Italia-Russia Renzi a Mosca, per il rilancio del ruolo italiano Andrea Carteny 09/03/2015 |
Gli osservatori sono concordi nel considerare la visita del presidente del consiglio Matteo Renzi a Mosca del 5 marzo come un chiaro tentativo di rilanciare il ruolo internazionale dell’Italia.
Naturalmente lo stile e il protagonismo di Renzi caratterizza questa operazione “tattica” con valenze strategiche su diversi scenari, da quello ucraino, a quello mediorientale a quello mediterraneo.
L’Italia tra Ucraina e Russia
Il viaggio del capo del governo italiano si è articolato in una sequenza diplomaticamente ineccepibile: la tappa a Kiev e l’incontro con il presidente ucraino Petro Poroshenko, a cui ha assicurato il sostegno italiano ed europeo, l’arrivo a Mosca e la visita al luogo dell’assassinio dell’oppositore del regime putiniano Boris Nemtsov. Quindi l’incontro con capo del governo della Federazione Russa Dmitrij Medvedev e con il presidente Vladimir Putin
Il viaggio del leader italiano viene riportato dagli stessi organi di stampa russi come una visita per “rompere l’isolamento” di Mosca: tale visione è funzionale al regime di Putin, per dimostrare la validità delle posizioni russe sulla questione ucraina, ma anche al governo Renzi, che dimostra di giocare il ruolo di tradizionale mediatore che Roma svolge nelle tensioni Est-Ovest.
L’Italia di Romano Prodi, poi di Silvio Berlusconi, quindi a seguire di Monti e Letta hanno mantenuto un rapporto bilaterale privilegiato con la Russia di Putin, quale fattore di garanzia per la difesa dei cosiddetti interessi nazionali “permanenti” dell’Italia post-guerra fredda, non solo in ambito di sicurezza, ma anche energetico e commerciale.
Da quest’ultimo punto di vista il mercato russo infatti ha un valore di 10 miliardi di euro per le esportazioni italiane (è la cifra del 2013), ridottosi del 12% l’anno scorso non solo a causa delle controsanzioni russe (che hanno colpito consistentemente le vendite italiane di prodotti alimentari), ma anche della crisi finanziaria e della svalutazione del rublo, conseguenza delle sanzioni occidentali.
Non a caso di primo mattino Renzi incontrava a porte chiuse presso l’ambasciata italiana oltre cento imprese, a cui ricordava che - nonostante le sanzioni - l’Italia rimane il quarto partner commerciale e da questa visita a Mosca le imprese italiane riportano a casa accordi in ambito aeronautico-spaziale (jet, elicotteri, satelliti) e energetico-industriale.
In questo contesto la diplomazia italiana tende a valorizzare i fattori positivi dell’accordo di Minsk, del 12 febbraio scorso, sul conflitto in Ucraina orientale, dove gli scontri pesanti si sono fermati e lo scambio di priogionieri ha permesso di riavviare un sottile filo di dialogo tra le parti in campo.
Sapendo che uno dei nodi più difficili del negoziato riguarderà l’autonomia delle regioni filo-russe, il leader italiano ha citato una best practice italiana: quella dell’autonomia dell’Alto Adige.
D’altro lato il leader russo ha sottolineato il particolare feeling della Russia con l’Italia menzionando il fondo paritetico da 1 miliardo di dollari che Roma e Mosca hanno messo a disposizione (in realtà fin dal governo Letta) per investimenti comuni.
L’Italia vorrebbe più Russia nel Mediterraneo
Roma, d’altronde, aveva un ottimo alibi per rilanciare in questo momento il ruolo di Mosca a livello internazionale, almeno a livello di Mediterraneo e Medioriente.
L’emergenza terrorismo, insieme con la crisi umanitaria delle migliaia di migranti in continuo tentativo di sbarco in Italia e con l’avanzata del cosiddetto Stato Islamico in Libia (territori “prossimi” e di interesse strategico per l’Italia), hanno convinto il governo italiano della necessità di trovare alleati in ambito Onu.
Qui Mosca continua ad essere protagonista di qualsivoglia azione internazionale: considerando la delicatezza dello scenario libico (dove francesi e inglesi hanno dimostrato, al tempo dell’attacco al regime di Gheddafi, di giocare una partita in competizione con l’Italia), la Russia di Putin può svolgere un ruolo diretto sia in supporto di potenze regionali implicate nella crisi (in primis l’Egitto del generale Al Sisi), sia di maggiore coinvolgimento per la stabilità del “grande medioriente” (contro lo Stato Islamico, in Siria e Iraq, e per la trattativa sul nucleare iraniano).
La partita che Roma deve giocare al Palazzo di vetro passa quindi per Mosca, oltre che per Washington, Parigi, Londra o Pechino: l’invito (accettato) di Renzi a Putin per l’Expo di Milano il 10 giugno è il segnale che la “partnership privilegiata” tra Russia e Italia può tornare a funzionare davvero, sia per il business sia per la sicurezza del Mediterraneo.
Andrea Carteny è docente di Storia dell'Eurasia presso la Sapienza Università di Roma.
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L’Italia tra Ucraina e Russia
Il viaggio del capo del governo italiano si è articolato in una sequenza diplomaticamente ineccepibile: la tappa a Kiev e l’incontro con il presidente ucraino Petro Poroshenko, a cui ha assicurato il sostegno italiano ed europeo, l’arrivo a Mosca e la visita al luogo dell’assassinio dell’oppositore del regime putiniano Boris Nemtsov. Quindi l’incontro con capo del governo della Federazione Russa Dmitrij Medvedev e con il presidente Vladimir Putin
Il viaggio del leader italiano viene riportato dagli stessi organi di stampa russi come una visita per “rompere l’isolamento” di Mosca: tale visione è funzionale al regime di Putin, per dimostrare la validità delle posizioni russe sulla questione ucraina, ma anche al governo Renzi, che dimostra di giocare il ruolo di tradizionale mediatore che Roma svolge nelle tensioni Est-Ovest.
L’Italia di Romano Prodi, poi di Silvio Berlusconi, quindi a seguire di Monti e Letta hanno mantenuto un rapporto bilaterale privilegiato con la Russia di Putin, quale fattore di garanzia per la difesa dei cosiddetti interessi nazionali “permanenti” dell’Italia post-guerra fredda, non solo in ambito di sicurezza, ma anche energetico e commerciale.
Da quest’ultimo punto di vista il mercato russo infatti ha un valore di 10 miliardi di euro per le esportazioni italiane (è la cifra del 2013), ridottosi del 12% l’anno scorso non solo a causa delle controsanzioni russe (che hanno colpito consistentemente le vendite italiane di prodotti alimentari), ma anche della crisi finanziaria e della svalutazione del rublo, conseguenza delle sanzioni occidentali.
Non a caso di primo mattino Renzi incontrava a porte chiuse presso l’ambasciata italiana oltre cento imprese, a cui ricordava che - nonostante le sanzioni - l’Italia rimane il quarto partner commerciale e da questa visita a Mosca le imprese italiane riportano a casa accordi in ambito aeronautico-spaziale (jet, elicotteri, satelliti) e energetico-industriale.
In questo contesto la diplomazia italiana tende a valorizzare i fattori positivi dell’accordo di Minsk, del 12 febbraio scorso, sul conflitto in Ucraina orientale, dove gli scontri pesanti si sono fermati e lo scambio di priogionieri ha permesso di riavviare un sottile filo di dialogo tra le parti in campo.
Sapendo che uno dei nodi più difficili del negoziato riguarderà l’autonomia delle regioni filo-russe, il leader italiano ha citato una best practice italiana: quella dell’autonomia dell’Alto Adige.
D’altro lato il leader russo ha sottolineato il particolare feeling della Russia con l’Italia menzionando il fondo paritetico da 1 miliardo di dollari che Roma e Mosca hanno messo a disposizione (in realtà fin dal governo Letta) per investimenti comuni.
L’Italia vorrebbe più Russia nel Mediterraneo
Roma, d’altronde, aveva un ottimo alibi per rilanciare in questo momento il ruolo di Mosca a livello internazionale, almeno a livello di Mediterraneo e Medioriente.
L’emergenza terrorismo, insieme con la crisi umanitaria delle migliaia di migranti in continuo tentativo di sbarco in Italia e con l’avanzata del cosiddetto Stato Islamico in Libia (territori “prossimi” e di interesse strategico per l’Italia), hanno convinto il governo italiano della necessità di trovare alleati in ambito Onu.
Qui Mosca continua ad essere protagonista di qualsivoglia azione internazionale: considerando la delicatezza dello scenario libico (dove francesi e inglesi hanno dimostrato, al tempo dell’attacco al regime di Gheddafi, di giocare una partita in competizione con l’Italia), la Russia di Putin può svolgere un ruolo diretto sia in supporto di potenze regionali implicate nella crisi (in primis l’Egitto del generale Al Sisi), sia di maggiore coinvolgimento per la stabilità del “grande medioriente” (contro lo Stato Islamico, in Siria e Iraq, e per la trattativa sul nucleare iraniano).
La partita che Roma deve giocare al Palazzo di vetro passa quindi per Mosca, oltre che per Washington, Parigi, Londra o Pechino: l’invito (accettato) di Renzi a Putin per l’Expo di Milano il 10 giugno è il segnale che la “partnership privilegiata” tra Russia e Italia può tornare a funzionare davvero, sia per il business sia per la sicurezza del Mediterraneo.
Andrea Carteny è docente di Storia dell'Eurasia presso la Sapienza Università di Roma.
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