Elezioni in Grecia Test greco per l’Eurozona Ferdinando Nelli Feroci 07/01/2015 |
Fallito il tentativo di eleggere un Presidente della Repubblica, e fallito il tentativo del primo ministro conservatore Antonis Samaras di ottenere implicitamente il sostegno di una più ampia maggioranza parlamentare, il 25 gennaio gli elettori greci torneranno alle urne.
E, come era prevedibile, sono ripartite le speculazioni sulla capacità/volontà della Grecia di rispettare gli accordi, sul futuro della Grecia nell’Euro, e più in generale sulla efficacia di una strategia europea di uscita dalla crisi esclusivamente concentrata sul “mix” di consolidamento di bilancio e riforme strutturali.
Trattative sul debito greco
Le incertezze e le speculazioni sono motivate dai sondaggi, secondo cui la maggioranza relativa dei voti degli elettori greci andrebbe a Syriza, il partito guidato da Alexis Tsipras, che aveva in passato proposto un’uscita della Grecia dall’Euro, e che oggi ha nella sua piattaforma elettorale, non più l’abbandono dell’Euro, ma una richiesta di rinegoziazione del debito pubblico greco.
È presto per valutare quali saranno in concreto le richieste precise ed articolate che il futuro governo di Atene (necessariamente di coalizione) avanzerà ai partner dell’Eurozona. Ma è comunque verosimile ipotizzare che fra queste figurerà una qualche forma di ristrutturazione/riscadenzamento del debito greco.
Il programma elettorale di Syriza prevede una soluzione fondata su una combinazione di una parziale cancellazione di una quota del debito sovrano greco (oggi detenuto per l’80% da istituzioni pubbliche europee) con una clausola che collegherebbe il rimborso della quota rimanente al raggiungimento di un certo livello di crescita del Pil.
Altri economisti vicini a Syriza hanno proposto soluzioni ancora più radicali, che prevedono la conversione di tutto il debito greco, ancora “outstanding”, in un titolo sovrano senza scadenza prefissata, il cui rimborso inizierebbe al verificarsi di determinati ritmi di crescita del Pil greco.
È probabile che si tratti di proposte avanzate in parte in funzione elettorale, e in parte in funzione tattica, per preparare il terreno in vista del negoziato con i partner europei. Ma sarebbe un errore ritenere che, una volta al governo Tsipras, manterrà una linea di continuità con il governo Samaras, e rinuncerà a porre il problema del debito greco rimettendo in discussione la linea sinora seguita.
Anche perché il mix di misure di consolidamento fiscale e radicali riforme strutturali, in cambio dell’assistenza finora messa a disposizione da Banca centrale europea, Bce, Esm (e in parte dagli Stati membri dell’Eurozona), non ha consentito finora alla Grecia di tornare a crescere e soprattutto di tornare sui mercati per finanziare il proprio debito pubblico.
Mercati finanziari in fibrillazione
In altre parole sembra inevitabile che il “dopo elezioni” in Grecia porrà una serie di problemi alle istituzioni dell’Eurozona:
a) definire una risposta credibile e sostenibile ad un Governo liberamente e democraticamente eletto, senza rimettere in discussione gli aspetti essenziali degli accordi esistenti;
b) rendere compatibile il rispetto del voto popolare in Grecia con le esigenze di una “governance” complessa come quella dell’Eurozona;
c) affrontare più in generale la questione della sostenibilità di debiti sovrani eccessivi in un contesto di recessione e deflazione.
Se si aggiunge a tutto questo la circostanza che la Bce dovrebbe decidere su interventi di “quantitative easing” nella riunione del Board che precederà di soli tre giorni le elezioni in Grecia, si comprendono agevolmente le fibrillazioni dei mercati finanziari di questi giorni; le indiscrezioni su scenari di uscita della Grecia dall’Euro, e le smentite delle fonti ufficiali sull’esistenza di “piani B”.
Sfide europee
In sintesi per l’Eurozona si porranno tre ordini di problemi. Il primo è un problema di “governance” dell’Eurozona e riguarda la questione di chi negozierà con il governo greco.
Secondo le regole, dovrebbero negoziare le istituzioni comuni (Bce e Commissione in primis) sulla base di posizioni condivise. Le prime prese di posizioni pubbliche sembrano indicare che ancora una volta Berlino (unica capitale ad essersi pronunciata sull’argomento) tenda a proporsi come effettivo interlocutore di Atene.
Sarebbe un errore gravissimo lasciare alla Germania l’esclusiva del negoziato; e sarebbe bene che anche gli altri paesi membri dell’Eurozona (tra l’altro ugualmente creditori della Grecia) facessero sentire la loro voce, anche perché la posta in gioco va oltre il caso della Grecia.
Il secondo problema riguarda il contenuto della risposta da dare alle richieste di Atene. Difficile essere precisi su questo aspetto finché non si conosceranno con precisione queste richieste.
Ma forse si potrebbe cominciare a riflettere su soluzioni che evitino sia inutili dogmatismi (del tipo “gli accordi vanno rispettati a qualsiasi costo”), sia misure impraticabili perché eccessivamente onerose per i creditori (in quanto collegate a ipotesi di cancellazione anche parziale del debito greco).
Tra i due estremi dovrebbe essere possibile definire una qualche forma di riscadenzamento di una parte del debito, in cambio del mantenimento (verificabile) degli impegni assunti in materia di riforme.
Infine la terza sfida (quella più difficile) che si porrà per l’Ue e l’Eurozona è quella del collegamento fra la soluzione del caso della Grecia e la questione di un ripensamento di carattere più generale sulla strategia comune fin qui seguita per uscire dalla crisi con una combinazione di misure di consolidamento di bilancio (tutto sommato efficaci) e riforme strutturali (meno efficaci perché affidate prevalentemente alla buona volontà dei singoli Governi nazionali).
Misure di consolidamento di bilancio da ripensare
Molti (soprattutto nel Nord Europa) negheranno questo collegamento e faranno il possibile per isolare il caso greco. Ritengo invece che la discussione sulle richieste del nuovo Governo greco possa essere un buona occasione per ridiscutere una strategia unicamente concentrata sul consolidamento fiscale, nella consapevolezza che questa linea, che ha funzionato rispetto all’obiettivo di evitare il collasso della moneta comune, ma lascia irrisolto il problema dei debiti sovrani eccessivi e costringe l’Eurozona a navigare a vista tra bassa crescita e deflazione.
Insomma il caso della Grecia, ancora una volta, metterà alla prova le capacità di reazione e di visione dell’Eurozona. È davvero eccessivamente ottimistico sperare che possa essere un’occasione per definire una strategia condivisa e credibile per riportare l’Europa su un percorso di crescita coerente con una gestione responsabile del debito sovrano?
Ferdinando Nelli Feroci è presidente dello IAI.
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Trattative sul debito greco
Le incertezze e le speculazioni sono motivate dai sondaggi, secondo cui la maggioranza relativa dei voti degli elettori greci andrebbe a Syriza, il partito guidato da Alexis Tsipras, che aveva in passato proposto un’uscita della Grecia dall’Euro, e che oggi ha nella sua piattaforma elettorale, non più l’abbandono dell’Euro, ma una richiesta di rinegoziazione del debito pubblico greco.
È presto per valutare quali saranno in concreto le richieste precise ed articolate che il futuro governo di Atene (necessariamente di coalizione) avanzerà ai partner dell’Eurozona. Ma è comunque verosimile ipotizzare che fra queste figurerà una qualche forma di ristrutturazione/riscadenzamento del debito greco.
Il programma elettorale di Syriza prevede una soluzione fondata su una combinazione di una parziale cancellazione di una quota del debito sovrano greco (oggi detenuto per l’80% da istituzioni pubbliche europee) con una clausola che collegherebbe il rimborso della quota rimanente al raggiungimento di un certo livello di crescita del Pil.
Altri economisti vicini a Syriza hanno proposto soluzioni ancora più radicali, che prevedono la conversione di tutto il debito greco, ancora “outstanding”, in un titolo sovrano senza scadenza prefissata, il cui rimborso inizierebbe al verificarsi di determinati ritmi di crescita del Pil greco.
È probabile che si tratti di proposte avanzate in parte in funzione elettorale, e in parte in funzione tattica, per preparare il terreno in vista del negoziato con i partner europei. Ma sarebbe un errore ritenere che, una volta al governo Tsipras, manterrà una linea di continuità con il governo Samaras, e rinuncerà a porre il problema del debito greco rimettendo in discussione la linea sinora seguita.
Anche perché il mix di misure di consolidamento fiscale e radicali riforme strutturali, in cambio dell’assistenza finora messa a disposizione da Banca centrale europea, Bce, Esm (e in parte dagli Stati membri dell’Eurozona), non ha consentito finora alla Grecia di tornare a crescere e soprattutto di tornare sui mercati per finanziare il proprio debito pubblico.
Mercati finanziari in fibrillazione
In altre parole sembra inevitabile che il “dopo elezioni” in Grecia porrà una serie di problemi alle istituzioni dell’Eurozona:
a) definire una risposta credibile e sostenibile ad un Governo liberamente e democraticamente eletto, senza rimettere in discussione gli aspetti essenziali degli accordi esistenti;
b) rendere compatibile il rispetto del voto popolare in Grecia con le esigenze di una “governance” complessa come quella dell’Eurozona;
c) affrontare più in generale la questione della sostenibilità di debiti sovrani eccessivi in un contesto di recessione e deflazione.
Se si aggiunge a tutto questo la circostanza che la Bce dovrebbe decidere su interventi di “quantitative easing” nella riunione del Board che precederà di soli tre giorni le elezioni in Grecia, si comprendono agevolmente le fibrillazioni dei mercati finanziari di questi giorni; le indiscrezioni su scenari di uscita della Grecia dall’Euro, e le smentite delle fonti ufficiali sull’esistenza di “piani B”.
Sfide europee
In sintesi per l’Eurozona si porranno tre ordini di problemi. Il primo è un problema di “governance” dell’Eurozona e riguarda la questione di chi negozierà con il governo greco.
Secondo le regole, dovrebbero negoziare le istituzioni comuni (Bce e Commissione in primis) sulla base di posizioni condivise. Le prime prese di posizioni pubbliche sembrano indicare che ancora una volta Berlino (unica capitale ad essersi pronunciata sull’argomento) tenda a proporsi come effettivo interlocutore di Atene.
Sarebbe un errore gravissimo lasciare alla Germania l’esclusiva del negoziato; e sarebbe bene che anche gli altri paesi membri dell’Eurozona (tra l’altro ugualmente creditori della Grecia) facessero sentire la loro voce, anche perché la posta in gioco va oltre il caso della Grecia.
Il secondo problema riguarda il contenuto della risposta da dare alle richieste di Atene. Difficile essere precisi su questo aspetto finché non si conosceranno con precisione queste richieste.
Ma forse si potrebbe cominciare a riflettere su soluzioni che evitino sia inutili dogmatismi (del tipo “gli accordi vanno rispettati a qualsiasi costo”), sia misure impraticabili perché eccessivamente onerose per i creditori (in quanto collegate a ipotesi di cancellazione anche parziale del debito greco).
Tra i due estremi dovrebbe essere possibile definire una qualche forma di riscadenzamento di una parte del debito, in cambio del mantenimento (verificabile) degli impegni assunti in materia di riforme.
Infine la terza sfida (quella più difficile) che si porrà per l’Ue e l’Eurozona è quella del collegamento fra la soluzione del caso della Grecia e la questione di un ripensamento di carattere più generale sulla strategia comune fin qui seguita per uscire dalla crisi con una combinazione di misure di consolidamento di bilancio (tutto sommato efficaci) e riforme strutturali (meno efficaci perché affidate prevalentemente alla buona volontà dei singoli Governi nazionali).
Misure di consolidamento di bilancio da ripensare
Molti (soprattutto nel Nord Europa) negheranno questo collegamento e faranno il possibile per isolare il caso greco. Ritengo invece che la discussione sulle richieste del nuovo Governo greco possa essere un buona occasione per ridiscutere una strategia unicamente concentrata sul consolidamento fiscale, nella consapevolezza che questa linea, che ha funzionato rispetto all’obiettivo di evitare il collasso della moneta comune, ma lascia irrisolto il problema dei debiti sovrani eccessivi e costringe l’Eurozona a navigare a vista tra bassa crescita e deflazione.
Insomma il caso della Grecia, ancora una volta, metterà alla prova le capacità di reazione e di visione dell’Eurozona. È davvero eccessivamente ottimistico sperare che possa essere un’occasione per definire una strategia condivisa e credibile per riportare l’Europa su un percorso di crescita coerente con una gestione responsabile del debito sovrano?
Ferdinando Nelli Feroci è presidente dello IAI.
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