Rapporto Mogherini Verso una strategia europea per la sicurezza Jean-Pierre Darnis 30/06/2015 |
Nel recente Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo dei 28, è stato adottato il rapporto presentato dall’Alto Rappresentante Federica Mogherini «The EU in a changing global environment: a more connected, contested and complex world».
Questo rapporto risponde a una richiesta del Consiglio formulata nel dicembre 2013 quando l’Alto Rappresentante venne incaricato di provvedere entro il 2015 a fornire un’analisi delle mutazioni dello scenario globale.
Si tratta quindi di un mandato rivolto al precedente Alto Rappresentante, Catherine Ashton, che è stato colto al balzo da Federica Mogherini: il documento fornisce indicazioni molto interessanti sugli obiettivi ma anche sul metodo della sua azione.
Colpisce particolarmente il realismo del testo. Se uno ripensa alla cosiddetta «strategia Solana» del 2003, i toni sono nettamente più allarmisti, per non dire neri. L’Europa viene descritta come stretta nella morsa della crisi economica e dell’arco di crisi alle sue porte. Nel «mondo più connesso» dipinto in questo rapporto, si insiste sulle opportunità ma anche sulle fragilità legate alla globalizzazione.
Si tratta di una presa di coscienza forte, che in qualche modo rompe con l’idealismo di una visione di globalizzazione felice in auge nel decennio precedente. Seguendo questo filone, una serie di rischi strategici vengono elencati.
Possiamo sottolineare come questo filone realistico si ritrovi in un altro recente documento strategico, il libro bianco italiano per la sicurezza internazionale e la difesa. Queste convergenze illustrano l’emergere di un consenso europeo sulla necessità di analizzare lo scenario internazionale e l’opportunità della stesura di un documento strategico europeo.
Il quadrante geopolitico dell’Unione europea
Un altro fattore importante sta nel prendere in considerazione un vero e proprio quadrante geopolitico come base del ragionamento sui rischi e sulle opportunità future: il vicinato europeo (che include una vasta area che va dall’Europa dell’Est ai Balcani fino alla Turchia), il Medio Oriente e Nord Africa (Mena), l’Africa sub-sahariana, il Partenariato atlantico e l’Asia.
Questa visione copre più o meno l’intero pianeta e rinforza la percezione di un’Unione europea che deve necessariamente concepire una sua proiezione su scala globale.
È senz’altro un segno di maturità da parte dell’Unione di essere in grado di pensare l’intero mondo non solo in termini di scambi commerciali, tradizionale leva di azione europea, ma anche di sicurezza e sviluppo. Ciò rappresenta un interessante tentativo di elaborare una geopolitica post nazionale, ma anche post-federale.
L’Europa solo non pensa il mondo usando gli strumenti della potenza - caratteristica della proiezione nazionale, imperiale o coloniale per dirla con varie sfumature storica - ma mette anche un freno al sogno kantiano di una federazione mondiale della avrebbe costituito il nocciolo duro, mostrando anche estrema prudenza sul tema di futuri allargamenti dell’Ue, esplicitamente evocati soltanto per quanto riguarda i Balcani.
Anche se il meccanismo dell’allargamento viene considerato uno strumento importante, pare che i suoi campi di applicazione saranno assai ridotti nel prossimo futuro.
Proiettare stabilità e sicurezza
La visione è quella di una capacità di proiezione della stabilità e della sicurezza usando una panoplia di strumenti che vanno dallo sviluppo alla forza militare passando per le politiche migratorie o economiche.
Questo punto rappresenta uno degli aspetti fondamentali del testo: la promozione di una proiezione strategica dell’Europa con l’uso e il coordinamento dell’insieme dei tasselli a disposizione.
Fra questi strumenti, il testo esprime chiaramente una volontà di accrescere le capacità di difesa, sottolineando l’importanza della Politica di sicurezza e difesa comune (Psdc) evocando la possibilità non colta fino ad oggi di creare delle cooperazioni strutturate permanenti ai sensi del Trattato di Lisbona.
Anche in questo caso l’approccio pragmatico spinge verso una crescita delle capacità di difesa in ambito europeo usando meccanismi già esistenti che poggiano su gruppi di stati membri.
La visione “joint” della proiezione esterna rappresenta una prospettiva di evoluzione notevole del potere all’interno della Commissione, con DG che erano abituati a lavorare in parallelo e che sono chiamati non soltanto a cooperare, ma a contribuire a obiettivi comuni e definiti. Il testo auspica quindi una vera e propria trasformazione nelle istituzioni comunitarie con una potenziale crescita del ruolo dell’Alto Rappresentante.
Tuttavia non è tanto sullo sfondo (la visione strategica), bensì sulla forma(un’evoluzione o riforma del potere amministrativo e politico all’interno della Commissione), che questo testo potrebbe suscitare opposizioni.
Come già detto, ci troviamo di fronte a un opportuno esercizio di proiezione europea realista. Esso dimostra quindi un livello di coscienza seria, ma anche di maturità da parte dei responsabili politici che hanno promosso questo testo.
La descrizione del mondo “connesso, contestato e complesso” offre una diagnosi rigorosa delle forze e delle debolezze europee, e permette di meglio proiettare l’azione tramite una futura strategia. Il necessario realismo non deve però far perdere di vista il tema dei valori, che viene evocato nelle conclusioni.
L’Europa deve avere una strategia difensiva o di protezione in un contesto di crisi. Ma l’Europa ha sempre rappresentato ben altro, un insieme di valori democratici e di progresso delle istituzioni, sempre in movimento.
Dobbiamo augurarci che la futura strategia europea espliciti i valori di democrazia dinamica che sono al centro della costruzione europea e che ne definiscono la ragion d’essere, anche e soprattutto nella proiezione mondiale.
Le crisi e le minacce hanno fatto tramontare il “mondo migliore” che accompagnava “l’Europa sicura” della strategia Solana del 2003. Ma non dobbiamo perdere il progetto di migliorare il mondo, un’affermazione certo idealista ma che rimanda al senso stesso della nostra comunità politica.
Jean-Pierre Darnis è professore associato all'università di Nizza e responsabile di ricerca dell’Area sicurezza e difesa dello IAI (Twitter: @jpdarnis).
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Si tratta quindi di un mandato rivolto al precedente Alto Rappresentante, Catherine Ashton, che è stato colto al balzo da Federica Mogherini: il documento fornisce indicazioni molto interessanti sugli obiettivi ma anche sul metodo della sua azione.
Colpisce particolarmente il realismo del testo. Se uno ripensa alla cosiddetta «strategia Solana» del 2003, i toni sono nettamente più allarmisti, per non dire neri. L’Europa viene descritta come stretta nella morsa della crisi economica e dell’arco di crisi alle sue porte. Nel «mondo più connesso» dipinto in questo rapporto, si insiste sulle opportunità ma anche sulle fragilità legate alla globalizzazione.
Si tratta di una presa di coscienza forte, che in qualche modo rompe con l’idealismo di una visione di globalizzazione felice in auge nel decennio precedente. Seguendo questo filone, una serie di rischi strategici vengono elencati.
Possiamo sottolineare come questo filone realistico si ritrovi in un altro recente documento strategico, il libro bianco italiano per la sicurezza internazionale e la difesa. Queste convergenze illustrano l’emergere di un consenso europeo sulla necessità di analizzare lo scenario internazionale e l’opportunità della stesura di un documento strategico europeo.
Il quadrante geopolitico dell’Unione europea
Un altro fattore importante sta nel prendere in considerazione un vero e proprio quadrante geopolitico come base del ragionamento sui rischi e sulle opportunità future: il vicinato europeo (che include una vasta area che va dall’Europa dell’Est ai Balcani fino alla Turchia), il Medio Oriente e Nord Africa (Mena), l’Africa sub-sahariana, il Partenariato atlantico e l’Asia.
Questa visione copre più o meno l’intero pianeta e rinforza la percezione di un’Unione europea che deve necessariamente concepire una sua proiezione su scala globale.
È senz’altro un segno di maturità da parte dell’Unione di essere in grado di pensare l’intero mondo non solo in termini di scambi commerciali, tradizionale leva di azione europea, ma anche di sicurezza e sviluppo. Ciò rappresenta un interessante tentativo di elaborare una geopolitica post nazionale, ma anche post-federale.
L’Europa solo non pensa il mondo usando gli strumenti della potenza - caratteristica della proiezione nazionale, imperiale o coloniale per dirla con varie sfumature storica - ma mette anche un freno al sogno kantiano di una federazione mondiale della avrebbe costituito il nocciolo duro, mostrando anche estrema prudenza sul tema di futuri allargamenti dell’Ue, esplicitamente evocati soltanto per quanto riguarda i Balcani.
Anche se il meccanismo dell’allargamento viene considerato uno strumento importante, pare che i suoi campi di applicazione saranno assai ridotti nel prossimo futuro.
Proiettare stabilità e sicurezza
La visione è quella di una capacità di proiezione della stabilità e della sicurezza usando una panoplia di strumenti che vanno dallo sviluppo alla forza militare passando per le politiche migratorie o economiche.
Questo punto rappresenta uno degli aspetti fondamentali del testo: la promozione di una proiezione strategica dell’Europa con l’uso e il coordinamento dell’insieme dei tasselli a disposizione.
Fra questi strumenti, il testo esprime chiaramente una volontà di accrescere le capacità di difesa, sottolineando l’importanza della Politica di sicurezza e difesa comune (Psdc) evocando la possibilità non colta fino ad oggi di creare delle cooperazioni strutturate permanenti ai sensi del Trattato di Lisbona.
Anche in questo caso l’approccio pragmatico spinge verso una crescita delle capacità di difesa in ambito europeo usando meccanismi già esistenti che poggiano su gruppi di stati membri.
La visione “joint” della proiezione esterna rappresenta una prospettiva di evoluzione notevole del potere all’interno della Commissione, con DG che erano abituati a lavorare in parallelo e che sono chiamati non soltanto a cooperare, ma a contribuire a obiettivi comuni e definiti. Il testo auspica quindi una vera e propria trasformazione nelle istituzioni comunitarie con una potenziale crescita del ruolo dell’Alto Rappresentante.
Tuttavia non è tanto sullo sfondo (la visione strategica), bensì sulla forma(un’evoluzione o riforma del potere amministrativo e politico all’interno della Commissione), che questo testo potrebbe suscitare opposizioni.
Come già detto, ci troviamo di fronte a un opportuno esercizio di proiezione europea realista. Esso dimostra quindi un livello di coscienza seria, ma anche di maturità da parte dei responsabili politici che hanno promosso questo testo.
La descrizione del mondo “connesso, contestato e complesso” offre una diagnosi rigorosa delle forze e delle debolezze europee, e permette di meglio proiettare l’azione tramite una futura strategia. Il necessario realismo non deve però far perdere di vista il tema dei valori, che viene evocato nelle conclusioni.
L’Europa deve avere una strategia difensiva o di protezione in un contesto di crisi. Ma l’Europa ha sempre rappresentato ben altro, un insieme di valori democratici e di progresso delle istituzioni, sempre in movimento.
Dobbiamo augurarci che la futura strategia europea espliciti i valori di democrazia dinamica che sono al centro della costruzione europea e che ne definiscono la ragion d’essere, anche e soprattutto nella proiezione mondiale.
Le crisi e le minacce hanno fatto tramontare il “mondo migliore” che accompagnava “l’Europa sicura” della strategia Solana del 2003. Ma non dobbiamo perdere il progetto di migliorare il mondo, un’affermazione certo idealista ma che rimanda al senso stesso della nostra comunità politica.
Jean-Pierre Darnis è professore associato all'università di Nizza e responsabile di ricerca dell’Area sicurezza e difesa dello IAI (Twitter: @jpdarnis).
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