Europa Schengen e la difesa dalle minacce del terrorismo Giuseppe Licastro 18/01/2015 |
Le preoccupazioni scaturite dagli attentati di Parigi hanno suscitato diverse reazioni riguardo alle misure da adottare per difendersi dalle minacce di possibili azioni terroristiche.
Il “dibattito” (ancora una volta) si sta concentrando prevalentemente sull’opportunità di modificare l’attuale regime concernente la gestione e il controllo dello spazio Schengen nonché di attivare il “meccanismo” che consente di ripristinare (secondo alcuni stati opportunamente) il controllo di frontiera alla frontiera interna.
Controllare le frontiere interne
La possibilità di ripristinare immediatamente detto “meccanismo” appare una misura concretamente praticabile: occorre opportunamente evidenziare che recentemente il Regolamento (Ue) n. 1051/2013 ha apportato modifiche rectius perfezionando ulteriormente le condizioni e le procedure per ripristinare i controlli alle frontiere interne in circostanze ritenute eccezionali (v., particolarmente, l’art. 25 del citato regolamento).
Queste procedure erano già state regolate (sempre all’art. 25) dal Regolamento (CE) n. 562/2006 istitutivo del codice frontiere Schengen, ossia un testo teso appunto “a stabilire un effettivo ‘Codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone’”.
Il testo del suddetto Regolamento consta di due parti: una dedicata al controllo delle frontiere esterne (v. titolo II) e l’altra sulle frontiere interne (v. titolo III) (cfr. la corposa proposta doc. COM(2004) 391 definitivo, del 26 maggio 2004, p. 4 ss.).
Questo codice infatti aveva (anche) abrogato - ossia sostituito con le pertinenti disposizioni ivi contemplate - la procedura (all’epoca) stabilita ai sensi dell’art. 2, par. 2 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen dal documento SCH/I (95) 40, 6° rev. approvato dalla decisione SCH/Com-ex (95) 20, 2° rev. (cfr. Guce n. L 239 del 22 settembre 2000, rispettivamente, p. 134 e p. 133) del Comitato esecutivo del 20 dicembre 1995.
Ripristinare i controlli lungo le frontiere interne potrebbe però vanificare il significato stesso di un principio espressione di un certo senso di affidamento, il principio di solidarietà, che incide nell’ambito della corretta gestione integrata delle frontiere.
Il catalogo Schengen (Ue), concernente anche i controlli alle frontiere esterne, che contiene raccomandazioni e migliori pratiche (del 19 marzo 2009) “rammenta” proprio nell’incipit della prima parte dedicata ai controlli alle frontiere esterne, segnatamente nel contesto della disamina del concetto di Gestione integrata delle frontiere (Gif), concetto fondamentale nel processo di integrazione europea in questo delicato e complesso settore, che “nell’attuazione della gestione delle frontiere, occorrerebbe tener presente che gli Stati membri effettuano controlli alle loro frontiere esterne per se stessi, ma anche, allo stesso tempo, per gli altri Stati membri Schengen” (cfr. p. 8).
Collaborare contro la criminalità transfrontaliera
Occorrerebbe, invece, privilegiare in questo momento di particolare allarme l’attività di “individuazione e investigazione della criminalità transfrontaliera” (intesa in senso piuttosto ampio) nonché di “cooperazione tra servizi preposti alla gestione delle frontiere”.
Più in particolare, occorrerebbe quindi avviare, nell’ambito delle suddette attività che rientrano appunto nel quadro di determinati “elementi” considerati “elementi chiave della corretta applicazione della gestione integrata delle frontiere” sempre dal succitato catalogo Schengen (Ue) (ivi, p. 8 ss.), l’istituzione di peculiari forme di cooperazione mirate, al fine di garantire proprio la “sicurezza interna degli Stati membri”, mediante lo scambio di informazioni (“opportunità” espressamente esplicitata all’art. 16, par. 1 del codice; il testo qui).
Questo potrebbe costituire non solo una valida fase iniziale di “orientamento” della cooperazione tra gli Stati membri, ma anche lanciare un chiaro segnale di coesione.
Giuseppe Licastro è Dottore in giurisprudenza (profilo consultabile qui).
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Controllare le frontiere interne
La possibilità di ripristinare immediatamente detto “meccanismo” appare una misura concretamente praticabile: occorre opportunamente evidenziare che recentemente il Regolamento (Ue) n. 1051/2013 ha apportato modifiche rectius perfezionando ulteriormente le condizioni e le procedure per ripristinare i controlli alle frontiere interne in circostanze ritenute eccezionali (v., particolarmente, l’art. 25 del citato regolamento).
Queste procedure erano già state regolate (sempre all’art. 25) dal Regolamento (CE) n. 562/2006 istitutivo del codice frontiere Schengen, ossia un testo teso appunto “a stabilire un effettivo ‘Codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone’”.
Il testo del suddetto Regolamento consta di due parti: una dedicata al controllo delle frontiere esterne (v. titolo II) e l’altra sulle frontiere interne (v. titolo III) (cfr. la corposa proposta doc. COM(2004) 391 definitivo, del 26 maggio 2004, p. 4 ss.).
Questo codice infatti aveva (anche) abrogato - ossia sostituito con le pertinenti disposizioni ivi contemplate - la procedura (all’epoca) stabilita ai sensi dell’art. 2, par. 2 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen dal documento SCH/I (95) 40, 6° rev. approvato dalla decisione SCH/Com-ex (95) 20, 2° rev. (cfr. Guce n. L 239 del 22 settembre 2000, rispettivamente, p. 134 e p. 133) del Comitato esecutivo del 20 dicembre 1995.
Ripristinare i controlli lungo le frontiere interne potrebbe però vanificare il significato stesso di un principio espressione di un certo senso di affidamento, il principio di solidarietà, che incide nell’ambito della corretta gestione integrata delle frontiere.
Il catalogo Schengen (Ue), concernente anche i controlli alle frontiere esterne, che contiene raccomandazioni e migliori pratiche (del 19 marzo 2009) “rammenta” proprio nell’incipit della prima parte dedicata ai controlli alle frontiere esterne, segnatamente nel contesto della disamina del concetto di Gestione integrata delle frontiere (Gif), concetto fondamentale nel processo di integrazione europea in questo delicato e complesso settore, che “nell’attuazione della gestione delle frontiere, occorrerebbe tener presente che gli Stati membri effettuano controlli alle loro frontiere esterne per se stessi, ma anche, allo stesso tempo, per gli altri Stati membri Schengen” (cfr. p. 8).
Collaborare contro la criminalità transfrontaliera
Occorrerebbe, invece, privilegiare in questo momento di particolare allarme l’attività di “individuazione e investigazione della criminalità transfrontaliera” (intesa in senso piuttosto ampio) nonché di “cooperazione tra servizi preposti alla gestione delle frontiere”.
Più in particolare, occorrerebbe quindi avviare, nell’ambito delle suddette attività che rientrano appunto nel quadro di determinati “elementi” considerati “elementi chiave della corretta applicazione della gestione integrata delle frontiere” sempre dal succitato catalogo Schengen (Ue) (ivi, p. 8 ss.), l’istituzione di peculiari forme di cooperazione mirate, al fine di garantire proprio la “sicurezza interna degli Stati membri”, mediante lo scambio di informazioni (“opportunità” espressamente esplicitata all’art. 16, par. 1 del codice; il testo qui).
Questo potrebbe costituire non solo una valida fase iniziale di “orientamento” della cooperazione tra gli Stati membri, ma anche lanciare un chiaro segnale di coesione.
Giuseppe Licastro è Dottore in giurisprudenza (profilo consultabile qui).
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