Ucraina e Russia, prove di dialogo Ultima chance per Mosca e Kiev Giovanna De Maio 28/08/2014 |
“Le sorti del mondo e dell’Europa si decidono a Minsk oggi”, così ha esordito il presidente ucraino Petro Poroshenko a Minsk, stringendo la mano al suo omologo russo Vladimir Putin, in occasione del vertice sull’unione doganale (Russia, Bielorussia, Kazakhstan).
Intanto l’est dell’Ucraina versa nel caos più completo. Blindati russi carichi, sulla carta, di aiuti umanitari, hanno varcato il confine tra i due Paesi e hanno fatto gridare all’invasore, mentre dieci paracadutisti russi avrebbero sconfinato “per errore” e sono stati catturati a sud di Donetsk.
Tra gli ospiti del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, anche l’alto rappresentante per la politica estera europea Catherine Ashton, e i commissari europei per il commercio e per l’energia, a significare l’importanza delle questioni da discutere. Sul tavolo delle trattative, dunque, non solo la disperata ricerca di una soluzione alla tragedia umanitaria dell’est ucraino, ma anche i futuri sviluppi commerciali e l’approvvigionamento energetico.
Il fronte economico
Secondo le preoccupate stime di Putin, l’accordo Ue-Ucraina costerà a Mosca oltre 2 miliardi di euro, pertanto si renderanno necessarie delle misure per tutelare l’ economia e il mercato del lavoro russi.
Se da un lato l’Ue ha promesso 500 milioni di euro per la ricostruzione della regione del Donbass, quella più colpita dagli scontri, dall’altro ha preventivamente scongiurato l’imposizione di ulteriori sanzioni per la Russia, e le ragioni appaiono chiare. Bruxelles ha deciso di colpire il settore finanziario e della difesa; la Russia, che per anni è stata il maggiore importatore di cibo, prodotti agricoli e materie prime, ha risposto con la messa al bando dei prodotti europei.
Le previsioni delle ripercussioni di queste misure sul Pil russo e sul potere di acquisto dei cittadini non sono confortanti. Analogamente l’Europa, in questa delicatissima contingenza economica, di certo non può permettersi di perdere uno dei maggiori partner commerciali e soprattutto energetici. Se Kiev decidesse di bloccare il transito del gas russo verso l’Europa, anche l’Ue dovrebbe rinegoziare con Gazprom i contratti di fornitura.
L’atteggiamento conciliante del presidente russo ha contribuito alla riapertura delle trattative sul prezzo del gas con Kiev, bloccate da giugno, e alla ricerca di una soluzione per uno spazio economico da Lisbona a Vladivostok, che implichi la compatibilità tra l’accordo di associazione con l’Ue e la collaborazione con l’unione euroasiatica.
Nel 2013 il 23,8% delle esportazioni ucraine si è diretto verso la Russia, pertanto, nel calcolo dei costi-benefici dell’accordo di associazione, vanno considerate anche le perdite che deriverebbero da un ulteriore raffreddamento nei rapporti con Mosca.
Uscire con dignità - e la Nato lancia la sfida
Tutti gli attori della crisi ucraina vogliono uscirne con dignità - afferma Petro Poroshenko - che propone varie exit strategy, nessuna delle quali, però, prescinde dalla stabilizzazione del confine con la Russia, sorvegliato dagli osservatori internazionali dell’Osce, e il rilascio degli ostaggi.
Putin e Poroshenko concordano sulla necessità di fermare il bagno di sangue e di inviare aiuti umanitari, ma l’intromissione della Nato non faciliterà le cose.
Il segretario dell’alleanza, Andres Fogh Rasmussen, ha annunciato l’adozione di un Readiness Action Plan volto a fornire una reazione rapida a eventuali attacchi all’Europa orientale, oltre che al potenziamento della base di Stitchen in Polonia. Aggiungendo altra carne al fuoco, durante il prossimo vertice Nato di Newport (Galles), Rasmussen incontrerà Poroshenko per discutere un programma di modernizzazione della difesa ucraina.
Atteggiamenti bellicosi di questo tipo non contribuiscono a una soluzione pacifica della crisi, anzi rischiano di ostacolare il difficile cammino diplomatico che s’interpone tra i due Paesi che passa necessariamente per la stabilizzazione del confine, per la ridefinizione degli accordi commerciali e soprattutto per le riforme costituzionali che possano tenere in considerazione le specificità delle regioni orientali.
Per quanto Poroshenko sia al momento in grado di rappresentare la maggioranza della popolazione ucraina, il pugno di ferro nelle regioni di confine potrebbe minare l’unità del Paese, la cui situazione economica è disastrosa. Le elezioni anticipate che si terranno in ottobre potrebbero portare al potere una coalizione di partiti che continuerà con la dialettica antirussa, e il rischio di una destabilizzazione politica nel momento post-elettorale non è da escludere.
Una via d’uscita sembra difficilmente prospettabile senza compromessi da entrambi i lati, come potrebbero essere il provvisorio accantonamento della questione della Crimea, e un cambio di atteggiamento di Mosca nei confronti di Kiev che, in un modo o nell’altro, è riuscita a dimostrare la volontà di affrancarsi dal tracciato ex-sovietico.
Il vertice di Minsk deve tuttavia far riflettere. Probabilmente se fossero stati evitati alcuni errori diplomatici, come il non aver coinvolto sin dall’inizio la Russia nelle negoziazioni per l’accordo di associazione, forse a Minsk tutto sarebbe stato più tranquillo e si sarebbe potuto parlare soltanto di Unione doganale.
Giovanna De Maio è dottoranda di ricerca presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale; è stata stagista per la comunicazione presso lo IAI.
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Intanto l’est dell’Ucraina versa nel caos più completo. Blindati russi carichi, sulla carta, di aiuti umanitari, hanno varcato il confine tra i due Paesi e hanno fatto gridare all’invasore, mentre dieci paracadutisti russi avrebbero sconfinato “per errore” e sono stati catturati a sud di Donetsk.
Tra gli ospiti del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, anche l’alto rappresentante per la politica estera europea Catherine Ashton, e i commissari europei per il commercio e per l’energia, a significare l’importanza delle questioni da discutere. Sul tavolo delle trattative, dunque, non solo la disperata ricerca di una soluzione alla tragedia umanitaria dell’est ucraino, ma anche i futuri sviluppi commerciali e l’approvvigionamento energetico.
Il fronte economico
Secondo le preoccupate stime di Putin, l’accordo Ue-Ucraina costerà a Mosca oltre 2 miliardi di euro, pertanto si renderanno necessarie delle misure per tutelare l’ economia e il mercato del lavoro russi.
Se da un lato l’Ue ha promesso 500 milioni di euro per la ricostruzione della regione del Donbass, quella più colpita dagli scontri, dall’altro ha preventivamente scongiurato l’imposizione di ulteriori sanzioni per la Russia, e le ragioni appaiono chiare. Bruxelles ha deciso di colpire il settore finanziario e della difesa; la Russia, che per anni è stata il maggiore importatore di cibo, prodotti agricoli e materie prime, ha risposto con la messa al bando dei prodotti europei.
Le previsioni delle ripercussioni di queste misure sul Pil russo e sul potere di acquisto dei cittadini non sono confortanti. Analogamente l’Europa, in questa delicatissima contingenza economica, di certo non può permettersi di perdere uno dei maggiori partner commerciali e soprattutto energetici. Se Kiev decidesse di bloccare il transito del gas russo verso l’Europa, anche l’Ue dovrebbe rinegoziare con Gazprom i contratti di fornitura.
L’atteggiamento conciliante del presidente russo ha contribuito alla riapertura delle trattative sul prezzo del gas con Kiev, bloccate da giugno, e alla ricerca di una soluzione per uno spazio economico da Lisbona a Vladivostok, che implichi la compatibilità tra l’accordo di associazione con l’Ue e la collaborazione con l’unione euroasiatica.
Nel 2013 il 23,8% delle esportazioni ucraine si è diretto verso la Russia, pertanto, nel calcolo dei costi-benefici dell’accordo di associazione, vanno considerate anche le perdite che deriverebbero da un ulteriore raffreddamento nei rapporti con Mosca.
Uscire con dignità - e la Nato lancia la sfida
Tutti gli attori della crisi ucraina vogliono uscirne con dignità - afferma Petro Poroshenko - che propone varie exit strategy, nessuna delle quali, però, prescinde dalla stabilizzazione del confine con la Russia, sorvegliato dagli osservatori internazionali dell’Osce, e il rilascio degli ostaggi.
Putin e Poroshenko concordano sulla necessità di fermare il bagno di sangue e di inviare aiuti umanitari, ma l’intromissione della Nato non faciliterà le cose.
Il segretario dell’alleanza, Andres Fogh Rasmussen, ha annunciato l’adozione di un Readiness Action Plan volto a fornire una reazione rapida a eventuali attacchi all’Europa orientale, oltre che al potenziamento della base di Stitchen in Polonia. Aggiungendo altra carne al fuoco, durante il prossimo vertice Nato di Newport (Galles), Rasmussen incontrerà Poroshenko per discutere un programma di modernizzazione della difesa ucraina.
Atteggiamenti bellicosi di questo tipo non contribuiscono a una soluzione pacifica della crisi, anzi rischiano di ostacolare il difficile cammino diplomatico che s’interpone tra i due Paesi che passa necessariamente per la stabilizzazione del confine, per la ridefinizione degli accordi commerciali e soprattutto per le riforme costituzionali che possano tenere in considerazione le specificità delle regioni orientali.
Per quanto Poroshenko sia al momento in grado di rappresentare la maggioranza della popolazione ucraina, il pugno di ferro nelle regioni di confine potrebbe minare l’unità del Paese, la cui situazione economica è disastrosa. Le elezioni anticipate che si terranno in ottobre potrebbero portare al potere una coalizione di partiti che continuerà con la dialettica antirussa, e il rischio di una destabilizzazione politica nel momento post-elettorale non è da escludere.
Una via d’uscita sembra difficilmente prospettabile senza compromessi da entrambi i lati, come potrebbero essere il provvisorio accantonamento della questione della Crimea, e un cambio di atteggiamento di Mosca nei confronti di Kiev che, in un modo o nell’altro, è riuscita a dimostrare la volontà di affrancarsi dal tracciato ex-sovietico.
Il vertice di Minsk deve tuttavia far riflettere. Probabilmente se fossero stati evitati alcuni errori diplomatici, come il non aver coinvolto sin dall’inizio la Russia nelle negoziazioni per l’accordo di associazione, forse a Minsk tutto sarebbe stato più tranquillo e si sarebbe potuto parlare soltanto di Unione doganale.
Giovanna De Maio è dottoranda di ricerca presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale; è stata stagista per la comunicazione presso lo IAI.
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