IL SISTEMA POLITICO-COSTITUZIONALE DELLA FEDERAZIONE RUSSA
Stefano Silvestri
L’abbandono dei principi dello stato socialista, dell’unità del potere statale, della doppia dipendenza e del centralismo democratico per muovere verso l’accoglimento, almeno formale, della divisione dei poteri proclamato nella Dichiarazione sulla sovranità della Federazione Russa del giugno 1990, ha determinato non solo la modifica della forma di stato e di governo della ex-Repubblica Socialista Federativa Sovietica della Russia, ma anche la conseguente evoluzione delle forme di stato e di governo di quelli che, dopo la stipula del Patto Federativo del 1992, sono diventati gli attuali 89 Soggetti “componenti della Federazione Russa” (21 “Respubliki” (Repubbliche), 6 “Kraj” (Territori), 10 “Okrugi” (Circondari Autonomi), 49 “Oblasti” (Regioni), 1 “Oblast” autonoma e 2 Città di rilevanza federale, Mosca e San Pietroburgo - Allegati 1 e 2).
Tale processo di superamento, nei soggetti della Federazione Russa, dello schema basato sui “soviet”, non si è svolto in modo indipendente, ma è stato dettato dal centro tranne che nelle “Respubliki”. Mentre queste ultime hanno potuto, infatti, eleggere per la prima volta il proprio organo monocratico al vertice del potere esecutivo, previsto dalla Costituzione Russa e comunemente chiamato “governatore”, sulla base delle disposizioni emanate dai propri organi legislativi-rappresentativi, gli altri Soggetti della Federazione Russa hanno eletto i loro “governatori” in ossequio a quanto stabilito da specifici decreti del Presidente della Federazione pro tempore. Ciò è sostanzialmente riconducibile sia alla posizione di relativo privilegio di cui le “Respubliki” già godevano nel sistema sovietico, sia alla ricerca da parte di Eltsin del loro sostegno nella lotta contro il Presidente Gorbaciov in cambio di quella che potremo chiamare “diversa sovranità”.
Peraltro, l’introduzione in tutti i Soggetti della Federazione Russa - sulla base di un processo più o meno guidato dal centro - di organi monocratici a capo dell’esecutivo locale, non ha condotto nei medesimi alla stessa configurazione e dei rapporti tra questo ed il proprio organo legislativo-rappresentativo, cioè alla definizione di forme di governo locale tra loro omogenee.
Già nel processo di realizzazione appaiono evidenti la complessità, i limiti e la contraddittorietà, se non ambiguità, del sistema politico-costituzionale russo che è lungi dal provvedere ad un vero equilibrio tra i poteri dello Stato e lascia ampio spazio ad ogni genere di accomodamento. In tale contesto, il potere nella Russia post-comunista continua ad essere fortemente personalizzato attorno alla figura del Presidente-leader, mentre le varie istituzioni e strutture politiche fanno solo da contorno al potere centralizzato.
(1) Lo Stato
La Federazione Russa è un ordinamento giuridico di diritto civile di impostazione romanistica con una carta costituzionale scritta che stabilisce i fondamenti dello stato e la struttura normativa.
La legislazione russa rappresenta una sistema strutturalmente complesso di atti legislativi gerarchicamente organizzati a livello federale e locale e la Costituzione occupa il gradino più alto nella gerarchia delle fonti del diritto, seguita dalle Leggi Federali.
La Costituzione Russa, composta da 137 Articoli e 9 Disposizioni Finali e Transitorie, è stata promulgata il 12 dicembre 1993, dopo mesi di intenso confronto fra il Presidente Eltsin e il Parlamento, e sancita da un referendum popolare. Essa definisce la Federazione Russa - Russia - uno Stato di diritto, federativo, democratico con forma di governo repubblicana, in cui il potere è esercitato dal Presidente, dall’Assemblea Federale (Consiglio della Federazione e Duma di Stato), il Governo Federale ed i Tribunali Federali.
La Russia è una democrazia presidenziale in cui il Presidente occupa un ruolo autonomo e superiore fra i poteri dello Stato; egli è il Capo dello Stato, il Capo delle Forze Armate ed il garante della Costituzione, dei diritti umani e civili e delle libertà, nomina tra gli altri, il Capo del Governo Federale, di cui può presiedere le sedute, i Giudici dei Tribunali Federali e le alte gerarchie militari, mentre propone agli organi legislativi le candidature per molte altre importanti cariche quali i Giudici della Corte Costituzionale, del Tribunale Supremo e della Procura Generale, scioglie la Duma e indice nuove elezioni, dichiara lo stato di emergenza e la legge marziale, gode dell’immunità.
La Costituzione indica, altresì, i poteri dei singoli Soggetti della Federazione Russa per i quali, peraltro, non definisce la struttura delle forme di governo. Piuttosto sembra preoccuparsi principalmente di garantire l’unità della linea verticale del potere esecutivo dal livello centrale a quello locale. Stabilisce, infatti, che nelle materie di competenza congiunta, il Governo Federale e quello dei singoli Soggetti formano il sistema unitario del potere esecutivo in Russia, cosa che di per sé sembra comportare, in uno Stato che si proclama federale, una forte limitazione dell’autonomia delle sue parti componenti, tanto più che la Carta Costituzionale prevede anche che gli organi centrali del potere esecutivo e quelli locali possono delegarsi reciprocamente l’esercizio delle loro funzioni.
Come già precedentemente rilevato, la Costituzione non definisce la struttura degli organi esecutivi e legislativi-rappresentativi dei Soggetti, essa si limita ad affermare che il sistema di tali organi deve essere stabilito autonomamente dai Soggetti stessi e rinvia alla Legge Federale la fissazione dei principi generali in materia. Tale fondamentale legge per il funzionamento della Federazione è stata approvata solo nell’autunno del 1999 – la Costituzione è del 1993 – e disciplina in modo assai dettagliato gli organi in questione, non prevedendo invece la formazione di un sistema giurisdizionale nell’ambito dei Soggetti ove, pertanto, operano i Tribunali Federali. Proprio la l’ampiezza e la puntigliosità della legge in questione fanno, peraltro sorgere il dubbio che si tratti di una legge che enuncia solo principi e quindi inadeguata. E’, infatti, difficile riscontrare in altri Stati federali una regolamentazione di tale estensione disposta dallo Stato centrale nei confronti degli Stati membri. Appare, inoltre, paradossale, anche se lo è certamente meno se si considera l’evoluzione storica della struttura federativa russa, il fatto che mentre negli altri Stati federali – basti pensare agli USA ed alla Germania – le forme di governo locali sono omogenee sia tra loro sia rispetto a quella centrale, ancorché con alcune diversità, nella Federazione Russa invece, le forme di governo dei vari Soggetti presentano tra loro numerose e significative differenze e solo alcune di esse si avvicinano sensibilmente a quella della Federazione, nonostante una Legge ampia e dettagliata.
Al riguardo, ad esempio, la Costituzione da un lato proclama l’uguaglianza di tutti i Soggetti della Federazione nei rapporti reciproci con gli organi federali, mentre dall’altro consente di avere proprie costituzioni e lingue di stato alle “Respubliki” che spesso, anche se non costituzionalmente previsto ma non vietato dalla Legge Federale, hanno istituito anche una propria cittadinanza, ciò in contrapposizione con gli altri membri della Federazione le cui leggi fondamentali hanno solo il rango di “statuti” e non hanno il diritto di istituire lingue di stato o, tanto meno, proprie cittadinanze.
Un elemento di uniformità nelle varie forme di governo locali, al di là del presupposto dell’elezione diretta del capo dell’organo esecutivo e dei membri dell’organo legislativo-rappresentativo, è invece individuabile nell’obbligo di prevedere dei meccanismi di controllo reciproco tra detti organi per garantire il rispetto della Costituzione federale, delle Leggi Federali e delle costituzioni/statuti locali. Tuttavia, tali meccanismi hanno evidenziato una scarsa operatività.
Almeno formalmente, proprio le preoccupazioni sull’osservanza della Costituzione e delle Leggi Federali, hanno ispirato l’introduzione di un ulteriore elemento di uniformità tra tutti i membri della Federazione riconducibile a quella che viene chiamata “ingerenza federale”. In base alla modifica voluta da Putin nel 2000 della Legge Federale del 1999, infatti, il Presidente russo può, dopo che i competenti organi giurisdizionali abbiano accertato una violazione della Costituzione o della Legge Federale, rimuovere direttamente un “governatore” o chiedere alla Duma lo scioglimento di un organo legislativo-rappresentativo locale.
Infine le ultime modifiche alla Costituzione introdotte da Putin tra il 2002 e il 2003, relative a nuove modalità di formazione del Consiglio della Federazione, appaiono finalizzate soprattutto a diminuire il peso politico dei capi del potere esecutivo locale annullando la possibilità per gli stessi di essere contemporaneamente membri dell’organo legislativo-rappresentativo locale, della Duma e, in particolare, del Consiglio della Federazione nonché di poter essere eletti per più di due volte consecutive.
(2) Il Potere
Per analizzare la vera natura del potere russo, di capirne l’evoluzione, i limiti e le possibilità, si deve fare riferimento essenzialmente al potere del Presidente della Federazione, in quanto personificazione del potere russo.
Se, per una maggiore comprensione del modello presidenziale russo, si volesse compiere un accostamento con altri modelli più noti e consolidati quali quello americano e francese, rifacendosi al sistema legislativo russo (Costituzione, Leggi Federali, ecc.) appare evidente che il sistema di governo russo si avvicina di più al modello semipresidenziale francese. Questo in virtù della presenza di un Presidente della Repubblica Capo dello Stato e di un Governo distinto che necessita della fiducia del Parlamento, anche se solo per la figura del Capo del Governo.
Tuttavia, non si può sostenere che quella russa sia una sintesi tra sistema presidenziale e sistema parlamentare o che in Russia vi sia alternanza tra fasi parlamentari e fasi presidenziali.
Gli anni novanta dello scorso secolo non hanno visto fiorire una democrazia liberale di tipo occidentale, né si poteva pretendere che ciò accadesse cancellando d’improvviso secoli di storia nazionale e cultura politica russe.
In Russia vi è sempre e comunque un potere presidenziale molto forte, un sistema di iperpresidenzialismo con un premier debole ed un parlamento decorativo dalle funzioni molto limitate. Si è registrata in tal modo una impressionante, sproporzionata concentrazione di poteri nelle mani del Presidente.
Il presidenzialismo russo ha assunto, inoltre, caratteri assolutistico-autoritari, legati al fenomeno della personalizzazione della politica in Russia. I due Presidenti succedutisi in questi anni, in più occasioni, hanno ignorato ogni forma di legalità e mortificato le prerogative del Parlamento, riducendolo ad un ruolo notarile e provocando la periferizzazione del ruolo dei partiti nel sistema politico.
Il sistema politico eltsiniano era un misto di nuovo pluralismo, di oligarchia e di monarchia; Putin, appena salito al vertice della Federazione Russa, ha messo le cose in chiaro: la politica è una cosa, l’economia e il ruolo internazionale della Russia un’altra. Così chi ha voluto intromettersi nelle faccende del Cremlino ha rischiato una brutta fine, agli altri è stata garantita libertà d’azione con l’impegno di non intralciare la strategia di rinascita della Russia sullo scacchiere internazionale.
In aderenza a tale linea, Putin, pur conservando e consolidando il concetto di potere personalizzato, ha fatto della burocrazia la risorsa centrale e il sostegno base del suo potere. Tuttavia, ha creato una macchina burocratica del potere ancor più inaccessibile e lenta di quella sovietica e poco capace di reagire efficacemente sia agli impulsi esterni sia alle situazioni di crisi. Di fatto ha realizzato un centralismo ancora più ferreo del suo predecessore, facendo dipendere tutte le strutture locali da Mosca e dal Presidente . In sostanza,potenziando questo principio di centralismo-burocratico, non ha fatto altro che rafforzare l’idea di un potere basato su una nuova forma di autoritarismo.
Questa spinta autoritaria potrebbe interpretarsi come una deformazione del sistema russo in sé, ma, molto più semplicemente, appare la logica conseguenza dell’eredità del socialismo e dell’eltsinismo. Il sistema attuale nel suo complesso rimane ibrido, riconcilia il controllo statale dei principali assets del potere con gli spazzi autonomi per la classe media emergente e almeno una parte della società civile.
Putin ha realizzato diverse riforme politiche spesso in contrasto con la Costituzione e con la stessa struttura federativa della Russia. In certi casi hanno addirittura assunto i connotati di una svolta autoritaria: repressione della libertà di stampa, uso politico della giustizia, restrizioni sull’attività delle ONG, arbitraria rinazionalizzazione di importanti settori dell’economia. La scomparsa delle reti di informazione indipendenti e la liquidazione dell’opposizione appaiono però un chiaro segnale che il potere russo si sta staccando dalla società; inoltre, l’assenza di istituzioni realmente autonome, dimostra che la lotta politica si svolge dietro le quinte e che di conseguenza è impossibile prevedere lo sviluppo del processo politico, anche nella considerazione che gli attuali meccanismi costituzionali non permettono l’esistenza di una reale opposizione.
Si noti comunque che anche con Putin il potere in Russia, nonostante l’impressione di una certa esteriore compattezza , continua a non essere solido. Il problema non sono soltanto le contraddizioni interne a tale potere; bensì l’autoritarismo scelto da Putin come strumento di regolamentazione dei rapporti tra potere e società che contraddice le sue aspirazioni di modernità e, in qualche modo, lo rende anche vulnerabile e instabile. Al riguardo, non va dimenticato che a suo tempo, come si è visto, lo Stato sovietico crollò come un castello di carte anche perché era costruito in “verticale”. Quanto alle aspirazioni di modernità, appare innegabile che con Putin la Russia stia affrontando l’esperimento di dimostrare se sia possibile modernizzare la società senza le libertà politiche, allo stesso modo di quello che sta avvenendo in Cina e che, per un certo verso, fu il tentativo di Gorbaciov; peraltro, anche questa volta come nel 1991 l’insuccesso può spingere il Cremlino a cercare una nuova via d’uscita dal sistema tradizionale del potere personalizzato.
Un argomento, del resto, si può portare a favore di Putin: governare un Paese, che finora non aveva mai conosciuto un sistema democratico, come se si trattasse di uno con capitalismo sviluppato e democrazia consolidata sarebbe impossibile.
Allo stato attuale, realisticamente parlando, eventuali profonde riforme istituzionali in senso “democratico” hanno davanti un percorso molto, forse troppo complesso: sono molteplici gli impedimenti e innanzitutto gli eccessivi ostacoli previsti per revisionare in maniera parziale o completa la Costituzione. Non va ignorato, inoltre, che in Russia è sentita vivamente, almeno da una parte della popolazione, l’esigenza di una “mano forte”, di un “salvatore della patria”, di un governatore forte. Il popolo russo, infatti, si è pronunciato a favore dell’elezione diretta del Presidente, ha sancito l’entrata in vigore dell’attuale Costituzione presidenzialista ed ha comunque scelto e riconfermato prima Eltsin e poi Putin. La massa dei Russi rimane profondamente patriottica e vorrebbe recuperare rango e rispetto mondiale, nonché i simboli di un passato ritenuto glorioso.
A meno di due anni dall’appuntamento delle elezioni per la Duma e soprattutto da quelle presidenziali, è già in pieno svolgimento l’operazione successione. Infatti, Putin nel 2008, salvo improbabili colpi di scena (unione tra Russia e Bielorussia, nascita di un’altra entità post sovietica, modifica della Costituzione che permetta un nuovo mandato), dovrà lasciare la Presidenza della Federazione Russa e, in questo momento, appare realistico immaginare per il dopo uno scenario che vede la Russia traghettata verso una vera democrazia e un vero libero mercato in seguito ad un ulteriore periodo come quello attuale, pseudodemocratico. Per seguire questo auspicabile cammino è necessario il contributo dell’Occidente e, in particolare , dell’Europa che deve sforzarsi di capire cosa e perché succede a Mosca, anche a tutela dei propri interessi che non riguardano solo l’approvvigionamento energetico, ma anche la lotta al terrorismo islamico, la proliferazione nucleare in Medio Oriente e la stabilità dell’Asia Centrale, area fondamentale per lo sviluppo dei futuri rapporti con la Cina e l’India, problematiche in cui Mosca costituisce un attore di fondamentale importanza. Del resto, il Presidente russo recentemente ha fatto capire che la Russia si considera parte dell’Europa, senza però negare le differenze strategiche tra le parti. Al riguardo, basta seguire il dibattito interno russo per capire la direzione presa dalla grande nazione slava ed ortodossa. Il concetto di “democrazia sovrana”, ora di moda tra le elite putiniane, è illuminante. Piuttosto che estendere la democrazia il Cremlino ritiene prioritario rafforzare la sovranità del Paese. La Russia, pur non condividendo del tutto i valori della comunità occidentale, appare comunque pronta a dare il suo contributo alla soluzione dei problemi continentali e globali.
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