata. Dopo le elezioni del 2007, il partito protestante è diventato la prima formazione politica in Irlanda del Nord e il Sinn Féin la seconda. Ciò nonostante il 23 febbraio 2010 è esplosa un’autobomba a Newry. Il 21 giugno 2011 sono esplosi diversi scontri a Belfast con i manifestanti armati di molotov, razzi, armi da fuoco. Sotto la cenere, potrebbero dormire ancora dei fuochi che sembrano spenti. Per vedere la conculsione, o almeno il capitolo successivo, di questa storia probabilmente si dovrà attendere l’evoluzione di un percorso analogo, quello della Scozia. Se la Scozia riuscirà in tempo breve ad ottenere la separazione dal resto del Regno Unito, inevitabilmente questo in Irlanda farà riemergere il vecchio irridentismo. Si rimanda all’analisi della situazione della Scozia per poter comprendere ciò che resterà del Regno Unito.

Marco Flavio Scarpetta è dottore in Giornalismo, editoria e scrittura (Università di Roma Sapienza)

1.- Per una visione più completa si rimanda a “Storia dell'Inghilterra. Da Cesare ai giorni nostri” di Morgan Kenneth O. pubblicato da Bompiani nella collana Storia.
2.- Nel 1922, dopo il fallimento della guerra di indipendenza irlandese, una parte dell'esercito repubblicano irlandese (Irish Republican Army) continuò a combattere contro la presenza britannica in Irlanda. Nel 1969, si divise in Provvisorio ed Ufficiale, entrambe organizzazioni militari nazionaliste. Il Provvisorio è nato per prendere le distanze dal resto dell'organizzazione ritenuta inefficace e di tendenze socialiste. L'Ufficiale è rimasto in combattimento contro l'esercito britannico fino al 1972. Non ha mai riconosciuto il Provvisorio ed ha combattuto anche contro di esso.
3.- TGCOM 24, "Attacco in Ulster,ucciso poliziotto", 2009. [On line] http://www.tgcom24.mediaset.it.Consultato il 28 settembre 2013.
4.- Les enfants terribles, "Real IRA minaccia intensificazione degli attacchi", 2011. [On line]http://www.lesenfantsterribles.org. Consultato il 28 settembre 2013.
5.- The Guardian, "Real IRA admits bomb attacks on Northern Ireland banks", 2011. [On line]http://www.theguardian.com. Consultato il 28 settembre 2013.
6.- Per questo ed altri report, consultare l'archivio CAIN University of Ulster [On line]: http://cain.ulst.ac.uk.Consultato il 28 settembre 2013.