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Sovranità nazionale, dialogo con la Russia, “Europa delle nazioni”: sono questi i capisaldi della politica estera di François Fillon, candidato repubblicano alle elezioni presidenziali francesi nel 2017.
Capo del governo firmatario del Trattato dell’Unione europea, Ue, di Lisbona nel 2007 e dell’accordo per il rientro della Francia nella struttura militare della Nato nel 2009, Fillon non è stato, durante il suo quinquennio da primo ministro (2007-2012), un protagonista di spicco della politica internazionale francese, accentrata nelle mani del presidente Nicolas Sarkozy che lo ha di fatto emarginato. I suoi orientamenti in materia di politica non sono quindi molto conosciuti, ma gioca a suo favore il fatto di non essere stato direttamente coinvolto in eventi intercorsi sotto Sarkozy e ampiamente dibattuti, quale l’intervento francese in Libia. L’ispirazione gollista di Fillon Eletto in maniera schiacciante alle primarie di destra, Fillon incarna i principi di politica internazionale di ispirazione gollista, a cui tutti i presidenti della quinta Repubblica hanno fatto riferimento, sebbene con sfumature differenti. Tradizionalmente, tre sono gli elementi portanti della politica estera francese. Il primo è l’autonomia strategica: la sovranità nazionale e la libertà decisionale nel compiere delle scelte di politica, interna ed estera, sono viste come condizioni necessarie per garantire e rafforzare il ruolo della Francia nel mondo. A questo aspetto si collega l’utilizzo dello strumento della dissuasione nucleare per essere al pari delle grandi potenze. Ma la Francia, da sola, non disporrebbe dei mezzi per portare avanti questo approccio. Di qui il terzo elemento, ossia la costruzione di un’“Europa delle nazioni”, intesa come forum intergovernativo che rispetti le sovranità nazionali. Dialogo con la Russia Favorevole al dialogo con la Russia, Fillon - già accusato di aver adottato un approccio morbido nei confronti di Vladimir Putin - il candidato repubblicano ha un atteggiamento realista nei confronti di Mosca. Nella sua visione, essa è un partner strategico con cui dialogare per la soluzione di questioni internazionali come quella siriana e la lotta al terrorismo. Questo atteggiamento segue i rapporti già cordiali instaurati durante i cinque anni da primo ministro, stesso ruolo ricoperto da Putin nello stesso periodo. Sotto questo profilo, Fillon sembra concordare non solo con la visione del neopresidente statunitense Donald Trump, ma anche con quella di alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, fautori della riapertura del canale del dialogo con la Russia. Proprio sulla Siria, Fillon non ha esitato a prendere le distanze dalla posizione di Hollande e Obama, in particolare dall’enfasi da loro posta sul rovesciamento di Bashar al-Assad. Ciononostante, come per Trump, l’approccio di apertura di Fillon deve essere considerato con la giusta prudenza, distinguendo tra le dichiarazioni fatte in campagna elettorale e la loro traduzione in fatti concreti. Il no di Fillon al trattato costituzionale dell’Ue Fillon è un fautore dell’ “Europa delle nazioni”, ossia un’Ue politica, realista ed efficiente, che sappia convogliare l’adesione dei popoli e delle nazioni, rispettando al contempo le sovranità nazionali. Una linea non nuova nella politica estera della Francia della quinta Repubblica, ma che assume un rinnovato impeto alla luce della Brexit e della mancata realizzazione dell’unione politica. In piena coerenza con questo approccio, e in linea con una concezione sovranista della Francia, Fillon ha votato no al referendum del 2005 sul trattato costituzionale dell’Ue, sostenendo che non esisteva un’unione politica tale da avere un inquadramento giuridico di rango costituzionale e per le conseguenze che questo avrebbe comportato per la sovranità nazionale. Nel suo programma politico, il candidato repubblicano ha tracciato alcuni assi prioritari dell’azione francese nell’Ue: innanzitutto, la sicurezza dei cittadini con delle frontiere efficaci e una difesa autonoma. Seguendo il leitmotiv dell’indipendenza dagli Stati Uniti per le capacità di difesa, la Francia è sempre stata a favore di una difesa autonoma ed efficace a livello europeo, esortando i Paesi membri dell’Ue a maggiori sforzi militari e finanziari. Al contempo, secondo Fillon è anormale che la Francia prenda in carico tutti gli oneri, finanziari e militari, per mettere in sicurezza la regione del Sahel a fronte del terrorismo islamico. Inoltre, occorre progredire nella cooperazione industriale nel campo della difesa sia per lo sviluppo di un programma militare, sia per un piano di acquisto di mezzi militari europei. Sul fronte economico, oltre a proporre l’euro come moneta di riserva al pari del dollaro americano, Fillon intende promuovere una politica commerciale volta a difendere gli interessi nazionali. Sebbene Fillon rivendichi un’“Europa delle nazioni”, soprattutto alla luce della Brexit e dell’esigenza interna della Francia di rispondere a sfide complesse come la minaccia terroristica, la politica estera che propone per l’Eliseo è in linea di continuità con quella condotta da tutti i presidenti della quinta Repubblica. Più vicino alla prudenza di Chirac che all’interventismo di Sarkozy e Hollande, Fillon, pragmatico e moderato quale è, potrebbe essere il naturale prosecutore della politica estera francese che, da De Gaulle fino a Hollande, non è mai venuta meno ai suoi principi tradizionali. Francesca Bitondo è assistente alla ricerca nel Programma Sicurezza e Difesa dello IAI (Twitter: @frabitondo). |
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