Germania e politica di sicurezza e difesa Difesa, il lungo risveglio di Berlino Alessandro Ungaro 22/02/2016 |
A due anni dall’ufficiale inaugurazione di un nuovo corso della politica estera e di difesa tedesca quali sono stati i risultati? Berlino ha davvero dimostrato di voler contribuire con maggiore responsabilità alla sicurezza e alla stabilità del sistema internazionale?
Lo spirito di Monaco in evoluzione
Alcuni osservatori hanno sottolineato come lo “spirito di Monaco” non abbia generato in realtà una vera e propria trasformazione della politica estera e difesa tedesca bensì una sua evoluzione, un riconoscimento da parte della classe politica sulla necessità di un maggior attivismo negli affari internazionali.
I primi segnali erano già circolati negli anni precedenti all'interno dell’intellighenzia tedesca, per poi emergere più distintamente dopo la crisi ucraina e in seguito ai fatti di Parigi.
Nel campo della politica militare, infatti, l’attivismo del governo tedesco è in forte crescita, sia sul piano nazionale sia su quello della cooperazione, come attestano i numerosi casi in cui Berlino si è fatta promotrice di numerose iniziative su base bi e multi-laterale: ad esempio, dopo aver contribuito massicciamente nel 2015 alla Very High Readiness Joint Task Force (Vjtf) della Nato, Berlino guiderà di nuovo la Vjtf nel 2019, giocando di fatto un ruolo cruciale per il successo della sua attuazione.
Dopo i tragici avvenimenti in territorio francese, Berlino ha autorizzato l’invio di assetti e di personale militare per alleviare le forze francesi impegnate in altri teatri operativi nell’ambito della lotta contro Daesh.
Sul piano nazionale, invece, dopo alcuni documenti pubblicati negli ultimi mesi - tra cui la più recente Air Capability Strategy di gennaio 2016 - si attende il Libro Bianco sulla politica di sicurezza e difesa che, a differenza dei precedenti, sarà redatto sulla falsariga di quello italiano attraverso un processo di consultazione con diversi stakeholders governativi e non.
L’anima pacifista della Germania
Tuttavia, le ambizioni e le azioni di carattere politico - certamente degne di nota e attese da tempo - devono affrontare alcuni limiti “strutturali” insiti sia nell’eredità storica della Germania sia nelle attuali capacità militari e industriali realmente esprimibili.
Se l’establishment tedesco, a partire dal Ministro della Difesa, appare più consapevole e pronto per un impegno più sostanziale sul palcoscenico della sicurezza internazionale, Berlino deve fare i conti con un passato - e forse ancora con un presente - in cui la cultura della difesa e dell’identità strategica sono ancora silenti all’interno del dibattito pubblico, in cui le anime pacifiste e anti-militariste criticano l’efficacia dell’uso della forza, preferendo posizioni attendiste, passive, e coadiuvate dall’impiego di strumenti civili e di prevenzione.
In altre parole, lo strumento militare fatica ancora oggi a farsi spazio nel ventaglio dei possibili strumenti in mano all’azione politica e forse il Libro Bianco ha proprio l’obiettivo di impostare una nuova narrativa con l’opinione pubblica e inaugurare un diverso approccio ai temi legati alla sicurezza e difesa.
Luci e ombre, invece, per quanto riguarda le capacità militari e industriali. Lo stato delle forze armate tedesche e dei suoi equipaggiamenti è stato più volte considerato disastroso.
Ristrutturare la difesa tedesca
Dopo un rapporto di Kpmg, commissionato dalla Difesa all’interno dell’iniziativa Agenda Ruestung e volto a rivedere i principali programmi di procurement, l’ultimo rapporto presentato dal commissario parlamentare per le forze armate Hans-Peter Bartels dipinge una situazione quasi al collasso.
È anche per questa ragione che, su iniziativa di Von der Leyen, alcune figure chiave del governo - tra cui la stessa Angela Merkel e Wolfgang Schäuble - sembrerebbero intenzionate a varare un piano da 130 miliardi da concludersi entro il 2030 per ristrutturare e rendere più efficiente l’interno settore della difesa.
Sul piano industriale, dopo diversi malumori interni è stata approvata la fusione tra la francese Nexter e la tedesca Krauss-Maffei Wegmann mentre la guida allo sviluppo del drone europeo Male 2025 simboleggia la volontà politica (più che la capacità industriale) di lasciarsi alle spalle alcuni insuccessi come il programma Euro Hawk abbandonato nel 2013.
Inoltre, a margine della riunione informale dei Ministri della difesa dell’Unione europea tenutasi ad Amsterdam, il Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha incontrato il suo omonimo Von Der Leyen e, tra i temi dell’incontro, si è parlato proprio di cooperazione industriale tra i due paesi.
In sintesi, il rinnovato attivismo della Germania nel campo della difesa può costituire un tassello certamente interessante anche nell’ottica di una maggiore spinta alla cooperazione europea nel campo della difesa.
Tuttavia, come naturale che sia, le potenzialità e le intenzioni politiche forse necessitano di un processo di maturazione e crescita reale delle capacità attraverso il quale conseguire risultati concreti all’altezza delle aspettative.
Alessandro R. Ungaro è ricercatore del Programma Sicurezza e Difesa dello IAI (Twitter: @AleRUnga).
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Lo spirito di Monaco in evoluzione
Alcuni osservatori hanno sottolineato come lo “spirito di Monaco” non abbia generato in realtà una vera e propria trasformazione della politica estera e difesa tedesca bensì una sua evoluzione, un riconoscimento da parte della classe politica sulla necessità di un maggior attivismo negli affari internazionali.
I primi segnali erano già circolati negli anni precedenti all'interno dell’intellighenzia tedesca, per poi emergere più distintamente dopo la crisi ucraina e in seguito ai fatti di Parigi.
Nel campo della politica militare, infatti, l’attivismo del governo tedesco è in forte crescita, sia sul piano nazionale sia su quello della cooperazione, come attestano i numerosi casi in cui Berlino si è fatta promotrice di numerose iniziative su base bi e multi-laterale: ad esempio, dopo aver contribuito massicciamente nel 2015 alla Very High Readiness Joint Task Force (Vjtf) della Nato, Berlino guiderà di nuovo la Vjtf nel 2019, giocando di fatto un ruolo cruciale per il successo della sua attuazione.
Dopo i tragici avvenimenti in territorio francese, Berlino ha autorizzato l’invio di assetti e di personale militare per alleviare le forze francesi impegnate in altri teatri operativi nell’ambito della lotta contro Daesh.
Sul piano nazionale, invece, dopo alcuni documenti pubblicati negli ultimi mesi - tra cui la più recente Air Capability Strategy di gennaio 2016 - si attende il Libro Bianco sulla politica di sicurezza e difesa che, a differenza dei precedenti, sarà redatto sulla falsariga di quello italiano attraverso un processo di consultazione con diversi stakeholders governativi e non.
L’anima pacifista della Germania
Tuttavia, le ambizioni e le azioni di carattere politico - certamente degne di nota e attese da tempo - devono affrontare alcuni limiti “strutturali” insiti sia nell’eredità storica della Germania sia nelle attuali capacità militari e industriali realmente esprimibili.
Se l’establishment tedesco, a partire dal Ministro della Difesa, appare più consapevole e pronto per un impegno più sostanziale sul palcoscenico della sicurezza internazionale, Berlino deve fare i conti con un passato - e forse ancora con un presente - in cui la cultura della difesa e dell’identità strategica sono ancora silenti all’interno del dibattito pubblico, in cui le anime pacifiste e anti-militariste criticano l’efficacia dell’uso della forza, preferendo posizioni attendiste, passive, e coadiuvate dall’impiego di strumenti civili e di prevenzione.
In altre parole, lo strumento militare fatica ancora oggi a farsi spazio nel ventaglio dei possibili strumenti in mano all’azione politica e forse il Libro Bianco ha proprio l’obiettivo di impostare una nuova narrativa con l’opinione pubblica e inaugurare un diverso approccio ai temi legati alla sicurezza e difesa.
Luci e ombre, invece, per quanto riguarda le capacità militari e industriali. Lo stato delle forze armate tedesche e dei suoi equipaggiamenti è stato più volte considerato disastroso.
Ristrutturare la difesa tedesca
Dopo un rapporto di Kpmg, commissionato dalla Difesa all’interno dell’iniziativa Agenda Ruestung e volto a rivedere i principali programmi di procurement, l’ultimo rapporto presentato dal commissario parlamentare per le forze armate Hans-Peter Bartels dipinge una situazione quasi al collasso.
È anche per questa ragione che, su iniziativa di Von der Leyen, alcune figure chiave del governo - tra cui la stessa Angela Merkel e Wolfgang Schäuble - sembrerebbero intenzionate a varare un piano da 130 miliardi da concludersi entro il 2030 per ristrutturare e rendere più efficiente l’interno settore della difesa.
Sul piano industriale, dopo diversi malumori interni è stata approvata la fusione tra la francese Nexter e la tedesca Krauss-Maffei Wegmann mentre la guida allo sviluppo del drone europeo Male 2025 simboleggia la volontà politica (più che la capacità industriale) di lasciarsi alle spalle alcuni insuccessi come il programma Euro Hawk abbandonato nel 2013.
Inoltre, a margine della riunione informale dei Ministri della difesa dell’Unione europea tenutasi ad Amsterdam, il Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha incontrato il suo omonimo Von Der Leyen e, tra i temi dell’incontro, si è parlato proprio di cooperazione industriale tra i due paesi.
In sintesi, il rinnovato attivismo della Germania nel campo della difesa può costituire un tassello certamente interessante anche nell’ottica di una maggiore spinta alla cooperazione europea nel campo della difesa.
Tuttavia, come naturale che sia, le potenzialità e le intenzioni politiche forse necessitano di un processo di maturazione e crescita reale delle capacità attraverso il quale conseguire risultati concreti all’altezza delle aspettative.
Alessandro R. Ungaro è ricercatore del Programma Sicurezza e Difesa dello IAI (Twitter: @AleRUnga).
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