Investimenti strategici Ue, Parlamento dice sì a fondo Efsi Antonio Scarazzini 01/07/2015 |
Semaforo verde dalla plenaria del Parlamento europeo per il Fondo europeo per gli investimenti strategici (Efsi), lo strumento di attuazione del piano Juncker* da 315 miliardi per il rilancio degli investimenti e della crescita nell'Unione europea (Ue), pronto ad entrare in funzione nei primi giorni di luglio.
Con 464 voti a favore, la sessione plenaria ha infatti approvato in prima lettura l'accordo di compromesso raggiunto lo scorso 28 maggio dal “trilogo”, ossia dalla riunione dei delegati di Parlamento, Commissione europea e Consiglio dell’Ue.
Negoziati particolarmente serrati a sentire il vice-presidente della Commissione Katainen, che ha tenuto a ringraziare per la collaborazione e per la “prima alba ammirata dalle stanze del Parlamento”.
Investimenti strategici, ecco il nuovo accordo
La proposta iniziale della Commissione prevedeva l'istituzione di un fondo cogestito insieme alla Banca europea per gli investimenti, con una dotazione di 21 miliardi di euro, di cui 16 in forma di garanzia a favore della Bei stessa e 5 stanziati dalle risorse proprie dell'istituto con sede a Lussemburgo.
La componente a carico dell'Ue avrebbe dovuto ulteriormente essere assicurata da una sorta di controgaranzia di 8 miliardi, attinti dai margini non allocati del bilancio comunitario (2 miliardi) e da risorse stornate dai budget dei programmi di finanziamento di ricerca e infrastrutture, Horizon 2020 (2,7 miliardi) e Connecting Europe Facility (3,3 miliardi).
Proprio su questo aspetto il Parlamento è andato alla carica con l'intenzione di non detrarre neanche un centesimo dalle politiche d'innovazione già approvate. Con esiti favorevoli: viene aumentata di un miliardo la contribuzione da risorse non utilizzate del bilancio e i programmi Horizon e Cef vengono parallelamente “risarciti” di 500 milioni ciascuno, con la prospettiva di un'ulteriore riduzione dei tagli nei prossimi mesi, e vedranno inseriti i propri obiettivi strategici all'interno di quelli del Fondo.
In tema di governance e controllo del fondo, lo Steering Board verrà composto unicamente da membri di Commissione e Bei, chiudendo gli spazi di influenza inizialmente previsti per contributori terzi, che potranno limitarsi ad aumentare le risorse del fondo come già hanno fatto Germania, Francia, Italia e Polonia (8 miliardi ciascuno), Spagna (1,5 miliardi), Slovacchia (400 milioni) e Lussemburgo (40 milioni). Al Parlamento spetterà infine l'approvazione delle nomine del direttore e del suo vice, a seguito delle audizioni in aula.
Katainen: puntare sulla finanza di rischio
Se il Consiglio approverà quindi il regolamento di istituzione del fondo così come emendato dal Parlamento, l'Efsi entrerà quindi in azione già nei prossimi giorni e i primi investimenti potranno essere operativi dal mese di settembre, come ha affermato lo stesso Katainen.
“240 miliardi andranno agli investimenti, 75 direttamente alle piccole-medie imprese, vero nucleo forte dell'economia europea” afferma il relatore portoghese del Ppe José Manuel Fernandes. Gli fa da eco il co-relatore Udo Bullmann, socialdemocratico tedesco, che sottolinea l'importante ruolo di controllo ottenuto dal Parlamento e ricorda come gli investimenti rimarranno fuori dal Patto di Stabilità.
Ma è ancora Katainen a indicare i passi per la piena funzionalità del fondo: “in Europa non manca liquidità, anzi; - afferma il finlandese - ma mancano una finanza di rischio, che la sappia catalizzare dal settore privato, e l'intermediario tra la Bei e le piccole medie imprese”.
Oltre a consolidare il ruolo della Bei come garante degli investimenti privati, diventa così valida ipotesi l'istituzione di banche di sviluppo o di intermediari finanziari quali veicoli speciali che permettano di raccogliere capitali pubblici da fondi pensione e assicurativi, in modo da allettare la liquidità inutilizzata con un adeguato sistema di condivisione del rischio. Fondamentale poi l'orientamento verso una strumentazione finanziaria in ambito equity, cioè nel capitale di rischio, e venture capital, in particolare a favore di Pmi e startup.
Nessuna nuova emissione di debito - come aveva suggerito, tra gli altri, l'ex ministro Moavero - ma uno sforzo per recuperare con la grande liquidità “made in Bce” i 430 miliardi di investimenti mancati dal 2007, per il 75% dispersi in soli cinque Paesi: Spagna (31%), Italia (22%), Grecia (9%), Regno Unito (8%) e Francia (6%).
Ora c'è da spingere forte su quella leva moltiplicatrice che dovrebbe portare da 21 a 315 i miliardi di potenziali investimenti, che da Bruxelles assicurano possano aggiungere tra i 300 e i 400 miliardi al Pil dei 28 e creare oltre 1,3 milioni di posti di lavoro, come peraltro confermato da un recente studio dell'Ilo.
*Il tema sarà affrontato in un convegno a Torino venerdì 3 luglio. Articolo pubblicato per gentile concessione di Europae.
Antonio Scarazzini, Laureato magistrale in Studi Europei con una tesi in Relazioni euro-atlantiche, è direttore di “Europae” e membro del direttivo di “OSARE Europa”.
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Negoziati particolarmente serrati a sentire il vice-presidente della Commissione Katainen, che ha tenuto a ringraziare per la collaborazione e per la “prima alba ammirata dalle stanze del Parlamento”.
Investimenti strategici, ecco il nuovo accordo
La proposta iniziale della Commissione prevedeva l'istituzione di un fondo cogestito insieme alla Banca europea per gli investimenti, con una dotazione di 21 miliardi di euro, di cui 16 in forma di garanzia a favore della Bei stessa e 5 stanziati dalle risorse proprie dell'istituto con sede a Lussemburgo.
La componente a carico dell'Ue avrebbe dovuto ulteriormente essere assicurata da una sorta di controgaranzia di 8 miliardi, attinti dai margini non allocati del bilancio comunitario (2 miliardi) e da risorse stornate dai budget dei programmi di finanziamento di ricerca e infrastrutture, Horizon 2020 (2,7 miliardi) e Connecting Europe Facility (3,3 miliardi).
Proprio su questo aspetto il Parlamento è andato alla carica con l'intenzione di non detrarre neanche un centesimo dalle politiche d'innovazione già approvate. Con esiti favorevoli: viene aumentata di un miliardo la contribuzione da risorse non utilizzate del bilancio e i programmi Horizon e Cef vengono parallelamente “risarciti” di 500 milioni ciascuno, con la prospettiva di un'ulteriore riduzione dei tagli nei prossimi mesi, e vedranno inseriti i propri obiettivi strategici all'interno di quelli del Fondo.
In tema di governance e controllo del fondo, lo Steering Board verrà composto unicamente da membri di Commissione e Bei, chiudendo gli spazi di influenza inizialmente previsti per contributori terzi, che potranno limitarsi ad aumentare le risorse del fondo come già hanno fatto Germania, Francia, Italia e Polonia (8 miliardi ciascuno), Spagna (1,5 miliardi), Slovacchia (400 milioni) e Lussemburgo (40 milioni). Al Parlamento spetterà infine l'approvazione delle nomine del direttore e del suo vice, a seguito delle audizioni in aula.
Katainen: puntare sulla finanza di rischio
Se il Consiglio approverà quindi il regolamento di istituzione del fondo così come emendato dal Parlamento, l'Efsi entrerà quindi in azione già nei prossimi giorni e i primi investimenti potranno essere operativi dal mese di settembre, come ha affermato lo stesso Katainen.
“240 miliardi andranno agli investimenti, 75 direttamente alle piccole-medie imprese, vero nucleo forte dell'economia europea” afferma il relatore portoghese del Ppe José Manuel Fernandes. Gli fa da eco il co-relatore Udo Bullmann, socialdemocratico tedesco, che sottolinea l'importante ruolo di controllo ottenuto dal Parlamento e ricorda come gli investimenti rimarranno fuori dal Patto di Stabilità.
Ma è ancora Katainen a indicare i passi per la piena funzionalità del fondo: “in Europa non manca liquidità, anzi; - afferma il finlandese - ma mancano una finanza di rischio, che la sappia catalizzare dal settore privato, e l'intermediario tra la Bei e le piccole medie imprese”.
Oltre a consolidare il ruolo della Bei come garante degli investimenti privati, diventa così valida ipotesi l'istituzione di banche di sviluppo o di intermediari finanziari quali veicoli speciali che permettano di raccogliere capitali pubblici da fondi pensione e assicurativi, in modo da allettare la liquidità inutilizzata con un adeguato sistema di condivisione del rischio. Fondamentale poi l'orientamento verso una strumentazione finanziaria in ambito equity, cioè nel capitale di rischio, e venture capital, in particolare a favore di Pmi e startup.
Nessuna nuova emissione di debito - come aveva suggerito, tra gli altri, l'ex ministro Moavero - ma uno sforzo per recuperare con la grande liquidità “made in Bce” i 430 miliardi di investimenti mancati dal 2007, per il 75% dispersi in soli cinque Paesi: Spagna (31%), Italia (22%), Grecia (9%), Regno Unito (8%) e Francia (6%).
Ora c'è da spingere forte su quella leva moltiplicatrice che dovrebbe portare da 21 a 315 i miliardi di potenziali investimenti, che da Bruxelles assicurano possano aggiungere tra i 300 e i 400 miliardi al Pil dei 28 e creare oltre 1,3 milioni di posti di lavoro, come peraltro confermato da un recente studio dell'Ilo.
*Il tema sarà affrontato in un convegno a Torino venerdì 3 luglio. Articolo pubblicato per gentile concessione di Europae.
Antonio Scarazzini, Laureato magistrale in Studi Europei con una tesi in Relazioni euro-atlantiche, è direttore di “Europae” e membro del direttivo di “OSARE Europa”.
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