Forti della somiglianza tra la dinamica dell’agguato con quella di altre uccisioni generalmente ritenute responsabilità del presidente ceceno Ramzan Kadyrov, le indagini sul caso Nemtsov stanno orientandosi in tale direzione, ma in effetti sembrano soprattutto delineare un forte contrasto tra i servizi segreti russi del Fsb e il boss caucasico, verso il quale l’intelligence di Mosca, o almeno una buona parte di essa, ha un conto aperto.
Le similitudini con gli omicidi di Umar Israilov, Movladi Baisarov, Ruslan e Sulim Jamadaev, tutti rivali del Presidente della Cecenia e tutti, come Nemtsov, crivellati di colpi mentre si trovavano in strada, hanno spinto gli inquirenti russi ad imboccare la strada che porta a Grozny, come del resto gli investigatori del Skrf, il Comitato Investigativo di Russia (una sorta di Fbi), ma il forte sospetto è che questi ultimi siano stati spinti in tale direzione dai loro colleghi, eredi del vecchio Kgb.
L’inedito scenario troverebbe conferma nel fatto stesso che gli inquirenti russi hanno imboccato con decisione la pista cecena, dando subito l’impressione di cercare qualcosa che sapevano di trovare: politicamente, ciò potrebbe essere interpretato come un segnale verso Kadyrov, come a dirgli che sono finiti i tempi dell’impunità assoluta di cui lui e le sue milizie, i famigerati kadyrovtsy, hanno beneficiato per anni.
Lubjanka insofferente Nel Risiko dei conflitti caucasici, i kadyrovtsy e gli uomini delle forze di sicurezza e dei servizi russi combattono sullo stesso fronte, contro le milizie jihadiste e qaediste. Ma non è più un mistero che quel fronte comune antiterrorismo sia percorso, già da tempo, da molti dissensi.
Già nel 2013, infatti, alcuni ufficiali del Fsb iniziarono uno sciopero della fame contro la mancata incriminazione di tre poliziotti ceceni, accusati di aver rapito e torturato un cittadino russo: in nome della stabilizzazione della Cecenia e del conseguente rafforzamento dell’assolutismo di Kadyrov voluto dal Cremlino, alla Lubjanka (la storica sede dei servizi russi) hanno dovuto ingoiare parecchi rospi.
Per un lungo periodo, i kadyrovtsy hanno potuto fare quel che volevano, nella più sicura impunità: ecco perchè il Fsb adesso ha interesse a ridimensionare Kadyrov, cominciando a colpire la base della sua “Piramide di Potere”, ovvero i suoi uomini.
La vicenda di Boris Nemtsov, l’esponente liberale russo ucciso al centro di Mosca la sera del 27 febbraio scorso, sembra così essere sfruttata come una pedina nel corso di una guerra che parte da lontano.
Pochi giorni prima dell’omicidio dell’esponente liberale, si era già verificato un episodio anomalo: in Dagestan, altro tassello pericolante del complesso mosaico caucasico, un tribunale aveva condannato rispettivamente a 9 e 12 anni di reclusione due ceceni accusati di aver progettato l’assassinio di Saigidpasha Umakhanov, sindaco di Khasavyurt, terza città della repubblica autonoma. Non poco, in una regione dove gli omicidi politici di matrice cecena fino a ieri restavano di solito impuniti.
Cambio della guardia in vista? Se i servizi segreti stanno riconquistando peso nella vicenda cecena e se Kadyrov è diventato improvvisamente ingombrante per il Cremlino, possiamo dunque ricollegare ciò ad una precisa strategia volta ad una sua prossima defenestrazione? È presto per dirlo e comunque, al momento, non si intravede all’orizzonte alcun cambio della guardia a Grozny.
La ragione è semplice: Kadyrov è ancora l’uomo che può garantire l’ordine in Cecenia. Mosca questo lo sa bene, e sa pure che un cambio “controllato” di regime sarebbe una manovra ad alto rischio: quello ceceno è storicamente un contesto formato da clan, che cercherebbero in tutti i modi di colmare il vuoto di potere lasciato dal leader caucasico.
In breve, la Cecenia tornerebbe indietro di vent’anni, stravolta da violenze, vendette e ritorsioni tra le varie bande, ognuna con a capo il suo signore della guerra.
A meno che non sia lo stesso Kadyrov a diventare così incontrollabile da far prevalere a Mosca la linea della deposizione, sostenuta forse dalla Lubjanka ma apparentemente non ancora dal Cremlino.
Ciò che inquieta il Fsb è proprio la tanto sbandierata fedeltà di Kadyrov alla Russia, in realtà costata a Mosca fior di quattrini per avergli “appaltato il lavoro sporco” dellanormalizzazione di un territorio conteso tra bande di jihadisti, mafiosi e trafficanti vari: uno che si è venduto per soldi e potere - è il timore degli agenti russi - può farlo di nuovo e al miglior offerente, specie se vede che il terreno sotto i suoi piedi comincia a franare.
E l’entrata in gioco di un “miglior offerente”, consapevole del ruolo strategico della Cecenia sugli equilibri energetici del Caucaso, potrebbe non essere solo un’ipotesi. Pochi giorni dopo la strage alla redazione di Charlie Hebdo, Kadyrov ha organizzato un’oceanica manifestazione pro-Islam e contro le vignette pubblicate dalla rivista satirica francese: tale improvvisa vocazione religiosa del leader ceceno autorizza a pensare che qualcuno possa aver già bussato alle porte di Grozny.
Alessandro Ronga è giornalista e collaboratore del settimanale "Il Punto".
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