Le recenti elezioni amministrative in Francia e Spagna sono state viste come un nuovo momento di scontro tra forze filoeuropee ed euroscettiche. E, stando ai risultati, i partiti anti-europei in quei due Paesi sono lontani dal prevalere.
L’effettiva portata dell’ondata euroscettica era già chiara dai risultati delle elezioni al Parlamento europeo, quando i partiti contrari o critici sul progetto di integrazione hanno raccolto 140 seggi su 751.
Ma se nell’Assemblea di Strasburgo gli euroscettici hanno ancora un ruolo marginale, la loro ondata ha invece preso il sopravvento in Grecia, dove, il 25 gennaio, Syriza, il partito di sinistra radicale di Alexis Tsipras, ha vinto le elezioni con il 36,34% dei voti.
Francia: Sarkozy torna e fa meglio della Le Pen In Francia, le elezioni amministrative del 22 e 29 marzo hanno vistol'Unione per un Movimento popolare (Ump), il partito di centro-destra guidato dall’ex presidente Nicolas Sarkozy, superare il Front National (Fn) anche grazie a un ulteriore spostamento ‘a destra’ del programma elettorale, in particolare su alcune questioni rilevanti come l’immigrazione.
Malgrado i risultati incoraggianti ottenuti nel primo turno (25,19% dei voti), alla fine il Front National guidato da Marine le Pen non è stato in grado di conquistare la vittoria in nessun Dipartimento, ottenendo solo 62 consiglieri provinciali. Un numero certamente modesto, anche se rappresenta un risultato senza precedenti per il partito anti-immigrazione e anti-Unione.
Il Fn consolida il proprio ruolo politico e rafforza la propria legittimità in vista delle elezioni regionali di fine anno e delle presidenziali 2017. Esce sconfitto il Partito socialista guidato dal presidente François Hollande, che mantiene la maggioranza solo nel sud-ovest del Paese.
Spagna: i socialisti tengono, Podemos non sfonda Se la svolta elettorale a destra viene attribuita in Francia alla pesante crisi economica, analoga tendenza non si manifesta in Spagna. Le elezioni del Parlamento andaluso hanno visto la vittoria del Partito Socialista Spagnolo (Psoe), che guida la regione da 33 anni e dal 2012 gestisce un governo di coalizione.
Diversamente dalla Francia, il partito di centro destra, Partido Popular (PP), che nel 2012 aveva ottenuto la maggioranza come singolo partito (40,6%), è uscito battuto, con soloil 26,7% dei voti. E anche in Andalusia la rivolta euroscettica non s’è materializzata.
Nonostante in un sondaggio pubblicato il 9 marzo El Pais indicasse il partito euro critico Podemos come possibile vincitore, i 6,5 milioni di votanti della regione hanno deciso il contrario. Podemos ha comunque ottenuto il 15% dei voti (15 seggi) imponendosi come terza forza e innescando la fine del bipolarismo spagnolo.
Così, se il risultato andaluso non sconvolge la scena politica nazionale, certamente provoca un duro scossone al sistema partitico tradizionale, in vista sia delle politiche di novembre che delle amministrative di maggio, quando si voterà in altre 13 comunità autonome.
Europa: svanito il consenso generalizzato Se l’ondata euroscettica non s’è ancora abbattuta sui Parlamenti nazionali di Francia e Spagna (e forse non si abbatterà mai), non bisogna però sottovalutare i segnali di insofferenza da parte dei cittadini. I risultati elettorali francese e andaluso evidenziano una parziale perdita di consenso dei partiti tradizionali, legata soprattutto ad un diffuso malessere sociale, e la fine del consenso generalizzato verso il progetto d’integrazione europea.
Certamente il superamento della crisi aumenterà il favore verso l’Ue. Ma, con una crescita del Pil pari a 0 nel 2013 e a 1,4 nel 2014, la recessione dell’eurozona non è di sicuro ancora un ricordo.
In questo contesto, il sostegno ricevuto dai partiti euroscettici, seppur contenuto e spesso legato ad una logica populista, non deve essere sottovalutato. I risultati conseguiti non possono infatti essere liquidati come un mero flop, perché segnano comunque un rafforzamento istituzionale delle forze anti-europee nelle arene nazionali.
Eleonora Poli è ricercatrice dello IAI.
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