di
Federico Salvati
(federicosvl@gmail.com
La città
Kobuleti è una piccola cittadina sulle rive del mar nero a pochi Km da
Batumi. Il piano urbano è molto semplice. La strada principale, parallela al
lungomare, rappresenta il cuore del centro abitato. La popolazione per la
maggior parte vive in zone laterali a questa e non ci sono molte case che
affacciano direttamente sulla strada. La città è costituita da abitazioni
basse, dalla forma irregolare e dal tetto piatto. Man mano però che ci si
allontana dalla strada principale le case monofamiliari si trasformano in
palazzi di 5 o 6 piani in stie sovietico. Vicino la piazza centrale è situata
quella che sarebbe definita la “zona commerciale”. Il termine è comunque
completamente fuori luogo e non descrive la natura di questo quartiere. Sotto
dei portici molto spartani si accumula ogni genere di merce in maniera
apparentemente casuale. I commercianti più fortunati dispongono di un “basso” o
un anfratto in cui espongono a i passanti la mercanzia. Tutti gli altri invece
si arrangiano come possono con dei banchetti o delle casse, vendendo qualsiasi
cosa: dalle sigarette sfuse, alle candele votive, fino ai fazzoletti di carta.
Mentre camminiamo le persone ci guardano in maniera incuriosita denunciando di
non essere abituate a vedere molti stranieri. Noi d'altro canto da come ci
muoviamo, dai nostri vestiti e da come guardiamo ogni cosa in maniera
interessata, gridiamo “occidentali” da ogni poro della pelle.
Il progetto
Dopo 4 e mezza di autobus in cui, a causa del livello del nostro russo, la
conversazione con gli altri passeggeri non è stata particolarmente brillante,
arriviamo nel nostro albergo in cui trascorreremo i seguenti 8 giorni lavorando
tutti insieme sul nostro progetto di gruppo.
6 delegazioni provenienti
da
1Azerbaijan
2 armenia
3 georiga
4 turchia
5 moldavia
6 italia
durante questo lasso di
tempo avrebbero convissuto nello stesso luogo per studiare analisi del
conflitto e discutere su pianificazione e progettualità d'intervento.
Personalmente, visti i miei studi, la cosa che mi incuriosisce da subito è
vedere come le delegazioni azerbaijana e armena si relazioneranno tra di loro.
Per tutti e 8 i giorni però, contrariamente alle mie paure, i rapporti si
rivelano molto rilassati. I ragazzi, estrapolati dal loro contesto, tendono a
denazionalizzarsi e a impostare rapporti sociali in maniera diretta e schietta.
Aimè triste verità è che però quest'effetto, la maggior parte delle volte,
persiste solo per la durata della situazione in cui si trovano. Per lo più, i
soggetti una volta tornati al contesto di appartenenza riassumeranno i vecchi
comportamenti e perderanno il grado di empatia che aveva acquisito grazie alle
attività svolte. Da parte mia però mi vergogno un po' perchè sento che la mia
esperienza, parziale, in questi paese aveva dato vita (con l'aiuto dell'estesa
lettura delle analisi accademiche) ad una narrativa che tendeva a
depersonalizzare le relazioni legate all'appartenenza etnica e non avevo
considerato la capacità degli individui di adattarsi, avere pensiero critico e
spirito d'iniziativa.
Le attività procedono in
maniera fluida e ordinata.
La didattica viene
portata avanti in maniera circolare e non convenzionale. Si parla di cosa sono
i concetti di pace e guerra, la violenza e l'idea di conflitto. Il gruppo
condivide, analizza e sintetizza. Background accademici e culturali diversi tra
di loro offrono la possibilità di guardare le tematiche affrontate attraverso
prospettive che vanno dall'esperienza diretta a quella scientifico-matematica.
Nei giorni successivi l'attività si fa più pratica. I nostri trainers ci
coinvolgono in attività di negoziazione, competizione strategica e cooperazione
inter-gruppo. Le reazioni che si hanno nelle attività situazionali in cui siamo
posti varia da persona a persona. Alcuni hanno dei comportamenti esclusivi e
competitivi, altri sono sottomessi e passivi mentre atri ancora cercano di
costruire una cooperazione paritaria con i propri simili.
Nell'ultima parte
finalmente affrontiamo in maniera diretta i nostri problemi nazionali. Ognuno
parla della situazione interna al proprio paese. La tensione è palpabile,
soprattutto per quanto riguarda Armani, Turchia e Azerbaijan. L'italia cerca di
stemperare e portiamo l'esempio del Trentino, facendo in modo da mostrare una
narrativa alternativa, una convivenza che nonostante i suoi problemi, le sue
dimensioni di violenza e i sui errori non è sfociata in un eccidio o in un
conflitto sanguinoso.
L'ultimo giorno del
nostro progetto si conclude con una relazione generale sui temi teorici più
importanti (fatta dal sottoscritto) e un riepilogo delle analisi e delle
proposte di risoluzione riguardo a i vari scenari di conflitto.
È stato entusiasmante
vedere come la forza della cooperazione ci abbia portato a condividere queste esperienze
e ritorno in Italia soddisfatto e fiducioso per quanto riguarda il mio futuro e
quello dei ragazzi che hanno collaborato con me (con i quali ci siamo
ripromessi di portare avanti un'agenda comune per il prossimo futuro).
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