Da diverse settimane tutte le forze regionali e
internazionali coinvolte direttamente o indirettamente nel conflitto siriano provano
ad accordarsi sulle modalità politiche e strategiche per mettere fine al
conflitto. Il 14 novembre, Vienna ha ospitato per la terza volta sia la Russia
e l’Iran sciita, alleati di Bashar al Assad, sia i rappresentanti
dell’occidente e i paesi del golfo, che al contrario premono per un’immediata
uscita di scena del premier siriano. Nella trattativa le strategie delle
potenze internazionali stanno prendendo una direzione univoca e una progressiva
adesione verso una politica comune, poiché i russi hanno constatato che Assad è
troppo debole per poter essere salvato. A Mosca non resta che capitalizzare al
massimo il suo ruolo militare e strategico nel conflitto, quindi rafforzare il
proprio potere di contrattazione nello scenario diplomatico internazionale ed
esercitare un’influenza significativa sulle sorti siriane nel dopo Assad. Dalla
conferenza di Vienna è stato tracciato l’iter da seguire, che prevede dapprima
l’apertura di un dialogo tra i ribelli sunniti e il regime alauita, un cessate
il fuoco definitivo in un secondo momento e, infine, delle elezioni a cui non è
chiaro se Assad potrà partecipare. Gli attentati di Parigi, compiuti il giorno
precedente all’incontro di Vienna, hanno spinto le incompatibilità strategiche
dei due blocchi contrapposti verso una progressiva convergenza, evidenziando la
necessità di un’alleanza di tutte le potenze regionali e internazionali contro
il gruppo Stato islamico. Dunque la Russia non considera più i ribelli sunniti
come “terroristi” e nuovi margini di manovra sono apparsi chiari dall’intento
condiviso tra Obama e Putin di arrivare alla risoluzione del conflitto
attraverso un compromesso. Per tal motivo François Hollande ha colto la palla
al balzo, annunciando che si sarebbe recato a Washington e a Mosca per definire
un fronte comune capace di concentrare tutte le sue forze (comprese quella della
Russia) contro i jihadisti. Inoltre la Francia si è appellata all’articolo 42.7
del trattato di Lisbona che “nel caso in cui uno stato membro sia vittima di
un’aggressione armata” implica un’azione degli altri stati dell’Unione per
“aiutarlo e assisterlo”. Prima d’ora nessun paese dell’Unione aveva fatto
ricorso a questo articolo e per la prima
volta nella sua storia l’Unione ha deciso unanimemente di assumere una
posizione condivisa nel campo della difesa, fuori dal contesto Nato.
SAVE THE DATE 16 GENNAIO 2025 ORE 15 RECANATI
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1 giorno fa
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