LE RELAZIONI TRA LA RUSSIA E I PAESI DELL’EX URSS
Stefano Silvestri
La caratteristica peculiare di questo spazio, e allo stesso tempo quella che emerge immediatamente, è il fatto che esso è lo spazio dell’ex-URSS, ma l’URSS stessa è sorta sul territorio dell’ex impero russo che aveva gradualmente allargato i propri confini a spese dei suoi deboli vicini. Questo è il contrassegno oggettivo che permette di delineare lo spazio in esame. Le relazioni fra i Paesi sorti su di esso sono molteplici e spesso strette, ma la fonte di queste relazioni è sostanzialmente l’aver fatto parte dell’impero russo e dell’URSS, con tutte le conseguenze del caso. Per le altre caratteristiche la Repubblica russa di Buriazia lamaistica (citato Allegato1) difficilmente può far parte di una stessa comunità con l’Estonia protestante e l’Azerbaijan sciita, peraltro geograficamente distanti.
L’aver fatto parte dell’Impero e dell’URSS ha creato questo spazio, cioè ne ha definito i confini e determinato le caratteristiche strutturali. L’Impero russo, come ogni altro impero, aveva naturalmente un gran numero di tratti unici. In particolare, esso era una formazione compatta, nella quale i territori annessi non si trovavano al di là dei mari e degli oceani in diverse parti del mondo, come negli imperi coloniali creati dalle potenze europee occidentali, ma erano direttamente contigui al nucleo statale, quello della Russia, costituendone la periferia. E il nucleo era abbastanza pesante: i russi erano circa la metà della popolazione e le terre russe occupavano più della metà del territorio, mentre le periferie erano estremamente variegate, abitate da una molteplicità di popoli poco numerosi e molto diversi tra loro. Questa stessa organizzazione – un pesante nucleo russo ed una periferia variegata – è stata poi ereditata dall’URSS e tale, in sostanza, si conserva anche oggi se si esamina lo spazio postsovietico come un tutto unico. Ma è chiaro che a questa genesi e a questa praticamente costante organizzazione di tale spazio devono corrispondere adeguate caratteristiche delle relazioni interne ad esso.
Sullo spazio postsovietico un’integrazione di tipo europeo occidentale cozzerebbe inevitabilmente con l’effettiva e profonda diversità di peso specifico dei diversi Stati, con il retaggio del passato e con le vecchie abitudini che rendono in generale complessa l’instaurazione di relazioni paritarie. La struttura psicologica di questo spazio è assai diversa da quella europea occidentale ed è incomparabilmente più complessa e gravida di potenziali, e non solo, conflitti. La sua stessa natura (peculiarità della genesi e rapporti di forza esistenti) presuppone l’abitudine a dominare della Russia, la paura delle altre Repubbliche di fronte all’ex padrona, che continua ad essere un vicino molto forte, l’esacerbato amor proprio degli ex subordinati, alcuni dei quali non emancipatisi fino in fondo dal loro complesso di inferiorità, la tendenza a ricordare alla Russia le passate offese e a sforzarsi di mostrare all’ex padrona che non è più padrona per niente .
Per assurdo, l’unica integrazione che appare possibile è una “unificazione intorno alla Russia”, proprio ciò che spaventa e non vogliono gli altri Paesi che, peraltro, o hanno poco da spartire tra loro o, al contrario, hanno motivo di stabilire stretti rapporti e/o di creare comunità integrate. Si tratta di relazioni al di fuori della Russia che oggettivamente sostituiscono quelle con la Russia, si contrappongono ad esse e nell’insieme disintegrano lo spazio postsovietico. Quindi, l’organizzazione formale e simbolica di questo spazio in qualche misura si è andata conformando alla sua struttura reale. Le Repubbliche Baltiche hanno, infatti, interrotto definitivamente i legami formali con il resto dello spazio e sono destinate ad uno stabile sviluppo. Esse si sono mostrate organismi nazionali più preparati alla vita autonoma. I fattori più importanti in questo grado di preparazione non sono l’estensione del territorio o il numero degli abitanti e neanche la presenza di risorse naturali, quanto piuttosto fattori culturali e psicologici, il grado di autocoscienza nazionale la capacità di organizzarsi. Tutte le altre Repubbliche come abbiamo visto sono entrate, più o meno convintamente, a far parte della CSI nella quale formalmente sono tutti uguali, ma l’uguaglianza formale, in presenza di una notevole sostanziale disuguaglianza, si trasforma in una finzione e l’Organizzazione semplicemente non funziona e viene sostituita da un sistema di relazioni bilaterali della Russia con ciascuno degli altri membri.
Peraltro, la Russia come già evidenziato si trova attualmente in uno stato di transizione mentre le altre Repubbliche ex-sovietiche della CSI, con l’eccezione del Kazakistan che mostra un notevole dinamismo, si possono definire Stati mancati o in una situazione di costante debolezza. Inoltre, questi Paesi vedono il loro rapporto con Mosca da un’angolazione limitata e non scevra da dubbi. Particolare preoccupazione suscita la Bielorussia che è diventata terreno di particolare competizione/scontro tra la Federazione Russa, gli USA e la UE. In definitiva, si deve constatare che tra Mosca e le Repubbliche della CSI restano legami forti ma insufficienti a ricostruire una casa comune e che lo spazio postsovietico si è sfaldato e si sfalderà ulteriormente: i Paesi del GUAM non sono disposti a restare nell’orbita esclusiva di Mosca, ma guardano ad ovest; il Kazakistan guarda allo stesso tempo in tre diverse direzioni (Mosca, Washington e Pechino) e, più in generale, in Asia Centrale la Russia deve accettare il condominio con la Cina attraverso l’Organizzazione di Shanghai ; l’UE e la NATO impegnano regolarmente nel dialogo politico i paesi del Caucaso e dell’Asia Centrale. Pertanto, per la Russia lo scopo principale non può più essere di ristabilire una qualsiasi forma di controllo sullo spazio postsovietico, ma quello di trasformarlo attraverso nuovi rapporti, basati sull’indubbio fattore di vantaggio della prossimità e sull’interazione economica sociale e culturale, ed insieme ad esso trasformare anche lo spazio circostante – Europa, Medio Oriente e Cina – in un buon vicinato.
In tale contesto, la politica estera di Mosca, che indubbiamente sta acquisendo un nuovo prestigio internazionale, verso l’“estero vicino” – locuzione che designa lo spazio postsovietico (Allegato 18) – è recentemente entrata in una nuova fase a seguito delle cosiddette “rivoluzioni colorate” contro i regimi filosovietici in Ucraina, Georgia e Kirghizistan, appoggiate dall’Occidente, e all’allargamento sia della NATO sia dell’UE. In sostanza la Russia ha rinunciato ad “integrarsi” nell’Occidente ed ha cominciato a creare un proprio sistema di relazioni imperniato su Mosca. Per la prima volta dallo scioglimento dell’Unione Sovietica, i rapporti con le Repubbliche ex sovietiche sono diventati prioritari per Mosca che, altresì, al di là dell’”estero vicino” vede progressivamente ridursi in alcune aree l’influenza degli USA e considera la UE come un’entità economica, ma non politica e militare, e ritiene che rimarrà concentrata su se stessa e sul proprio sviluppo ancora per qualche tempo .
La ragione di questa nuova fiducia in se stessa sta in larga parte nella notevolmente migliorata situazione finanziaria della Russia, grazie in particolare all’incremento del prezzo delle risorse energetiche, e nel consolidamento del potere nelle mani dell’attuale èlite di governo.
In merito a questo “cambiamento” gli USA e la UE piuttosto che protestare - capitoli particolarmente controversi sono le violazioni dei diritti umani e ministati di Transdnistria, Ossezia del Sud, Nagorno-Karabakh e Abkhazia che si sono auto proclamati indipendenti con la protezione russa - dovrebbero riconoscere che i termini dei rapporti con la Russia, definiti concettualmente al tempo del collasso dell’URSS e rimasti pressoché immutati, sono cambiati in modo sostanziale. Oggi è necessario accettare che Mosca ben difficilmente si schiererà automaticamente a fianco dell’Occidente sulle più importanti questioni internazionali, ma si dovrà ricercare di volta in volta il maggiore grado di collaborazione possibile. La Russia di oggi, insomma, magari non è filo-occidentale, ma neanche anti-occidentale. Le prosieguo degli articoli si tratteranno i Paesi Europei (Estonia, Lettonia Lituania, Bileorussia, Moldova e Ucraina) e i Paesi caucasico (Georgia, Armenia e Azerbaijan.) ed i paesi Asiatici
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