Elezioni Grecia: vittoria Syriza e trionfo compromesso Eleonora Poli 22/09/2015 |
Se i greci si aspettavano una vittoria elettorale di Syriza, il partito di sinistra radicale guidato da Alexis Tsipras, certamente nessuno ad Atene aveva previsto un tale margine.
Secondo i sondaggi, Syriza avrebbe dovuto trovarsi quasi a parità con Nuova Democrazia, la formazione di centro-destra. Invece, a otto mesi dalle precedenti elezioni, il partito di Tsypras si è nettamente imposto con il 35,5% dei suffragi.
Il voto ha decretato una netta sconfitta per Nuova Democrazia che, con il 28% delle preferenze e 75 seggi, resta il secondo partito. Terzo il gruppo radicale di estrema destra Alba Dorata, che ha ottenuto l’8% dei suffragi, 1,7 punti in più rispetto a gennaio.
Nonostante la vittoria inattesa nelle sue dimensioni, Syriza dovrà comunque accettare per governare diversi compromessi, sia sul piano politico che sul piano economico.
La coalizione con i nazionalisti e l’opportunismo politico
Dal punto di vista politico, sebbene il sistema elettorale ellenico preveda un bonus di 50 seggi al partito vincente, Syriza ha ottenuto solo 145 dei 300 seggi alla Camera, 4 in meno rispetto a gennaio. Per potere governare, il partito deve nuovamente coalizzarsi con Anel che, con il 3,7% delle preferenze, ha ottenuto 10 seggi.
L’alleanza si basa più su una convenienza politica che su posizioni affini. Anel è infatti un partito conservatore e nazionalista ma, come Syriza, è fortemente contrario a tagli della spesa pubblica e a politiche economiche neo-liberali.
Ciò nonostante, durante la precedente legislatura, dopo aver esaurito ogni opzione negoziale, entrambi i partiti si sono di fatto dimostrati favorevoli al compromesso con l’Unione europea e i creditori internazionali.
E fu proprio a causa dell’accettazione del terzo piano di salvataggio europeo del valore di 86 miliardi di euro, sostenuto da tutti i 13 membri di Anel e da 113 su 149 parlamentari di Syriza, oltre che dall’opposizione di centro-destra, che ad agosto il premier Tsipras, dopo aver tentato un rimpasto, sciolse il governo.
I risultati delle elezioni anticipate non permettono di prevedere cambiamenti strategici sul fronte europeo.
Infatti, per fare in modo che la Banca centrale europea (Bce) immetta denaro nell’economia greca, acquistando bond e ricapitalizzando le banche, il governo dovrà soddisfare le aspettative dell’Eurogruppo e perseguire proprio quelle politiche di austerità che mal si conciliano con il programma politico di entrambi i partiti e con la volontà espressa dal 60% dei cittadini greci nel referendum di luglio.
Il voto di per sé non tira fuori la Grecia dalla recessione
Il piano di Syriza è quello di realizzare una strategia di trasformazione a lungo termine, che preveda il progressivo rinegoziato degli accordi con Bruxelles.
Tsipras crede infatti che sia necessario mettere in atto alcune delle misure imposte, ricostruendo così la fiducia dei creditori e preparando il terreno per chiedere una riduzione del debito e successivamente abbandonare le politiche di austerità.
Nel frattempo, il governo dovrà però fare fronte alla recessione dell’economia greca, che dal 2009 ha subito una contrazione del 29%.
Mentre il livello di disoccupazione rimane al 26,5%, contro il 10,2% della media europea, degli 86 miliardi di euro di aiuti alla Grecia solo 10 potranno essere investiti nel rilancio dell’economia. Infatti,il 53% degli aiuti sarà devoluto al saldo o al rifinanziamento del debito pregresso, mentre il restante 30% servirà a ricapitalizzare le banche.
Allo stesso tempo, Tsipras deve in tempi ristretti approvare riforme per ridurre la spesa pubblica e privatizzare parte delle attività gestite dallo stato.
A ottobre ci sarà infatti un esame dei progressi fatti dal Paese e, sebbene il presidente dell’eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem si sia detto pronto a lavorare a stretto contatto con il nuovo governo, è difficile prevedere un allentamento delle politiche di austerità.
In conclusione, sembra che le elezioni in Grecia abbiano creato molto rumore per nulla. Il governo ha forse acquisito maggiore legittimità e maggiore coesione: i dissidenti da sinistra usciti da Syriza non sono rientrati in Parlamento, così che c’è la stabilità politica necessaria a rassicurare i creditori.
Ma le politiche economiche perseguibili non sembrano potersi discostare da quelle concordate con l’Eurogruppo. Mentre la Grecia si rassegna all’austerità, la rivoluzione sociale ed economica promessa da Tsipras appare sempre più vuota di contenuto.
Eleonora Poli è ricercatrice dello IAI.
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Secondo i sondaggi, Syriza avrebbe dovuto trovarsi quasi a parità con Nuova Democrazia, la formazione di centro-destra. Invece, a otto mesi dalle precedenti elezioni, il partito di Tsypras si è nettamente imposto con il 35,5% dei suffragi.
Il voto ha decretato una netta sconfitta per Nuova Democrazia che, con il 28% delle preferenze e 75 seggi, resta il secondo partito. Terzo il gruppo radicale di estrema destra Alba Dorata, che ha ottenuto l’8% dei suffragi, 1,7 punti in più rispetto a gennaio.
Nonostante la vittoria inattesa nelle sue dimensioni, Syriza dovrà comunque accettare per governare diversi compromessi, sia sul piano politico che sul piano economico.
La coalizione con i nazionalisti e l’opportunismo politico
Dal punto di vista politico, sebbene il sistema elettorale ellenico preveda un bonus di 50 seggi al partito vincente, Syriza ha ottenuto solo 145 dei 300 seggi alla Camera, 4 in meno rispetto a gennaio. Per potere governare, il partito deve nuovamente coalizzarsi con Anel che, con il 3,7% delle preferenze, ha ottenuto 10 seggi.
L’alleanza si basa più su una convenienza politica che su posizioni affini. Anel è infatti un partito conservatore e nazionalista ma, come Syriza, è fortemente contrario a tagli della spesa pubblica e a politiche economiche neo-liberali.
Ciò nonostante, durante la precedente legislatura, dopo aver esaurito ogni opzione negoziale, entrambi i partiti si sono di fatto dimostrati favorevoli al compromesso con l’Unione europea e i creditori internazionali.
E fu proprio a causa dell’accettazione del terzo piano di salvataggio europeo del valore di 86 miliardi di euro, sostenuto da tutti i 13 membri di Anel e da 113 su 149 parlamentari di Syriza, oltre che dall’opposizione di centro-destra, che ad agosto il premier Tsipras, dopo aver tentato un rimpasto, sciolse il governo.
I risultati delle elezioni anticipate non permettono di prevedere cambiamenti strategici sul fronte europeo.
Infatti, per fare in modo che la Banca centrale europea (Bce) immetta denaro nell’economia greca, acquistando bond e ricapitalizzando le banche, il governo dovrà soddisfare le aspettative dell’Eurogruppo e perseguire proprio quelle politiche di austerità che mal si conciliano con il programma politico di entrambi i partiti e con la volontà espressa dal 60% dei cittadini greci nel referendum di luglio.
Il voto di per sé non tira fuori la Grecia dalla recessione
Il piano di Syriza è quello di realizzare una strategia di trasformazione a lungo termine, che preveda il progressivo rinegoziato degli accordi con Bruxelles.
Tsipras crede infatti che sia necessario mettere in atto alcune delle misure imposte, ricostruendo così la fiducia dei creditori e preparando il terreno per chiedere una riduzione del debito e successivamente abbandonare le politiche di austerità.
Nel frattempo, il governo dovrà però fare fronte alla recessione dell’economia greca, che dal 2009 ha subito una contrazione del 29%.
Mentre il livello di disoccupazione rimane al 26,5%, contro il 10,2% della media europea, degli 86 miliardi di euro di aiuti alla Grecia solo 10 potranno essere investiti nel rilancio dell’economia. Infatti,il 53% degli aiuti sarà devoluto al saldo o al rifinanziamento del debito pregresso, mentre il restante 30% servirà a ricapitalizzare le banche.
Allo stesso tempo, Tsipras deve in tempi ristretti approvare riforme per ridurre la spesa pubblica e privatizzare parte delle attività gestite dallo stato.
A ottobre ci sarà infatti un esame dei progressi fatti dal Paese e, sebbene il presidente dell’eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem si sia detto pronto a lavorare a stretto contatto con il nuovo governo, è difficile prevedere un allentamento delle politiche di austerità.
In conclusione, sembra che le elezioni in Grecia abbiano creato molto rumore per nulla. Il governo ha forse acquisito maggiore legittimità e maggiore coesione: i dissidenti da sinistra usciti da Syriza non sono rientrati in Parlamento, così che c’è la stabilità politica necessaria a rassicurare i creditori.
Ma le politiche economiche perseguibili non sembrano potersi discostare da quelle concordate con l’Eurogruppo. Mentre la Grecia si rassegna all’austerità, la rivoluzione sociale ed economica promessa da Tsipras appare sempre più vuota di contenuto.
Eleonora Poli è ricercatrice dello IAI.