Immigrazione Mare Nostrum, mare comune Fabio Caffio 23/10/2013 |
Avendo in mente una positiva visione geopolitica del Mediterraneo, moderna, ma non priva di radici storiche, l'operazione di soccorso umanitario e controllo dei flussi migratori lanciata dal nostro paese è stata denominata Mare Nostrum.
L’espressione indica una piena assunzione di responsabilità italiana nella sorveglianza dei mari adiacenti. Contiene poi un chiaro messaggio rivolto all’Europa: la protezione delle frontiere marittime non può essere disgiunta dalla tutela della vita e dei diritti delle persone che cercano di attraversarle.
Sorveglianza alto mare
La cornice della nuova operazione, che si basa su un robusto e variegato dispositivo di navi d'altura, naviglio costiero, elicotteri e velivoli da pattugliamento (compresi quelli senza pilota), è il controllo dell'immigrazione via mare facente capo al ministero dell'interno.
La normativa di riferimento è infatti contenuta nel decreto interministeriale del 2003, attuativo della Fini-Bossi. Questo prevede che la sorveglianza in alto mare sia incentrata sul coordinamento operativo della Marina militare nei confronti di Guardia di finanza e capitaneria di porto-guardia costiera.
In relazione alle recenti sciagure ed alla provenienza dei flussi l'attività delle forze aeronavali, tale sorveglianza non potrà che svolgersi nello stretto di Sicilia e nel mar Ionio.
Protezione e prevenzione
Il ruolo assunto dalla Marina militare è inquadrabile nella funzione non militare di guardia costiera riconosciutale dal codice dell'ordinamento militare. La missione prioritaria del dispositivo navale della Marina è ora quella di garantire il salvataggio della vita umana (Search and Rescue, Sar) in favore di imbarcazioni in difficoltà. Proprio per questo è stata prevista la presenza di una nave anfibia, il San Marco, dotata di capacità mediche e di elisoccorso.
Di certo non saranno comunque tralasciati gli aspetti di ordine pubblico di competenza delle forze di polizia, quali l'identificazione delle persone salvate, anche ai fini della concessione dell'eventuale successiva protezione umanitaria, e il contrasto delle attività criminali di trafficanti, scafisti e "navi madre".
Condivisione informazioni
Essenziale per il buon esito dell'operazione è la disponibilità del quadro di situazione dello scenario marittimo, la cosiddetta Maritime Situational Awareness (Msa), fornita dal dispositivo interministeriale integrato di sorveglianza marittima (Diism) realizzato dalla Marina militare.
La prospettiva che anima il Diism quale strumento di condivisione dei dati sulla situazione marittima con tutte le amministrazioni pubbliche è il rafforzamento dell'azione unitaria dello stato sul mare. Non solo nel Sar, ma anche nel controllo dei traffici marittimi, la tutela dell'ambiente marino e la prevenzione delle attività illegali.
Questa è d'altronde la direzione verso cui va la politica marittima integrata dell'Unione europea e questa è la precondizione operativa adottata dalla Commissione nel varare il sistema di sorveglianza Eurosur che sarà messo a disposizione di Frontex.
Ipotetica zona cooperazione SAR
L’iniziativa con la quale l’Italia ha deciso di dar vita ad un'attività nazionale di pattugliamento delle rotte provenienti dalle zone di crisi dell'Africa e del Medio Oriente.è la prova più evidente dei limiti dell'Unione europea nel confrontarsi con il problema.
Non è tuttavia esclusa una cooperazione dell'Italia con i paesi che si affacciano sul teatro dell'operazione. Viene da pensare non solo a Tunisia, Francia, Spagna e Grecia, ma anche a Malta che ha mostrato di recente volontà di rafforzare le relazioni marittime con l'Italia.
Non solo Frontex
Vuoi per l'ambiguità della sua missione, vuoi per il suo gravitare in zone di interesse di Spagna e Grecia, Frontex non è stata sinora di grande aiuto all'Italia. Il commissario europeo agli affari interni Cecilia Malmstrom promette tuttavia un suo allargamento a tutto il Mediterraneo centrale.
Nel frattempo Il grande impegno dell'Italia nel Sar e nell'assistenza umanitaria (oscurato purtroppo, nel 2009, dalla parentesi del "caso Hirsi") potrà essere sbandierato con orgoglio in Europa. Il modello italiano di integrazione interagenzia tra tutti gli attori operanti sul mare -peraltro adottato anche dalla Francia- è un valido esempio da seguire.
Le soluzioni da affiancare a Frontex possono essere varie. In applicazione dell'art. 44 del Trattato sull'Unione europea si potrebbe, per ipotesi, realizzare una forma di cooperazione rafforzata in materia di missioni umanitarie e di soccorso (un tempo inquadrabili nelle c.d. "missioni di Petersberg") mediante una forza navale di sorveglianza con funzioni di Guardia costiera.
Non senza dimenticare che esiste già una forza marittima europea (Euromarfor) incaricata di svolgere queste missioni, attivata nel quadro della vecchia Unione europea occidentale sin dal 1995 ad opera di Francia, Italia, Portogallo e Spagna.
Fabio Caffio è Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto di diritto internazionale del mare.
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L’espressione indica una piena assunzione di responsabilità italiana nella sorveglianza dei mari adiacenti. Contiene poi un chiaro messaggio rivolto all’Europa: la protezione delle frontiere marittime non può essere disgiunta dalla tutela della vita e dei diritti delle persone che cercano di attraversarle.
Sorveglianza alto mare
La cornice della nuova operazione, che si basa su un robusto e variegato dispositivo di navi d'altura, naviglio costiero, elicotteri e velivoli da pattugliamento (compresi quelli senza pilota), è il controllo dell'immigrazione via mare facente capo al ministero dell'interno.
La normativa di riferimento è infatti contenuta nel decreto interministeriale del 2003, attuativo della Fini-Bossi. Questo prevede che la sorveglianza in alto mare sia incentrata sul coordinamento operativo della Marina militare nei confronti di Guardia di finanza e capitaneria di porto-guardia costiera.
In relazione alle recenti sciagure ed alla provenienza dei flussi l'attività delle forze aeronavali, tale sorveglianza non potrà che svolgersi nello stretto di Sicilia e nel mar Ionio.
Protezione e prevenzione
Il ruolo assunto dalla Marina militare è inquadrabile nella funzione non militare di guardia costiera riconosciutale dal codice dell'ordinamento militare. La missione prioritaria del dispositivo navale della Marina è ora quella di garantire il salvataggio della vita umana (Search and Rescue, Sar) in favore di imbarcazioni in difficoltà. Proprio per questo è stata prevista la presenza di una nave anfibia, il San Marco, dotata di capacità mediche e di elisoccorso.
Di certo non saranno comunque tralasciati gli aspetti di ordine pubblico di competenza delle forze di polizia, quali l'identificazione delle persone salvate, anche ai fini della concessione dell'eventuale successiva protezione umanitaria, e il contrasto delle attività criminali di trafficanti, scafisti e "navi madre".
Condivisione informazioni
Essenziale per il buon esito dell'operazione è la disponibilità del quadro di situazione dello scenario marittimo, la cosiddetta Maritime Situational Awareness (Msa), fornita dal dispositivo interministeriale integrato di sorveglianza marittima (Diism) realizzato dalla Marina militare.
La prospettiva che anima il Diism quale strumento di condivisione dei dati sulla situazione marittima con tutte le amministrazioni pubbliche è il rafforzamento dell'azione unitaria dello stato sul mare. Non solo nel Sar, ma anche nel controllo dei traffici marittimi, la tutela dell'ambiente marino e la prevenzione delle attività illegali.
Questa è d'altronde la direzione verso cui va la politica marittima integrata dell'Unione europea e questa è la precondizione operativa adottata dalla Commissione nel varare il sistema di sorveglianza Eurosur che sarà messo a disposizione di Frontex.
L’iniziativa con la quale l’Italia ha deciso di dar vita ad un'attività nazionale di pattugliamento delle rotte provenienti dalle zone di crisi dell'Africa e del Medio Oriente.è la prova più evidente dei limiti dell'Unione europea nel confrontarsi con il problema.
Non è tuttavia esclusa una cooperazione dell'Italia con i paesi che si affacciano sul teatro dell'operazione. Viene da pensare non solo a Tunisia, Francia, Spagna e Grecia, ma anche a Malta che ha mostrato di recente volontà di rafforzare le relazioni marittime con l'Italia.
Non solo Frontex
Vuoi per l'ambiguità della sua missione, vuoi per il suo gravitare in zone di interesse di Spagna e Grecia, Frontex non è stata sinora di grande aiuto all'Italia. Il commissario europeo agli affari interni Cecilia Malmstrom promette tuttavia un suo allargamento a tutto il Mediterraneo centrale.
Nel frattempo Il grande impegno dell'Italia nel Sar e nell'assistenza umanitaria (oscurato purtroppo, nel 2009, dalla parentesi del "caso Hirsi") potrà essere sbandierato con orgoglio in Europa. Il modello italiano di integrazione interagenzia tra tutti gli attori operanti sul mare -peraltro adottato anche dalla Francia- è un valido esempio da seguire.
Le soluzioni da affiancare a Frontex possono essere varie. In applicazione dell'art. 44 del Trattato sull'Unione europea si potrebbe, per ipotesi, realizzare una forma di cooperazione rafforzata in materia di missioni umanitarie e di soccorso (un tempo inquadrabili nelle c.d. "missioni di Petersberg") mediante una forza navale di sorveglianza con funzioni di Guardia costiera.
Non senza dimenticare che esiste già una forza marittima europea (Euromarfor) incaricata di svolgere queste missioni, attivata nel quadro della vecchia Unione europea occidentale sin dal 1995 ad opera di Francia, Italia, Portogallo e Spagna.
Fabio Caffio è Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto di diritto internazionale del mare.
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