Elezioni locali in Ucraina Se Poroshenko perde terreno Giovanna De Maio 03/11/2015 |
Perde terreno. Nelle elezioni locali del 25 ottobre, il presidente ucraino Petro Poroshenko ha perso punti. Rispetto alle parlamentari dello scorso anno, Poroshenko ha fatto guadagnare punti non solo ai suoi alleati di governo minori, come Yulia Timoshenko (Patria) e Andrii Sadovii (Samopomich), ma anche alle forze radicali e nazionaliste di opposizione.
Il tutto in un paese non ancora normalizzato a causa della situazione del Donbass. Le urne non si sono infatti aperte in tutta l’Ucraina e circa 1,2 miliardi di sfollati si sono visti negare il diritto di voto.
Ucraina spaccata
Ancora una volta i risultati parlano di un'Ucraina divisa tra le tendenze filo-occidentali e quelle filo-russe. Il Blocco di Poroshenko (composto dal partito del presidente Solidarietà, dal partito Auto-Aiuto del sindaco di Lviv Andry Sadovy e quello dell'ex premier Yulia Tymoshenko, Patria) trionfa nelle regioni centrali e occidentali.
Tuttavia, la scarsa affluenza alle urne (circa il 46%) è indice di un'insoddisfazione generale dovuta alla guerra nel Donbass e alle disastrose condizioni economiche.
Il Blocco di Opposizione, che è il successore del partito delle regioni facente capo all'ex presidente Viktor Yanukovich ha saputo cavalcare l'onda dell'insoddisfazione delle regioni orientali, inserendosi nelle piaghe della politica di Kiev, incapace di proporre un progetto politico di riunificazione nazionale.
A Dnipropetrovsk è arrivato primo con oltre il 30% e il suo candidato sindaco a Odessa, Gennady Trukhanov ha sconfitto il candidato sostenuto dal governatore della regione Mikheil Saakashvili (Blocco Poroshenko). Quest'ultimo ha denunciato presunti brogli e ha paragonato gli uomini di Trukhanov ai soldati russi che hanno occupato la Crimea, alimentando non poco la tensione già in atto nella città tra nazionalisti ucraini e filo-russi.
Donbass, seggi solo in parte aperti
Nella regione del Donabass le elezioni si sono svolte soltanto nella parte di territorio controllata dal governo di Kiev. Non sono però mancate polemiche. A Mariupol per esempio, che è stata liberata dai ribelli filo-russi nell'estate 2014, le urne non si sono aperte perché la commissione elettorale locale si è rifiutata di usare le schede elettorali stampate da una società legata all'oligarca Rinat Akhmetov, che sostiene il Blocco di Opposizione.
Più complicata è la situazione delle aree controllate dai filo-russi. Le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk avevano minacciato di tenere autonome elezioni rispettivamente il 18 ottobre e il 1 novembre, ma su invito di Mosca hanno desistito.
Qualora si tenessero votazioni senza il consenso delle autorità di Kiev si comprometterebbero gli accordi di Minsk e Mosca non riuscirebbe a realizzare il suo obbiettivo di ottenere una qualche forma di riconoscimento dell'autonomia di queste aree da parte del governo centrale.
L'idea di posporre il voto al febbraio e all'aprile 2016 risponde dunque alla logica del Cremlino di recuperare un po' di tempo per far pressione su Kiev e ottenerne il consenso per le elezioni locali. Questo preserverebbe l'unità del paese de iure, ma de facto si tradurrebbe in un'accettazione e in un congelamento della situazione.
Tuttavia ci sono alcune importanti precisazioni, che il presidente russo Vladimir Putin ha tenuto ad elencare nel corso dell'annuale conferenza al Valdaj Club: l'Ucraina deve emendare la costituzione in modo permanente e negoziare con i rappresentanti delle repubbliche di Donetsk e Lugansk uno stato speciale di autonomia. Inoltre, Putin ha chiesto un'amnistia collettiva per coloro che sono sospettati di aver commesso crimini di guerra.
Oltre la spaccatura
Parlare esclusivamente di divisione est-ovest potrebbe essere molto riduttivo rispetto alla complessità della realtà ucraina che sfugge a semplificazioni basate sulla lingua, comportamenti elettorali e religiosi. Esistono differenze da regione a regione, ma anche all'interno della stessa oblast come quella Odessa, dove le tendenze filo-russe sono concentrate nel centro e al nord, mentre in altre parti non è così evidente.
Il governo di Kiev ha finora impostato la sua visione monista tesa a definire il proprio percorso verso la modernità e a costruire un'identità inequivocabile e libera dal peso del passato sovietico. Per il momento quest'impostazione non ha prodotto risultati positivi, incidendo anzi sulle rivendicazioni dei ribelli del Donbass.
Senza un'adeguata politica di pacificazione nazionale, che sappia invece proporre una visione pluralista di accettazione della complessità della composizione della società ucraina dal punto di vista linguistico, sociale, culturale, i tempi per la normalizzazione del Donbass e quindi del paese sono destinati a dilatarsi.
Giovanna De Maio è dottoranda di ricerca presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale; è stata stagista per la comunicazione presso lo IAI.
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Ucraina spaccata
Ancora una volta i risultati parlano di un'Ucraina divisa tra le tendenze filo-occidentali e quelle filo-russe. Il Blocco di Poroshenko (composto dal partito del presidente Solidarietà, dal partito Auto-Aiuto del sindaco di Lviv Andry Sadovy e quello dell'ex premier Yulia Tymoshenko, Patria) trionfa nelle regioni centrali e occidentali.
Tuttavia, la scarsa affluenza alle urne (circa il 46%) è indice di un'insoddisfazione generale dovuta alla guerra nel Donbass e alle disastrose condizioni economiche.
Il Blocco di Opposizione, che è il successore del partito delle regioni facente capo all'ex presidente Viktor Yanukovich ha saputo cavalcare l'onda dell'insoddisfazione delle regioni orientali, inserendosi nelle piaghe della politica di Kiev, incapace di proporre un progetto politico di riunificazione nazionale.
A Dnipropetrovsk è arrivato primo con oltre il 30% e il suo candidato sindaco a Odessa, Gennady Trukhanov ha sconfitto il candidato sostenuto dal governatore della regione Mikheil Saakashvili (Blocco Poroshenko). Quest'ultimo ha denunciato presunti brogli e ha paragonato gli uomini di Trukhanov ai soldati russi che hanno occupato la Crimea, alimentando non poco la tensione già in atto nella città tra nazionalisti ucraini e filo-russi.
Donbass, seggi solo in parte aperti
Nella regione del Donabass le elezioni si sono svolte soltanto nella parte di territorio controllata dal governo di Kiev. Non sono però mancate polemiche. A Mariupol per esempio, che è stata liberata dai ribelli filo-russi nell'estate 2014, le urne non si sono aperte perché la commissione elettorale locale si è rifiutata di usare le schede elettorali stampate da una società legata all'oligarca Rinat Akhmetov, che sostiene il Blocco di Opposizione.
Più complicata è la situazione delle aree controllate dai filo-russi. Le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk avevano minacciato di tenere autonome elezioni rispettivamente il 18 ottobre e il 1 novembre, ma su invito di Mosca hanno desistito.
Qualora si tenessero votazioni senza il consenso delle autorità di Kiev si comprometterebbero gli accordi di Minsk e Mosca non riuscirebbe a realizzare il suo obbiettivo di ottenere una qualche forma di riconoscimento dell'autonomia di queste aree da parte del governo centrale.
L'idea di posporre il voto al febbraio e all'aprile 2016 risponde dunque alla logica del Cremlino di recuperare un po' di tempo per far pressione su Kiev e ottenerne il consenso per le elezioni locali. Questo preserverebbe l'unità del paese de iure, ma de facto si tradurrebbe in un'accettazione e in un congelamento della situazione.
Tuttavia ci sono alcune importanti precisazioni, che il presidente russo Vladimir Putin ha tenuto ad elencare nel corso dell'annuale conferenza al Valdaj Club: l'Ucraina deve emendare la costituzione in modo permanente e negoziare con i rappresentanti delle repubbliche di Donetsk e Lugansk uno stato speciale di autonomia. Inoltre, Putin ha chiesto un'amnistia collettiva per coloro che sono sospettati di aver commesso crimini di guerra.
Oltre la spaccatura
Parlare esclusivamente di divisione est-ovest potrebbe essere molto riduttivo rispetto alla complessità della realtà ucraina che sfugge a semplificazioni basate sulla lingua, comportamenti elettorali e religiosi. Esistono differenze da regione a regione, ma anche all'interno della stessa oblast come quella Odessa, dove le tendenze filo-russe sono concentrate nel centro e al nord, mentre in altre parti non è così evidente.
Il governo di Kiev ha finora impostato la sua visione monista tesa a definire il proprio percorso verso la modernità e a costruire un'identità inequivocabile e libera dal peso del passato sovietico. Per il momento quest'impostazione non ha prodotto risultati positivi, incidendo anzi sulle rivendicazioni dei ribelli del Donbass.
Senza un'adeguata politica di pacificazione nazionale, che sappia invece proporre una visione pluralista di accettazione della complessità della composizione della società ucraina dal punto di vista linguistico, sociale, culturale, i tempi per la normalizzazione del Donbass e quindi del paese sono destinati a dilatarsi.
Giovanna De Maio è dottoranda di ricerca presso l'Università degli Studi di Napoli L'Orientale; è stata stagista per la comunicazione presso lo IAI.
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