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Metodo di Ricerca ed analisi adottato

Medoto di ricerca ed analisi adottato
Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

sabato 17 settembre 2016

Bratislava: le risposte che si attendono


Unione europea
Da Ventotene a Bratislava
Pasquale Lino Saccà
13/09/2016
 più piccolopiù grande
A Bratislava, il 16 settembre, sapremo se l’Europa dei piccoli passi ha ripreso il suo cammino. Dopo Maastricht infatti, sono stati tanti gli egoismi nazionali che hanno rallentato l’affermarsi di un ruolo politico dell’Unione europea, Ue, che non è capace di rispondere alla domanda o al bisogno di una governance mondiale responsabile e sempre più condivisa, in quanto democratica. Basta pensare al silenzio sul cessate il fuoco ad Aleppo! Chi può attendere altri crimini di guerra e contro l’umanità?

Direttori e cooptazioni
A Ventotene, oltre lo scenario paesaggistico e le dichiarazioni di agire in modo più incisivo, la logica del Direttorio (Francia, Germania, Italia) ha confermato i suoi limiti nella leadership dello Stato più forte - la Germania - che di volta in volta sceglie i suoi interlocutori, confermando che rimaniamo ancora all’Europa dei piccoli passi che non risponde alle sfide e non sempre svolge una presenza politica incisiva: si riveda Aleppo, non tralasciando la Russia.

Se dall’immigrazione alla difesa, la domanda di un’Europa politica viene sempre più percepita e se Ventotene segna o vuole essere un ulteriore piccolo passo, una politica fiscale o di risorse proprie non è ritenuta attuale perché prevale l’interesse nazionale e si dimentica il cammino di pace dell’integrazione: Regno Unito docet.

Quale Brexit? 
Il primo ministro inglese Theresa May ha ribadito che “Brexit is Brexit” uno slogan senza una politica, rendendo evidente che il risultato del referendum ha evidenziato superficialità ed impreparazione nel non prevedere e non predisporre una governance conseguente, oltre una mancanza di capacità nel valutare i danni per il proprio Regno “unito” e per gli altri Stati membri.

Quale democrazia? Senza strumentalizzare i referendum, se una minoranza, ignorando gli elementi positivi o ingannata da false argomentazioni, pone qualche dubbio sulla capacità dell’Europa d’integrarsi ed essere un continente di pace, è lecito, interpretando demografia, sovranità e ruolo dei Parlamenti, rinnovare la rappresentanza parlamentare dando ad essa l’ultima parola, che va oltre un referendum consultivo.

Siamo consapevoli che Brexit non è l’unica alternativa, una ulteriore riflessione ed il tempo necessario a conoscere e valutare il valore della pace ed il ruolo dell’Ue porta a condividere quanto Le Monde correttamente argomenta che il referendum ha valore consultivo. L’attuale Camera dei Comuni avrà più di un dubbio a opporsi alla decisione presa con il referendum, ma nel lungo periodo per decidere (2017-2018), questo potrebbe favorire una evoluzione o cambiamento dell’opinione pubblica e dello spirito europeo.

Aiutiamo May a non ripetere l’errore di Cameron d’inseguire i populismi dell’Ukip (estrema destra xenofoba) per l’indipendenza dell’UK, non trascurando un’attenta riflessione sulla cultura delle procedure e consuetudini democratiche che permettono ai popoli di conoscere e consapevolmente decidere.

Le elezioni, prima del 2020, possono essere una conferma della vera volontà degli inglesi di rimanere in un Regno “Unito”: Scozia docet.

Nel contempo, per mantenere la pace, l’Unione deve dotarsi di una propria sovranità per superare i nazionalismi, cosi da distinguere chi vota al referendum per una corretta procedura ed incisività e chi strumentalizza: vedi Ungheria 2 ottobre (l’Europa alla carta non è praticabile); così pure deve andare oltre i direttori le cui forme di “democrazia cooptante” non rispondono agli interessi dell’Ue: politica estera docet.

Di conseguenza, non trascuriamo la Turchia ponte naturale per una politica estera in Medio Oriente ed oltre, e non sottovalutiamo la Russia, dalla Crimea e dal Mar Nero al Mediterraneo.

Il cammino di pace con l’integrazione non è avulso dai Trattati di pace delle due guerre e la dichiarazione di Schuman del 9 maggio 1950 segna la nascita di una Comunità che rifiuta la guerra; Il Manifesto di Ventotene è “figlio” della resistenza, della lotta alla dittatura di Colorni, vittima del fascismo, che con Spinelli e Rossi andarono oltre Livorno del 1921, auspicando la nascita di un’Europa federale a garanzia della libertà, della pace e della solidarietà.

Il Regno Unito non è estraneo a questo cammino di pace, mentre la Russia torna a essere una potenza offensiva e la Turchia deve consolidare la propria democrazia, riconoscendo le minoranze e le diversità: l’Unione europea è un esempio da seguire.

Verso Bratislava
A Bratislava sapremo se il dialogo del Direttorio approderà a dei risultati concreti che non sono avulsi da una politica economica che crei occupazione, senza trascurare di dotare l’Unione bancaria di una garanzia unica dei depositi, da una risposta costruttiva ai rifugiati ed un aiuto ai Paesi che sono in guerra.

Un ruolo politico e più democratico dell’Unione va rilanciato, anche a sostegno delle organizzazioni internazionali che non riescono ad “imporre” una pace duratura, mettendo assieme oltre “il carbone e l’acciaio” anche una difesa non avulsa dalla Nato e che rafforzi i rapporti con gli Usa, affinché la pace coinvolga altri continenti.

Non sarà semplice se non ridiamo alla Commissione il potere d’iniziativa, rispetto agli Stati sempre più chiusi a non disturbare il proprio elettorato, spiegando il successo del processo d’integrazione, i vantaggi di aver vissuto tanti anni in pace e le opportunità di un mercato unico e una moneta unica. Riflettiamo e decidiamo su come coniugare elezioni nazionali e sovranità europea.

Nel 2017 si voterà in Olanda, Francia e Germania, possiamo non decidere e rinviare a dopo l’autunno del 2017? Non dimentichiamo un’Europa dei popoli, che sin dalle elezioni del 1979 venne proposta e votata e che ha significato democrazia e partecipazione, rispetto all’Europa intergovernativa che non riesce a decidere e che non è autonoma dal potere finanziario.

Passato e presente che si concretizzano nei 60 anni dei Trattati di Roma (marzo del prossimo anno), ma ai giovani bisogna dare la certezza di un futuro, affinché le loro scelte siano nel solco della pace.

Il Consiglio europeo di Bratislava può rappresentare una svolta oppure confermare l’Europa dei piccoli passi e dei nazionalismi? Mentre Ventotene rimarrà un’isola lontana, figlia di un periodo storico che alienava alla libertà dalle dittature.

Il contesto non è dei migliori, ma evidenzia che l’Unione ha bisogno di rafforzare e democratizzare la dialettica istituzionale per avere un ruolo politico avulso dai nazionalismi crescenti. Ha bisogno di superare i vecchi confini e avviare una sovranità europea, oltre i Direttori guidati dal Pese più forte e legati all’interesse del proprio elettorato.

In questo contesto abbiamo gli elementi per passi più lunghi, riconosciamo la sensibilità ed il realismo dei padri delle Comunità che avevano deciso per una Commissione avulsa dagli Stati, rafforziamo il potere d’iniziativa della Commissione con un esecutivo direttamente eletto (collegi sovranazionali) e ridotto di numero.

Pasquale Lino Saccà, J.M. Chair ad personam E.C. Roma.

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