di Federico Salvati
(Mosca novembre 2015)
Qui a Mosca negli ultimi giorni si fa
un gran parlare della sanzioni europee alla Federazione Russa. Motivo del
fermento è la presentazione di un rapporto ufficiale, da parte del Ministero
delle Finanze, che stima, in termini monetari, i danni effettivi che la nazione
ha subito dall'inizio delle sanzioni.
Il ministro delle finanze, Anton
Siluanov, dichiara in questo rapporto che
le sanzioni sono costate al paese circa 40 miliardi d euro. Il danno
provocato all'economia russa, di rimando, ha generato una perdita di 100
miliardi di dollari sui mercati internazionali. Dal rapporto traspare in
maniera chiara che le sanzioni non hanno
significativamente colpito l'equilibrio economico russo. L'azione occidentale,
tuttavia ha forzato il paese a cambiare il suo focus geoeconomico verso il
mercato asiatico.
Dalle cifre presentate si capisce, inoltre,
che l'Europa e gli USA rimangono i principali investitori all'interno
dell'economia russa. Nonostante ciò il programma sanzionatorio dell'occidente
non è riuscito a destabilizzare, fondamentalmente, la vita economica della
Federazione.
IL
FALLIMENTO DELLA STRATEGIA OCCIDENTALE
“Inutile
giraci intorno: colpire l'economia russa significa colpire le esportazioni
energetiche”. Così esordiva ieri, in prima serata, su Rassia 1, durante un
importante talk show, l'opinionista Rastislav Abramovic. Le riverse di gas e
petrolio costituiscono il fattore cardine della dottrina di sicurezza
nazionale. Putin sin dall'inizio del suo mandato mise in chiaro che la
sicurezza e la potenza russa sarebbero passate attraverso l'esportazione di
queste risorse.
Il
vero problema del mercato energetico russo, però, oggi rimangono la ricerca e
lo sviluppo. Il tasso di impoverimento delle risorse sfruttate è superiore a
quelle che sono le aspettative di progresso tecnico per lo sfruttamento. In
altre parole: le risorse stanno finendo e la Russia è incapace di accedere a
nuovi bacini che sarebbero potenzialmente sfruttabili se si investisse nel
settore.
Al
di la dell'embargo su prodotti commerciali di base, come le mele trentine e il
formaggio italiano, il vero obiettivo occidentale era scoraggiare lo sviluppo
tecnico dello sfruttamento delle risorse naturali della Russia. Questo è il
vero gambetto che Washington e Bruxelles hanno provato a intavolare. La breve
intesa tra Washington e Rihad per abbassare il prezzo del petrolio era
solamente una misura a breve termine che non era sostenibile sul lungo periodo.
Creare delle prospettive non incoraggianti per la capacità produttiva a lungo
termine nel capo energetico è forse stato l'unico grande risultato delle
sanzioni europee. Al di la di tale azione tuttavia i risultati concreti
rimangono piuttosto limitati.
LE
SANZIONI E I LORO EFFETTI
L'azione
europea ha effettivamente danneggiato la Russia che però, in buona sostanza, è
ricaduta sui suoi piedi.
Dopo
il primo round sanzionatorio l'inflazione non è salita a tassi preoccupanti e
Mosca ha imparato la necessita di una consistente diversificazione delle
esportazioni.
A
questo proposito il governo ha già una sua strategia che vede coinvolti
principalmente la pipeline “Sila Siberi” (potere della Siberia) da una parte e
il progetto Sakhalin dall'altra.
La
sfida per quanto riguarda questo frangente sarà, da una parte, evitare che il
Gippone e la Cina (entrambi partner nei progetti) entrino in contrapposizione
tra di loro; e dall'altra fare in modo che le questioni pendenti tra la Russia
e i suoi partner non si trasformino in motivo di rottura.
IL
FALLIMENTO DELLO SHALE GAS
Un
altro fattore importante che ha incoraggiato la Russia a persistere nella sua
politica è stato il grande fallimento, dal punto di vista strategico, dello
shale gas. Quella che doveva essere una
rivoluzione di stampo globale nell'esportazione energetica, di fatto, si è
rivelata, secondo molto opinionisti russi, un vero e proprio bluff. I costi
proibitivi ancora non permetto un uso massivo di questa tecnica nel mercato e
comunque il grosso della domanda per lo shale gas viene dalle nazioni asiatiche
e non dai paesi europei come ci si potrebbe aspettare.
COLCLUSIONE
La
ratio sostanziale delle sanzioni europee era quella di fare pressione sulla
Russia senza privare il mercato globale delle delle risorse energetiche russe.
Il risultato finale però, invece di essere una brillante azione strategica, si
è rivelato una scadente “mezza misura” che ha scontentato tutti e accentuato i
toni delle relazioni bilaterali.
La
situazione sanzionatoria ora si è trasformata in un pericoloso dilemma per
l'occidente. La Russia è la 10° economia mondiale e un'azione più coercitiva
potrebbe trasformasi in una crisi energetica di livello mondiale. D'altro canto
però un'eccessiva indulgenza potrebbe far perdere qualunque credibilità
all'occidente che si dimostrerebbe incapace di reagire in maniera efficace
all'assertività di Mosca.
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