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Metodo di Ricerca ed analisi adottato

Medoto di ricerca ed analisi adottato
Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

venerdì 10 marzo 2023

Salvatore Domenico Vassapolli. I Servizi di intelligence negli Statidella UE. Parte generale

 


I Paesi dell’Europa occidentale hanno vissuto il quarantennio della Guerra Fredda con l’angosciante spettro di uno scontro tra blocchi contrapposti: ai servizi di intelligence fu così attribuito il delicato compito di prevenire infiltrazioni del mondo comunista cercando, al contempo, di mantenere per quanto possibile una posizione autonoma rispetto agli Stati Uniti e alla NATO. Peraltro, sullo sfondo rimaneva prioritaria la stabilità interna dei rispettivi Paesi che, a vario titolo, furono oggetto di atti di criminalità organizzata o di autentico terrorismo endogeno.

La caduta del muro di Berlino stravolse gli scenari del passato e segnò l’inizio di una nuova stagione per il Vecchio Continente: lo sgretolamento del blocco comunista, unito all’emersione del fenomeno migratorio, ben presto polarizzò l’attenzione soprattutto sulla stabilità politica interna, in funzione della salvaguardia degli interessi economici nonché dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Il nuovo millennio registra un ulteriore cambiamento di rotta destinato ad incidere pesantemente sugli scenari futuri a livello globale: il violento attacco alle Torri Gemelle inaugura un nuovo corso dell’antiterrorismo internazionale nel segno di un marcato rinnovamento del composito dispositivo di intelligence, quale risposta in chiave preventiva all’insurrezione terroristica in atto[1].

Gli attentati di matrice islamica portati a termine nel Vecchio Continente, tra il 2004 e il 2020, hanno impresso una decisa accelerazione ai processi di riforma al sistema europeo di sicurezza in essere: anche l’Europa ha così avvertito la necessità di preservare l’equilibrio sociopolitico delle proprie istituzioni, investendo molto in chiave preventiva su una rivisitazione degli schemi classici degli apparati di intelligence, il cui core business rimane appunto quello di prevenire, o quantomeno contenere, le minacce alla stabilità interna.

Nelle pagine che seguono si offrirà una panoramica in chiave divulgativa dei sistemi di intelligence dei principali partner europei dell’Italia, approccio da considerarsi quanto mai indicativo posto che la complessità della materia oggetto di indagine suggerisce di essere quasi didascalici onde evitare di appesantire oltre modo il flusso delle informazioni fornite.

 

 

 

Italia

Persa la Seconda guerra mondiale, l’Italia si trovò sin da subito catapultata nella contrapposizione della Guerra Fredda, guardando alla Jugoslavia quale focolaio di un possibile nuovo conflitto. Tuttavia, nonostante un sottobosco di recriminazioni e di sospetti, non vi furono mai effettivi rischi in tal senso. Fino alla fine degli anni Sessanta potremmo anzi dire che la matrice politica delle agitazioni contro l’ordine dello Stato furono animate dalle recriminazioni delle regioni germanofone di confine, sapientemente placate poi con la costituzione delle regioni tramite laute concessioni alle esigenze di autonomia dalle stesse rivendicate.

A livello più generale, invece, dopo il periodo oscuro del ventennio fascista, nella Repubblica Italiana gli apparati d’ordine pubblico e dei servizi furono legati a doppio filo con un rigido atlantismo, sicché di fatto non esisteva una vera e propria politica di sicurezza, delegata di fatto all’alleato statunitense. In questo contesto prese avvio la lunga stagione dei cc.dd. “servizi segreti deviati”: lo spettro che i comunisti potessero prendere il sopravvento nel Paese portò pezzi dello Stato a ritenersi svincolati dal rispetto delle regole e alla progressiva erosione di larghi strati delle istituzioni democratiche.

Gli anni Settanta, passati alla storia come gli “anni di piombo”, videro il terrorismo di matrice politica e la più comune criminalità organizzata sovrapporsi l’uno con l’altro nel dichiarato scontro aperto alle istituzioni, cui lo Stato rispose con un potenziamento del composito dispositivo di intelligence. Nel frattempo, a partire dalla metà degli anni Ottanta, il passaggio da una condizione di “sovranità limitata”, fortemente appiattita sulle posizioni del confronto fra blocchi contrapposti, ad uno scenario multipolare provocò una parziale crisi di identità del sistema di intelligence, solo parzialmente mitigata dal saltuario orgoglio nazionale di essere al centro degli interessi gravitanti attorno al bacino del Mediterraneo.

L’inizio del nuovo millennio, tragicamente segnato dagli attentati di matrice jihadista condotti in territorio statunitense, innescò un processo di riforma su scala mondiale dei dispositivi di sicurezza, cui non rimase estranea nemmeno l’Italia che, nel 2007, ha posto le basi per una trasformazione epocale non solo da un punto di vista organizzativo, ma soprattutto funzionale del proprio sistema di intelligence[2].

Prendendo atto degli importanti mutamenti strategici avvenuti nel sistema internazionale nel corso degli ultimi vent’anni, anche l’Italia ha così aggiornato la propria “infrastruttura” per la sicurezza nazionale - le agenzie di informazione, appunto -, rifocalizzandole su nuove missioni, rafforzandone il coordinamento all’interno di un modello unitario, coerente e centripeto, potenziando i vari livelli di controllo ed istituendo un sistema integrato di comando sotto l’egida del vertice governativo. Una nuova intelligence, quindi, in grado di rispondere con maggiore efficacia ed altrettanta flessibilità operativa alle possibili minacce ai danni della sicurezza nazionale.

All’indomani della riforma, fanno parte del rinnovato Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica: il Presidente del Consiglio dei Ministri; l’Autorità delegata (ove istituita); il Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (CISR); il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS); l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE); l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna (AISI).

L’elemento preminente della riforma del 2007 è stata la definizione di uno stretto controllo del Presidente del Consiglio dei Ministri sull’intero sistema, in via diretta o attraverso un Autorità delegata, di cui diviene responsabile e allo stesso tempo garante[3]. Tra le sue funzioni si annoverano: l’apposizione del segreto di Stato o la relativa conferma in caso di opposizione; la nomina e la revoca del Direttore del DIS, nonché del Direttore e del Vice Direttore dell’AISE e dell’AISI; la definizione e lo stanziamento delle risorse da iscrivere al bilancio del sistema di sicurezza; il potere di direttiva sull’organizzazione e sul funzionamento del sistema informativo nonché dei relativi lineamenti generali attuativi; il potere di coordinamento sulle politiche dell’informazione per la sicurezza.

L’Autorità delegata, laddove si opti per la sua costituzione, rimane un organo tributario di funzioni delegate, con funzione di sostegno e supporto al Presidente del Consiglio, il quale rimane l’unico responsabile dell’andamento e del funzionamento dell’intero sistema.

Il Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (CISR) gode di ampi poteri di indirizzo sulla politica dei servizi, accentuati in caso di situazioni di crisi. Ne fanno parte: il Presidente del Consiglio e, ove istituito, l’Autorità delegata per la sicurezza; il direttore generale del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza, con funzione di segretario; nonché i titolari dei Ministeri della Giustizia, dell’Interno, dell’Economia e delle Finanze, della Difesa, dello Sviluppo Economico e degli Affari Esteri.

Il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS), organo della presidenza del Consiglio dei Ministri, ha il compito di sovrintendere alla definizione degli indirizzi generali e di selezionare gli obiettivi fondamentali da perseguire nel quadro della politica adottata. Rappresenta il cuore pulsante dei servizi segreti italiani, centro di snodo dei dati raccolti e luogo di sintesi decisionale. Alle sue dipendenze opera un Ufficio Centrale Ispettivo, un Ufficio Centrale Archivi, la Scuola di Formazione e l’Ufficio Centrale per la Segretezza.

Dal DIS dipendono le due nuove agenzie, rispettivamente, l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE) e l’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna (AISI). Se prima la differenziazione tra i due comparti era prevalentemente di carattere militare-civile, con consequenziale dipendenza dai Ministeri della Difesa e dell’Interno, ora il limite operativo dipende come intuibile dall’aspetto territoriale e, quindi, dai compiti di difesa esterna od interna, prendendo a modello quando già esistente in altri contesti nazionali. L’eliminazione dalla linea di comando delle figure del Ministero della Difesa e dell’Interno, inserite opportunamente nel CISR, è il portato della manifesta volontà di accrescere i poteri del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia.

Per quanto riguarda la componente di intelligence militare, è sopravvissuto il precedente II Reparto Informazioni e Sicurezza, rimasto in capo allo Stato maggiore della Difesa e, dunque, esterno al monopolio del DIS. La relativa autonomia gestionale, tuttavia, è limitata soltanto alla gestione tecnico-militare o di polizia militare delle istallazioni all’estero, pur riconoscendosi un rapporto di fattiva sinergia operativa con l’AISE. Per evitare gli abusi avvenuti nei decenni precedenti, il DIS vanta al suo interno un suo organo di vigilanza endogeno, volto ad evitare deviazioni od ingerenze esterne di qualsiasi natura.

Al fine di dare un quadro esaustivo sul tema, sia concesso un breve cenno al Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (COPASIR), organo di controllo rispondente all’avvertita esigenza, in chiave democratica, di avere una visione aggiornata e senza filtri dell’attività dei servizi segreti. Composto da cinque deputati e cinque senatori, vincolati alla più rigida osservanza del segreto di Stato relativamente alle informazioni acquisite anche dopo la cessazione dall’incarico, la presidenza del COPASIR è affidata ad uno dei componenti appartenenti ai gruppi di opposizione parlamentare. Tale organo gode di ampi poteri di controllo, di inchiesta e di ispezione, che si traducono in una serie di obblighi di comunicazione gravanti sul Presidente del Consiglio dei Ministri, responsabile e garante dell’intero sistema. In tal modo il Parlamento ha il potere di attuare un penetrante controllo anche di tipo preventivo sull’operato dei servizi segreti, sì da scongiurare la possibilità, seppur remota, di eventuali comportamenti devianti travalicanti la mission istituzionale.

Prima di concludere l’analisi del sistema di sicurezza in essere, è bene ricordare un elemento peculiare del servizio di intelligence italiano, costituente un unicum a livello europeo.

Ebbene, dopo l'attentato del 12 novembre 2003, condotto a Nassiriya contro la Base Maestrale dei Carabinieri che all'epoca partecipavano all'Operazione Antica Babilonia, lanciata dall'Italia di intesa con la coalizione internazionale in seguito alla conclusione delle operazioni militari condotte da Stati Uniti e Regno Unito contro il regime di Saddam Hussein, il Governo italiano ha istituito il Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (CASA), al fine di assicurare il corretto coordinamento tra le varie agenzie di intelligence, le forze di polizia e le forze armate.

Più nel dettaglio, il CASA rappresenta una struttura interforze che riunisce al suo interno: il Direttore Centrale della Polizia di Prevenzione, che lo presiede; le forze dell'ordine a competenza generale (Polizia di Stato ed Arma dei Carabinieri); i direttori delle Agenzie di intelligence (AISE ed AISI); e un rappresentante della Presidenza del Consiglio (Dipartimento Informazione e Sicurezza). In determinati casi, qualora sia richiesta una specifica competenza, il CASA include anche autorevoli rappresentanti della Guardia di Finanza e del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria.

Per quanto concerne la valutazione della minaccia terroristica, questa viene svolta prendendo in considerazione le informazioni sensibili raccolte dalle forze dell'ordine e dalle varie agenzie tanto a livello nazionale che continentale. Oltre a ciò, il CASA si occupa anche di controllare e monitorare la propaganda jihadista online, così come di tenere costantemente aggiornate le liste dei foreign fighters di ritorno.

Analizzata l’evoluzione della struttura di intelligence italiana, è ormai giusto il momento di trarre un bilancio, seppure sommario, del sistema in essere alla luce delle sfide presenti e future alla stabilità interna. Chiusa la stagione della contrapposizione in blocchi contrapposti ed aperta la fase dei pericoli globali, asimmetrici ed apparentemente incontrollabili i rischi sono di fatto aumentati a dismisura parallelamente all’estensione dello stesso concetto di “interesse strategicamente sensibile”[4].

Ebbene, nel complesso i recenti processi di riforma hanno consolidato una longeva esperienza sul campo dei nostri apparati di sicurezza, rispondenti ai più moderni criteri di efficienza, equilibrandone la maggiore autonomia operativa con un controllo più incisivo sul piano funzionale a garanzia della democraticità del relativo operato. Semmai nel breve periodo potranno emergere talune difficoltà di adattamento per via della scelta politica di rendere civile un apparato che storicamente aveva nella componente in divisa la sua eccellenza.

La circostanza, poi, che in Italia non si siano ancora registrati attentati condotti da individui affiliati a gruppi terroristici non ci consente di tirare i remi in barca. Tale primato, da salutare sicuramente con favore, non è certo una garanzia di immunità anche per il prossimo futuro, benché ciò possa trovare una razionale giustificazione in almeno due ordini di fattori.

Anzitutto, a differenza delle compagini europee, l’Italia è uno Stato di recente immigrazione, ciò che riduce sensibilmente i rischi connessi ad attivazioni autonome da parte di cittadini italiani di seconda o anche terza generazione, maggiormente esposti ai fenomeni di radicalizzazione. Nondimeno, non può tacersi come siffatta fonte di pericolo possa trovare terreno fertile proprio in quella folta schiera di migranti che, attraverso il canale di Sicilia e non solo, raggiungono il territorio nazionale e che, in attesa di idonea collocazione, potrebbero trovarsi esposti a fenomeni di adescamento propri in quegli stessi centri di prima accoglienza adibiti alla loro iniziale gestione umanitaria.

La seconda ragione può essere individuata nella storia criminale nazionale, da una parte, caratterizzata dalla criminalità di stampo mafioso e, dall'altra, dal decennio degli “anni di piombo”, ciò che ha fornito alle forze di polizia e alle agenzie di intelligence un elevato know-how nell'ambito della lotta al crimine organizzato e al terrorismo. Ciononostante, come dimostra il caso del terrorista Anis Amri, anche in Italia vi sono dei rischi collegati alla radicalizzazione e al jihadismo. L'attentatore di Berlino, infatti, avrebbe abbracciato il credo terrorista durante un periodo di prigionia in Sicilia, per poi colpire in territorio tedesco nel 2016 ed, infine, fare ritorno in Nord Italia, lì dove troverà la morte in uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine nel corso di un ordinario controllo di polizia.

In definitiva, la situazione di frontiera nel bel mezzo del Mediterraneo, in uno con la notevole frammentazione politica, sociale ed economica, non consente all’Italia di abbassare la guardia nel quadro delle strategie di contrasto alle minacce di nuova generazione poste alla sicurezza interna.

 Salvatore Domenico Vassapolli, Testo dalla Tesi di Lauura del master 1° Livello in Terrorismo eAntiterrorismo internazionale



[1] Cfr. Law R.D., Terrorism: a history, Cambridge, Polity Press, 2009; si veda anche Sageman M., Understanding terror networks, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 2004.

[2] Il riferimento corre alla legge n. 124 del 3 agosto 2007 relativa al “Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto”, successivamente modificata con la legge n. 133 del 7 agosto 2012, n. 133. Per un approfondimento si rinvia a Mantici A., Servizi Segreti italiani: cos’erano, cosa sono diventati e cosa potrebbero essere, Milano, Edizioni Fondazione Margherita Hack, 2021, p. 137.

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