Crisi Ucraina Crimea, vento in poppa verso est Giovanna De Maio 27/02/2014 |
Mentre a Kiev si rimuovono le stelle a cinque punte dalle guglie dell’edificio che ospita la Rada Suprema, in Crimea si calano le bandiere ucraine e si issano quelle russe.
Ogni ora che passa il quadro sembra sempre più instabile, e il neo-premier ucraino Arseniy Yatsenyuk ha annunciato che l’Ucraina intende difendere la propria integrità territoriale e farà tutto quanto concede la legge per riportare l’ordine in Crimea. A rispondergli sembra il nuovo premier della repubblica autonoma di Crimea, Serghiei Aksionov che ha affermato di considerare il deposto presidente Viktor Ianukovich il "legittimo" capo di Stato ucraino.
All’esterno del Parlamento di questa Repubblica autonoma a fronteggiarsi sono due gruppi: i sostenitori dell’Euro-Maidan che vorrebbero il riconoscimento del nuovo governo di Kiev e quelli del “Fronte Crimea”, i filorussi che invece gridano al golpe, invocando la protezione della Russia.
Nel centro di Sebastopoli sfilano intanto due carri armati russi inviati da Mosca per proteggere sia la sua flotta nel Mar Nero nell’eventualità di un attacco, sia i cittadini russi di Crimea, da sempre considerati come connazionali all’estero da tutelare.
Il 58% dei cittadini di Crimea è infatti di etnia russa, russkie, e si differenzia dai russofoni dell’Ucraina dell’est che invece sono detti rossijanye, di cittadinanza russa. La restante parte della popolazione è per il 24% ucraina e 12% tatara, mentre il russo è considerata la lingua madre da tre quarti di essa.
Rischio seccessione
Con l’inasprirsi della crisi, non è più un tabù parlare di secessione. Questa potrebbe partire proprio dalla Crimea, la regione più russa dell’Ucraina. Per trecento anni i tatari di Crimea rimasero sotto la dominazione ottomana, poi dal 1774 la penisola divenne un vassallo dell’impero russo. Durante la rivoluzione russa, i tatari cercarono senza successo di istituire un khanato indipendente, ma nel 1944 subirono una deportazione di massa a oriente comandata da Stalin.
Ufficialmente in occasione del 300esimo anniversario del trattato di Pereyaslav tra i cosacchi ucraini e la Russia, nel 1954 la Crimea fu ceduta alla repubblica socialista sovietica di Ucraina dal leader sovietico Nikita Krushev. Le ragioni tuttavia, sarebbero state connesse principalmente alla governabilità della penisola, più facilmente gestibile da Kiev che da Mosca.
In seguito al crollo dell’Urss, l’Ucraina tentò una campagna di ucrainizzazione che fomentò i malumori dei tatari ritornati in Crimea, e la faccenda si concluse con la concessione da parte ucraina dello status di repubblica autonoma.
Sebastopoli
La Crimea ha sempre rivestito un’importanza strategica. La base navale di Sebastopoli, infatti, ospita circa il 70% della flotta russa e il suo affitto è stato rinnovato fino al 2042 in cambio di condizioni più favorevoli sulle forniture di gas.
La storica ricerca da parte della Russia di uno sbocco sui mari caldi vede il Mar Nero come punto nevralgico non solo per i rapporti commerciali marittimi, ma anche per la proiezione di Mosca nel Mediterraneo e nell’Oceano indiano e per il controllo dell’area caucasica meridionale.
La marina militare russa, inoltre, svolge un ruolo di presidio per il transito dei gasdotti ed è pronta a intervenire in caso di eventuali crisi regionali che possano mettere a rischio la sfera di influenza e di sicurezza del Paese.
La situazione economica della Crimea, come del resto quella dell’Ucraina, è allo sbando: il declassamento del debito da parte di Standard & Poor's da B- a CCC+ è già un dato eloquente. Inoltre, l’élite economica è parcellizzata e si mostra meno accomodante con l’Unione europea rispetto ai colleghi ucraini che nella seconda metà degli anni ’90 hanno investito nelle località turistiche di Crimea.
Malorossiya
Nella regione esiste effettivamente un separatismo locale che reclama l’annessione a Mosca o addirittura uno Stato federativo denominato Malorossiya, Piccola Russia, in unione con l’Ucraina centrale e sudorientale. Tuttavia, nonostante la Duma russa avesse già dichiarato nullo per incostituzionalità l’atto di cessione della penisola del ’54, la questione è rimasta finora sotto controllo per buona volontà delle parti, e l’atto non è mai stato formalmente ratificato dal presidente russo.
La recente iniziativa del consolato russo di Sebastopoli di stampare passaporti per tutti gli ucraini di lingua russa, l’elezione nella stessa città di un sindaco russo, Alexej Chalij e la visita di senatori russi nella regione, non sembrano sufficienti a sostenere un eventuale impegno di Mosca a favore di un’annessione.
Operazioni in grande stile sarebbero troppo impegnative, sia a livello finanziario che militare. Di certo Mosca farà leva sulla Crimea e sul prezzo del gas per influenzare la formazione della nuova costituzione, nell’ottica di una federalizzazione dell’Ucraina con importanti concessioni da parte della componente filo-russa del nuovo governo.
Tuttavia, il rischio che la Crimea segua la sorte di Ossezia del Sud, Abkhazia, Transnistria è tutt’altro che da sottovalutare.
Giovanna De Maio è stata stagista per la comunicazione presso lo IAI (Twitter: @Giovgenius).
- See more at: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2549#sthash.i39IVq3k.dpuf
Ogni ora che passa il quadro sembra sempre più instabile, e il neo-premier ucraino Arseniy Yatsenyuk ha annunciato che l’Ucraina intende difendere la propria integrità territoriale e farà tutto quanto concede la legge per riportare l’ordine in Crimea. A rispondergli sembra il nuovo premier della repubblica autonoma di Crimea, Serghiei Aksionov che ha affermato di considerare il deposto presidente Viktor Ianukovich il "legittimo" capo di Stato ucraino.
All’esterno del Parlamento di questa Repubblica autonoma a fronteggiarsi sono due gruppi: i sostenitori dell’Euro-Maidan che vorrebbero il riconoscimento del nuovo governo di Kiev e quelli del “Fronte Crimea”, i filorussi che invece gridano al golpe, invocando la protezione della Russia.
Nel centro di Sebastopoli sfilano intanto due carri armati russi inviati da Mosca per proteggere sia la sua flotta nel Mar Nero nell’eventualità di un attacco, sia i cittadini russi di Crimea, da sempre considerati come connazionali all’estero da tutelare.
Il 58% dei cittadini di Crimea è infatti di etnia russa, russkie, e si differenzia dai russofoni dell’Ucraina dell’est che invece sono detti rossijanye, di cittadinanza russa. La restante parte della popolazione è per il 24% ucraina e 12% tatara, mentre il russo è considerata la lingua madre da tre quarti di essa.
Rischio seccessione
Con l’inasprirsi della crisi, non è più un tabù parlare di secessione. Questa potrebbe partire proprio dalla Crimea, la regione più russa dell’Ucraina. Per trecento anni i tatari di Crimea rimasero sotto la dominazione ottomana, poi dal 1774 la penisola divenne un vassallo dell’impero russo. Durante la rivoluzione russa, i tatari cercarono senza successo di istituire un khanato indipendente, ma nel 1944 subirono una deportazione di massa a oriente comandata da Stalin.
Ufficialmente in occasione del 300esimo anniversario del trattato di Pereyaslav tra i cosacchi ucraini e la Russia, nel 1954 la Crimea fu ceduta alla repubblica socialista sovietica di Ucraina dal leader sovietico Nikita Krushev. Le ragioni tuttavia, sarebbero state connesse principalmente alla governabilità della penisola, più facilmente gestibile da Kiev che da Mosca.
In seguito al crollo dell’Urss, l’Ucraina tentò una campagna di ucrainizzazione che fomentò i malumori dei tatari ritornati in Crimea, e la faccenda si concluse con la concessione da parte ucraina dello status di repubblica autonoma.
Sebastopoli
La Crimea ha sempre rivestito un’importanza strategica. La base navale di Sebastopoli, infatti, ospita circa il 70% della flotta russa e il suo affitto è stato rinnovato fino al 2042 in cambio di condizioni più favorevoli sulle forniture di gas.
La storica ricerca da parte della Russia di uno sbocco sui mari caldi vede il Mar Nero come punto nevralgico non solo per i rapporti commerciali marittimi, ma anche per la proiezione di Mosca nel Mediterraneo e nell’Oceano indiano e per il controllo dell’area caucasica meridionale.
La marina militare russa, inoltre, svolge un ruolo di presidio per il transito dei gasdotti ed è pronta a intervenire in caso di eventuali crisi regionali che possano mettere a rischio la sfera di influenza e di sicurezza del Paese.
La situazione economica della Crimea, come del resto quella dell’Ucraina, è allo sbando: il declassamento del debito da parte di Standard & Poor's da B- a CCC+ è già un dato eloquente. Inoltre, l’élite economica è parcellizzata e si mostra meno accomodante con l’Unione europea rispetto ai colleghi ucraini che nella seconda metà degli anni ’90 hanno investito nelle località turistiche di Crimea.
Malorossiya
Nella regione esiste effettivamente un separatismo locale che reclama l’annessione a Mosca o addirittura uno Stato federativo denominato Malorossiya, Piccola Russia, in unione con l’Ucraina centrale e sudorientale. Tuttavia, nonostante la Duma russa avesse già dichiarato nullo per incostituzionalità l’atto di cessione della penisola del ’54, la questione è rimasta finora sotto controllo per buona volontà delle parti, e l’atto non è mai stato formalmente ratificato dal presidente russo.
La recente iniziativa del consolato russo di Sebastopoli di stampare passaporti per tutti gli ucraini di lingua russa, l’elezione nella stessa città di un sindaco russo, Alexej Chalij e la visita di senatori russi nella regione, non sembrano sufficienti a sostenere un eventuale impegno di Mosca a favore di un’annessione.
Operazioni in grande stile sarebbero troppo impegnative, sia a livello finanziario che militare. Di certo Mosca farà leva sulla Crimea e sul prezzo del gas per influenzare la formazione della nuova costituzione, nell’ottica di una federalizzazione dell’Ucraina con importanti concessioni da parte della componente filo-russa del nuovo governo.
Tuttavia, il rischio che la Crimea segua la sorte di Ossezia del Sud, Abkhazia, Transnistria è tutt’altro che da sottovalutare.
Giovanna De Maio è stata stagista per la comunicazione presso lo IAI (Twitter: @Giovgenius).
Nessun commento:
Posta un commento