Medio Oriente Sempre più Russia in Siria Mario Arpino 06/01/2016 |
Se per Barack Obama Putin sta trascinando la Russia in un futuro pantano siriano, l’immagine che balza agli occhi degli esperti - evidenza condivisa in privato anche da funzionari governativi e della Nato - appare, almeno al momento, alquanto diversa.
Militarmente la missione è bene organizzata, dotata di mezzi e relativi sistemi di comando e controllo efficienti e opera secondo obiettivi tattici ben definiti. Anche la strategia è bene in linea con gli obiettivi a lungo termine appena annunciati da Vladimir Putin con il suo nuovo piano strategico nazionale: “…la priorità della Russia è confermare il suo status di potenza globale di primo piano”. Quindi, nessun arretramento. Il riferimento ad Ucraina e Siria è piuttosto chiaro.
Incremento strisciante
Tuttavia, siccome di fronte alla realtà operativa “nessun piano si è mai rivelato davvero valido”, è probabile che la Russia si sia ben resa conto di come, in Siria ma anche altrove, alla distanza solo un intervento concomitante aereo e di forze terrestri sia in grado di influenzare la situazione in favore del regime alauita. Quindi, proxi e Forze Speciali.
L’ “endgame non cambia”, dice Yuri Barmin, analista politico intervistato da The Moscow Times. “Mosca vuole che il regime di al-Assad sopravviva, e per questo - sebbene nelle sedi diplomatiche ostenti moderazione e continui a giocare su ogni tavolo - continuerà ad investire risorse consistenti per garantire la riuscita dello sforzo operativo”.
Ad esempio, inizialmente erano stati schierati solamente pochi aerei da combattimento (poi aumentati a 30) e 20 elicotteri multiruolo sull’aeroporto di Latakia, tenuto da forze del regime. In novembre,la Russia incrementava la campagna aerea con 25 bombardieri strategici, alcuni dei quali già a suo tempo impiegati in Afghanistan, come il quadrimotore turboelica Tu-95.
Offensiva militare e diplomatica
La decisione di introdurre in teatro i bombardieri strategici era stata nominalmente fatta passare come risposta all’abbattimento dell’aereo civile nel Sinai. Vladimir Frolov, altro esperto russo intervistato da The Moscow Times, è convinto che la Russia sia invece ben determinata a prevalere comunque, mettendo già nel conto un impegno assai lungo.
La macchina diplomatica lavora di conserva. Dopo gli attentati a Parigi, la Russia coopera con la Francia sopra tutto per facilitare un accordo operativo con la coalizione occidentale, che opera nel medesimo spazio aereo. Ed è merito della diplomazia russa se il 25 gennaio, alla ripresa dei colloqui di Ginevra, al tavolo sarà presente anche il governo siriano.
Parallelamente, dopo l’abbattimento da parte turca del Sukhoi-24 russo, il potenziamento prosegue con l’aggiunta di sistemi missilistici S-400, basati a Latakia, in grado di assicurare copertura antiaerea allo spazio aereo siriano, e la scorta ai bombardieri con caccia supersonici Su-30. Ciò vanifica l’obiettivo turco di creare nell’area nord della Siria una “no-fly zone”.
Tra i graduali potenziamenti, va anche ricordato che a inizio dicembre un sommergibile della classe Kilo, posizionato davanti alle coste siriane, ha lanciato diverse salve di missili cruise verso aree non precisate, mentre al largo dell’isola di Lemnos (Egeo) il cacciatorpediniere Smelivy sparava colpi di avvertimento in direzione di un peschereccio turco che attraversava la rotta. “Mosca sta ora tentando di rispondere ad Ankara anche sul terreno, con attacchi contro i gruppi di guerriglia supportati dai turchi”, sentenzia il già citato Yuri Barmin.
Si profila un doppio fronte
“Mentre prima dell’incidente la Russia stava cercando di fare pressioni sulla Turchia per persuaderla a lasciare al-Assad al potere almeno temporaneamente, ora sta già facendo mostra di procedere senza tenere in alcun conto la posizione turca al riguardo”, aggiunge l’analista.
Ricordando la vecchia campagna in Afghanistan, combattere questo tipo di guerra senza dubbio implica la consapevolezza di dover impegnare le forze in Siria molto a lungo, considerando anche che i progressi territoriali di al-Assad sono lenti e discontinui. Ma ci sono. Ciò spiega, in parte, gli incrementi.
Nel contempo, circolano voci non confermate sulla presenza di carri armati russi T-90 ben oltre i limiti dell’area di Latakia, perimetro entro il quale erano stati collocati a difesa terrestre della base. Questo non significa che Mosca si stia già impegnando direttamente sul terreno, ma rende evidente che la campagna aerea “concomitate”con la battaglia terrestre di al-Assad e delle forze che lo sostengono continuerà ad espandersi anche nel prossimo futuro.
Lenta “afghanizzazione” del conflitto?
Ritornando a Frolov, la Russia non corre ancora il rischio di essere accusata di protezione “sproporzionata” delle sue installazioni e dei suoi mezzi, ma resta il fatto che l’ambiguità turca e la situazione di semi-stallo sul terreno - con il conseguente incremento del supporto militare - stanno a ben significare che i russi non prevedono, né ora, né per il futuro, alcuna strategia di uscita. Il biglietto sembra essere di sola andata.
Barack Obama invece ritiene che, con questo continuo potenziamento e allargamento, la Russia finirà per incagliarsi in uno scenario di tipo afghano. Nessuno lo può escludere. Ma, al momento, sembra che ad esserne convinto ci sia solo lui.
Ufficiale pilota in congedo dell’Aeronautica Militare, Mario Arpino collabora come pubblicista a diversi quotidiani e riviste su temi relativi a politica militare, relazioni internazionali e Medioriente. È membro del Comitato direttivo dello IAI.
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Incremento strisciante
Tuttavia, siccome di fronte alla realtà operativa “nessun piano si è mai rivelato davvero valido”, è probabile che la Russia si sia ben resa conto di come, in Siria ma anche altrove, alla distanza solo un intervento concomitante aereo e di forze terrestri sia in grado di influenzare la situazione in favore del regime alauita. Quindi, proxi e Forze Speciali.
L’ “endgame non cambia”, dice Yuri Barmin, analista politico intervistato da The Moscow Times. “Mosca vuole che il regime di al-Assad sopravviva, e per questo - sebbene nelle sedi diplomatiche ostenti moderazione e continui a giocare su ogni tavolo - continuerà ad investire risorse consistenti per garantire la riuscita dello sforzo operativo”.
Ad esempio, inizialmente erano stati schierati solamente pochi aerei da combattimento (poi aumentati a 30) e 20 elicotteri multiruolo sull’aeroporto di Latakia, tenuto da forze del regime. In novembre,la Russia incrementava la campagna aerea con 25 bombardieri strategici, alcuni dei quali già a suo tempo impiegati in Afghanistan, come il quadrimotore turboelica Tu-95.
Offensiva militare e diplomatica
La decisione di introdurre in teatro i bombardieri strategici era stata nominalmente fatta passare come risposta all’abbattimento dell’aereo civile nel Sinai. Vladimir Frolov, altro esperto russo intervistato da The Moscow Times, è convinto che la Russia sia invece ben determinata a prevalere comunque, mettendo già nel conto un impegno assai lungo.
La macchina diplomatica lavora di conserva. Dopo gli attentati a Parigi, la Russia coopera con la Francia sopra tutto per facilitare un accordo operativo con la coalizione occidentale, che opera nel medesimo spazio aereo. Ed è merito della diplomazia russa se il 25 gennaio, alla ripresa dei colloqui di Ginevra, al tavolo sarà presente anche il governo siriano.
Parallelamente, dopo l’abbattimento da parte turca del Sukhoi-24 russo, il potenziamento prosegue con l’aggiunta di sistemi missilistici S-400, basati a Latakia, in grado di assicurare copertura antiaerea allo spazio aereo siriano, e la scorta ai bombardieri con caccia supersonici Su-30. Ciò vanifica l’obiettivo turco di creare nell’area nord della Siria una “no-fly zone”.
Tra i graduali potenziamenti, va anche ricordato che a inizio dicembre un sommergibile della classe Kilo, posizionato davanti alle coste siriane, ha lanciato diverse salve di missili cruise verso aree non precisate, mentre al largo dell’isola di Lemnos (Egeo) il cacciatorpediniere Smelivy sparava colpi di avvertimento in direzione di un peschereccio turco che attraversava la rotta. “Mosca sta ora tentando di rispondere ad Ankara anche sul terreno, con attacchi contro i gruppi di guerriglia supportati dai turchi”, sentenzia il già citato Yuri Barmin.
Si profila un doppio fronte
“Mentre prima dell’incidente la Russia stava cercando di fare pressioni sulla Turchia per persuaderla a lasciare al-Assad al potere almeno temporaneamente, ora sta già facendo mostra di procedere senza tenere in alcun conto la posizione turca al riguardo”, aggiunge l’analista.
Ricordando la vecchia campagna in Afghanistan, combattere questo tipo di guerra senza dubbio implica la consapevolezza di dover impegnare le forze in Siria molto a lungo, considerando anche che i progressi territoriali di al-Assad sono lenti e discontinui. Ma ci sono. Ciò spiega, in parte, gli incrementi.
Nel contempo, circolano voci non confermate sulla presenza di carri armati russi T-90 ben oltre i limiti dell’area di Latakia, perimetro entro il quale erano stati collocati a difesa terrestre della base. Questo non significa che Mosca si stia già impegnando direttamente sul terreno, ma rende evidente che la campagna aerea “concomitate”con la battaglia terrestre di al-Assad e delle forze che lo sostengono continuerà ad espandersi anche nel prossimo futuro.
Lenta “afghanizzazione” del conflitto?
Ritornando a Frolov, la Russia non corre ancora il rischio di essere accusata di protezione “sproporzionata” delle sue installazioni e dei suoi mezzi, ma resta il fatto che l’ambiguità turca e la situazione di semi-stallo sul terreno - con il conseguente incremento del supporto militare - stanno a ben significare che i russi non prevedono, né ora, né per il futuro, alcuna strategia di uscita. Il biglietto sembra essere di sola andata.
Barack Obama invece ritiene che, con questo continuo potenziamento e allargamento, la Russia finirà per incagliarsi in uno scenario di tipo afghano. Nessuno lo può escludere. Ma, al momento, sembra che ad esserne convinto ci sia solo lui.
Ufficiale pilota in congedo dell’Aeronautica Militare, Mario Arpino collabora come pubblicista a diversi quotidiani e riviste su temi relativi a politica militare, relazioni internazionali e Medioriente. È membro del Comitato direttivo dello IAI.
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