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Metodo di Ricerca ed analisi adottato

Medoto di ricerca ed analisi adottato
Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

venerdì 20 febbraio 2015

Ucraina: Lo scenario Ucraino e i conflitti congelati del Caucaso: imparare dal passato per analizzare il presente.

 di FEDERICO SALVATI
(federicoslvt@gmail.com)

Prima di dire qualunque cosa è doveroso fare una premessa. Dall'inizio della crisi in Crimea e nel Dombass molti dei mie conoscenti sapendo il mio coinvolgimento e il mio interesse per i conflitti dell'area post sovietica mi hanno chiesto: “cosa ne pensi dell'Ucraina, come finirà?”. La mia riposta standard a questa domanda, con tono provocatorio, è sempre stata: “l'Ucraina finirà come L'Ucraina ne più ne meno”.  Il significato di questa sciocca tautologia è presto detto: nonostante i conflitti post sovietici abbiano tutti una sottile sottotrama comune, ognuno di loro rappresenta un caso unico. 

Nell'analisi di ogni conflitto c'è sempre bisogno di adattare le categorie teoriche al caso specifico. Si deve cercare ad ogni costo di non essere prevenuti riguardo agli avvenimenti ed evitare ogni inferenza che non sia fondata su basi argomentative stabili. In caso contrario alto è il rischio di una visione puramente teorica e non aderente alla realtà. Se questo da una parte rappresenta un must nell'analisi dei conflitti (non solo post-sovietici) dall'altra, l'accumulazione empirica di dati ci permette di creare delle categorie cognitive che tendono a rendere la realtà più intellegibile e ci permettono rendere le nostre previsioni più realistiche.
 Cosa ci suggerisce l'esperienza analitica passata riguardo al conflitto ucraino? 
Quale sarà il destino di questo scenario?

Cominciamo ad affrontare la questione dal punto di vista russo.

LA PROSPETTIVA RUSSA
A patire dai primi anni 90 dello scorso secolo Mosca è sempre stata coinvolta nei conflitti dell'area post sovietica. Guardando allo scenario nel suo insieme le somiglianze con i singoli casi sono numerose ma uno tra tutti risalta più degli altri: quello del sud Ossezia Agosto 2008. I commentatori che hanno fin qui dato la loro opinione sull'argomento ucraino hanno esposto come maggiori motivazioni dell'attacco russo:
1 Il soffocamento di Mosca da parte della NATO
2 L'assenza di un regime politico amico in Ucraina che garantisse sicurezza
3 L'importanza strategica dei territori occupati (e in particolare della Crimea)
Tali questioni erano già state sollevate a loro tempo nel caso della Georgia e da questo punto di vista stiamo rivivendo una realtà che abbiamo già visto. Anche le pratiche di “passaportizzazione” all'interno dei territori occupati sono un altro aspetto in comune, così come lo è l'appello alla prevenzione di genocidio e alla Responsabilità a Proteggere da parte di Mosca per giustificare l'intervento. Ci fa notare Jeffry Mankoff, però, che questo conflitto ha un elemento di grande innovazione che non era mai comparso prima: l'annessione territoriale. Se l'obbiettivo in questa situazione per Mosca fosse stato solo la destabilizzazione del paese, la presa di possesso di un cuneo strategico nel territorio avversario e il ristabilimento della propria area d'influenza all'interno dell'area post sovietica, l'annessione risulta una scelta alquanto discutibile. Che cosa ha fatto scattare questa opzione che, è doveroso ricordare, è invocata dal Sud Ossezia ormai da un ventennio? Il primo assunto da accettare per capire la situazione è che Putin agisce in maniera razionale cercando di conseguire i propri obbiettivi strategici con tutti i mezzi a sua disposizione. La Crimea è uno spazio territoriale 36 volte più grande del Sud Ossetia che permette un buon un buon accesso al Mar Nero e di mantenere una posizione nel Mar di Azov. In Crimea è presente la base di Sevastopol che ha un valore non solo strategico ma anche simbolico per Mosca. La penisola inoltre rende possibile una migliore difesa dei confini trovandosi a 1.300 KM dalla capitale e praticamente al confine con il Caucaso russo. Secondo Sergei Markov (un commentatore russo legato al Cremlino) inoltre l'annessione non era l'opzione primaria.  Infatti questa sarebbe stata una reazione al rifiuto da parte dell'America delle condizioni di Mosca durante le prime negoziazioni. L'altra possibile spiegazione per l'annessione della Crimea è di carattere ideologico e politico. L'azione in un modo o nell'altro identificherà per sempre Putin per le generazioni a venire. Questa sarà l'evento per cui verrà maggiormente ricordato. L'intervento da questo punto di vista è in linea con i concetti politici su cui si basa l'amministrazione del presidente. È centrale comprendere che il grande progetto di Mosca è quello di lanciare sulla scena internazionale un polo russo che sia un alternativa ideologica e politica all'occidente post guerra fredda. Nel conseguire ciò egli rivendica il proprio diritto, a livello interno, di governare il paese secondo i principi della “democrazia sovrana” e a livello estero di seguire i propri interessi attraverso il conseguimento degli obiettivi strategici nella propria area d'influenza (quello che l'ex ministro degli esteri Sergjiev Lavrov aveva chiamato “Nazionalismo Pragmatico”). L'annessione sarebbe quindi la realizzazione pratica di una dottrina politica Putiniana risultato di una miscellanea di alcuni concetti provenienti dal neo-eurasiatismo di Durin e dal mondo multipolare di Prinakov.

LA PROSPETTIVA UCRAINA
Dal punto di vista Ucraino la situazione è altrettanto grave e complessa. Mentre per alcuni commentatori la Crimea era una tragedia annunciata per altri è stato uno shock. La situazione sociale in Ucraina era infatti nettamente diversa da quella dell'Ossetia, del Karabakh e anche della Transnistria. La minoranza Armena in Azerbaijan soffriva di un livello di emarginazione altissimo rispetto alla minoranza russa in Crimea. In Georgia le politiche di Gamsakhurdia avevano un chiaro intento di identificare le popolazioni non georgiane come “ospiti” sul territorio nazionale. In Ucraina la sensazione che c'era tra gli abitanti della Crimea e del Dombass era piuttosto di carattere localistico. La coscienza di essere una minoranza linguistica era piuttosto attenuata. Uno studio recentemente condotto a riguardo ha dimostrato come in questo paese il rapporto tra identità e provenienza linguistica non fosse così marcato come la tradizione geopolitica tende a far trasparire. Secondo Kiev un ruolo fondamentale nello scoppio degli scontri l'ha giocato la situazione economica. L'Ucraina tra i paesi dell'ex blocco sovietico è quello con il maggior numero di giovani con un diploma universitario. La buona educazione però non corrisponde allo stesso modo a opportunità concrete lavorative a causa della situazione sociale di corruzione e crisi economica. Questo ha generato un senso di frustrazione collettiva che si è propagata in maniera particolare nell'est del paese, sede dell'industria pensante ucraina e colonna portante dell'economia nazionale.
La priorità per Kiev in questo momento è di rinforzare la propria forza di difesa. Fino a qualche settimana fa infatti la penetrazione delle forze russe verso Odessa sembrava una realtà molto concreta. Questa operazione (denominata progetto “Novorassia”) avrebbe permesso a Mosca d'impadronirsi dell'altro obiettivo strategico di rilievo sulle coste del Mar Nero: il poro di Odessa. Il possesso di questa città gli avrebbe permesso non solo di controllare meglio l'accesso alla costa ma di congiungersi anche con i territori della Transnistria  e controllare completamente l'area russofona del paese. Al di la di ciò non è ancora chiaro quale sia la strategia d'ingaggio adottata dal governo nei confronti del problema.
Fino alla fine dell'anno scorso Kiev era ben decisa a seguire l'esempio di Tbilisi per quanto riguarda l'Ossetia e l'Abkhatia. Attraverso riforme e incentivi di carattere sociale ed economico, il governo sperava di convincere i separatisti a deporre le armi per ricongiungersi in una società più equa e prospera. Negli ultimi mesi la situazione si è fatta, però, più torbida. Kiev rifiuta ancora un approccio di tipo nazionalista e retorico, tipo quello che Baku ha adottato per il Karabakh. Tale impostazione in 20 anni di conflitto “congelato”  non ha portato nessun risultato concreto all'Azerbaijan se non l'inasprirsi delle tensioni e l'irrigidirsi delle posizioni negoziali. Una soluzione militare pura e semplice, sembrerebbe quindi da escludere in questo caso(visto anche l'esempio Georgiano del 2008).  Alcuni esponenti del mondo estremista hanno proposto un altra strategia. Kiev dovrebbe creare una linea di contatto, isolare le regioni occupate, fortificare la pressione politica sulla Russia e sospendere la somministrazione della spesa sociale per i territori occupati. Questo scenario è sicuramente più realistico rispetto al precedente ma di certo non più incoraggiante. La privazione sistematica delle risorse statali per i residenti delle regioni secessioniste è già partita. In questo caso l'Ucraina congelerebbe il conflitto. Si verrebbe a creare uno scenario simile  quello del Karabakh in cui le pressioni dalla Madre Patria avvicinano sempre di più le regioni secessioniste alla nuovo stato di accesso. La pressione politica ed economica su Mosca nel tempo potrebbe poi rivelarsi di dubbia efficacia. Chi conosce anche un minimo la cultura popolare russa sa che questa nazione ha insito il concetto di sacrificio e sofferenza della comunità. Una rinnovata pressione potrebbe avere un effetto contrario a quello desiderato fornendo a Putin il capitale sociale per realizzare i propri progetti.
Una scelta  più saggia sarebbe quella di riconoscere, come ha fatto la Georgia, i territori come temporaneamente occupati e provvedere ai bisogni dei residenti attraverso programmi economici e sociali nel tentativo di riportarli verso la madrepatria.
Fondamentale sarà il ruolo degli IDP nel futuro politico dello scenario. È vitale che il Governo di Kiev provveda ai bisogni sociali degli IDP che sono sul territorio nazionale e quelli ancora presenti nei territori occupati. Questi in futuro saranno la base sociale dell'autorità governativa per ristabilire la sovranità sul territorio e impostare la riconciliazione.

Conclusioni
In questo breve spazio non abbiamo potuto affrontare tutti i fattori della questione che sicuramente merita una trattazione più estesa. L'intervento Russo in Ucraina da un punto di vista storico può essere annoverato nella politica revisionista di questo paese, susseguente la conferenza di Monaco del 2007. Una risposta univoca e secca a quale sarà il destino dello scenario non esiste ma di certo dagli elementi esposti si possono trarre delle conclusioni. È chiaro che l'Ucraina si prepara ad una situazione prolungata di tensione. Il governo di Kiev spera di giocare con successo la carta delle riforme strutturali. Un'azione ben riuscita in questo senso gli permetterebbe da una parte d'ingaggiare le popolazioni delle regioni secessioniste e dall'altra di accaparrarsi definitivamente il sostegno della comunità occidentale. Le speranze di Kiev potrebbero però scontrarsi con un'amara verità. Per Mosca infatti congelare il conflitto per ora non sembra un'opzione valida. Per adesso non esiste una situazione di stallo militare, la Russia ha raggiunto tutti i suoi obiettivi strategici nel teatro e il favore della popolazione gli permette di conservare i territori annessi con facilità. Per queste ragioni oggi l'azione russa si concentra su attività di normalizzazione e di state-building, secondo il modello transdiniestro. Mosca a differenza di quanto ha fatto con il sud Ossetia non sembra voler gettare i territori occupati in un limbo giuridico tanto scomodo quanto incerto.


Concluderei citando un episodio che molto probabilmente è caduto nel dimenticatoio ma potrebbe essere esemplificativo per il caso ucraino. Nel 2008 Putin rivolgendosi a Bush durante consiglio Russia-Nato disse: “George, vedi, l'Ucraina non è uno stato sovrano”.  Dopo questa affermazione avrebbe poi aggiunto come la nazione rappresentava una costruzione artificiale e che la parte ovest sarebbe appartenuta al mondo europeo mentre la parte orientale invece sarebbe stata invece “Nostra”.

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