Regno Unito-Russia
Pochi giorni fa il Ministro della Cultura britannico, Maria Miller, ha reso nota l’erogazione di finanziamenti, da parte del suo Paese, per le associazioni di attivisti gay che operano in Russia.
Un gesto questo, che, a pochi giorni dall’apertura dei giochi olimpici di Sochi, assume un forte valore simbolico. Già molte voci si erano infatti levate contro l’opportunità di ospitare una manifestazione sportiva di tale importanza in un Paese, come la Russia, che lo scorso giugno ha approvato una legge che vieta ogni forma di propaganda omosessuale, a costo di pesanti multe. La decisione di Barack Obama di designare come portabandiera della delegazione statunitense l’ex tennista lesbica Billie Jean King, ha rapidamente trasformato l’avvenimento sportivo in occasione di confronto politico sul tema dei diritti umani.
Il finanziamento, con cui la Gran Bretagna ha voluto mostrare alla comunità internazionale il proprio impegno pe! r i diritti umani sfruttando la vetrina delle Olimpiadi, va inoltre a sfidare la legislazione russa sulle ONG finanziate da governi stranieri, equiparate dal Cremlino a veri e propri “agenti” anti-establishment. Dato il divieto per i gruppi russi di attivisti di ricevere direttamente finanziamenti da altri Paesi, il supporto economico britannico dovrà passare per ONG di natura internazionale, come Stonewall, organizzazione molto attiva per i diritti dei gay.
Il Presidente Vladimir Putin, in questi mesi, ha cercato di smorzare il più possibile le polemiche sull’argomento, affermando che il suo Paese non condanna i comportamenti omosessuali, ma la propaganda di questi nei confronti dei minori e che a Sochi sarà predisposta un’area dove gli attivisti potranno svolgere le loro manifestazioni. Tentativi questi di offrire alla comunità internazionale l’immagine di una Russia tollerante pur nel rispetto del conservatorismo valoriale che ha caratterizzato il più recente corso politico della presidenza di Putin. La decisione del governo britannico, in ogni caso, rischia di inasprire ulteriormente i rapporti non certo idilliaci con Mosca, contribuendo a prolungare la freddezza dei rapporti diplomatici tra i due Paesi.
Un gesto questo, che, a pochi giorni dall’apertura dei giochi olimpici di Sochi, assume un forte valore simbolico. Già molte voci si erano infatti levate contro l’opportunità di ospitare una manifestazione sportiva di tale importanza in un Paese, come la Russia, che lo scorso giugno ha approvato una legge che vieta ogni forma di propaganda omosessuale, a costo di pesanti multe. La decisione di Barack Obama di designare come portabandiera della delegazione statunitense l’ex tennista lesbica Billie Jean King, ha rapidamente trasformato l’avvenimento sportivo in occasione di confronto politico sul tema dei diritti umani.
Il finanziamento, con cui la Gran Bretagna ha voluto mostrare alla comunità internazionale il proprio impegno pe! r i diritti umani sfruttando la vetrina delle Olimpiadi, va inoltre a sfidare la legislazione russa sulle ONG finanziate da governi stranieri, equiparate dal Cremlino a veri e propri “agenti” anti-establishment. Dato il divieto per i gruppi russi di attivisti di ricevere direttamente finanziamenti da altri Paesi, il supporto economico britannico dovrà passare per ONG di natura internazionale, come Stonewall, organizzazione molto attiva per i diritti dei gay.
Il Presidente Vladimir Putin, in questi mesi, ha cercato di smorzare il più possibile le polemiche sull’argomento, affermando che il suo Paese non condanna i comportamenti omosessuali, ma la propaganda di questi nei confronti dei minori e che a Sochi sarà predisposta un’area dove gli attivisti potranno svolgere le loro manifestazioni. Tentativi questi di offrire alla comunità internazionale l’immagine di una Russia tollerante pur nel rispetto del conservatorismo valoriale che ha caratterizzato il più recente corso politico della presidenza di Putin. La decisione del governo britannico, in ogni caso, rischia di inasprire ulteriormente i rapporti non certo idilliaci con Mosca, contribuendo a prolungare la freddezza dei rapporti diplomatici tra i due Paesi.
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