Referendum in Svizzera Ecopop o Ecoflop? Cosimo Risi 01/12/2014 |
No, no, no. Così ha risposto la Svizzera ai tre quesiti referendari del 30 novembre che riguardavano rispettivamente l’aumento della riserva aurea della Banca Nazionale, la fine della fiscalità agevolata per gli stranieri residenti e il limite alla crescita della popolazione.
Dei tre quello di maggiore rilievo interno e per i profili internazionali è il cosiddetto Ecopop, dal nome dello schieramento verde che lo sosteneva. Il referendum chiedeva di limitare allo 0,2% la crescita della popolazione immigrata residente nel paese. Il quesito giustificava la richiesta del controllo dell’immigrazione per questioni quasi ambientali, ecologiche.
Controllo dell’immigrazione
Il quesito “stop alla sovrappopolazione - sì alla conservazione delle basi naturali della vita” mirava a limitare la crescita della popolazione mediante il controllo dell’immigrazione: non per xenofobia, ma in omaggio allo sviluppo sostenibile. Un eccesso di popolazione in un paese montagnoso e dal ridotto spazio sfruttabile significa, per i promotori, minacciare il modello svizzero.
La schiacciante maggioranza per il “no” è doppia: popolazione (oltre il 70% degli aventi diritto) e cantoni. La vittoria è ineccepibile. Il segnale è forte. I sondaggi prevedevano la triplice vittoria del “no”, ma in misura inferiore di quella uscita dai seggi. Molti di quanti si erano pronunciati per il “si” nelle intenzioni di voto hanno cambiato idea una volta arrivati ai seggi e gli indecisi hanno infine optato per il “no”.
Il Ticino - che a febbraio aveva determinato la vittoria con un voto larghissimo - si è ricreduto. Ancorché nel Cantone si pensasse a un testa a testa, è il “no” a prevalere.
Svizzera-Ue
È difficile misurare l’impatto del voto sullo scenario internazionale. Di certo la maggioranza della popolazione ha reagito al successo di febbraio, colpita dalle reazioni internazionali e dalle conseguenze sui rapporti con l’Ue. Che lo si voglia o no, l’Unione è il principale partner della Confederazione.
L’eventuale vittoria del referendum Ecopop avrebbe segnato un’ulteriore battuta d’arresto sulla via d’Europa. Sarebbe saltato l’accordo sulla libera circolazione delle persone e, con esso, la serie degli accordi bilaterali con l’Ue.
Non che la trama dei patti con Bruxelles sia salva col voto del 30 novembre. Resta l’ipoteca delle proposte che il Consiglio federale presenterà per applicare l’iniziativa costituzionale di febbraio. Il termine è il 2017, ma c’è tempo.
Prima ci sono le elezioni politiche generali nell’autunno 2015. Il panorama parlamentare potrebbe mutare e nel nuovo quadro potrebbe spirare aria nuova anche riguardo ai rapporti con l’Ue.
Italia e frontalieri
Il rapporto con l’Italia è una variante del binario europeo e in genere multilaterale. La libera circolazione delle persone, che implica quella dei lavoratori frontalieri, è materia eminentemente europea. Lo scambio automatico d’informazioni a fini fiscali rientra nel campo Ocse. Il ruolo italiano è di sostegno alle tesi europee.
Stiamo attenti a non duplicare i canali di comunicazione e chiarire i limiti della nostra azione negoziale. Di rilievo è la nostra strategia dell’attenzione verso le regioni italofone. Alcuni portano il tema dei frontalieri a simbolo del malessere nei confronti dell’Italia. Ora può essere rimesso nella giusta dimensione economica e sociale.
I cantoni francofoni e germanofoni hanno un numero di frontalieri che, nel caso di quelli provenienti dalla Francia, è il doppio del nostro. Eppure la Svizzera rimanda, non manifesta, particolari segni d’insofferenza. Per non parlare della Svizzera alemanna, dove la presenza tedesca penetra a tutti i livelli sociali.
Il rapporto con la Svizzera deve andare al di là di quello che in diplomazia si chiama di buon vicinato. È un rapporto d’integrazione basato sulla comunanza d’interessi e principi.
Cosimo Risi, Ambasciatore a Berna, è docente di Relazioni internazionali al Collegio europeo di Parma.
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Dei tre quello di maggiore rilievo interno e per i profili internazionali è il cosiddetto Ecopop, dal nome dello schieramento verde che lo sosteneva. Il referendum chiedeva di limitare allo 0,2% la crescita della popolazione immigrata residente nel paese. Il quesito giustificava la richiesta del controllo dell’immigrazione per questioni quasi ambientali, ecologiche.
Controllo dell’immigrazione
Il quesito “stop alla sovrappopolazione - sì alla conservazione delle basi naturali della vita” mirava a limitare la crescita della popolazione mediante il controllo dell’immigrazione: non per xenofobia, ma in omaggio allo sviluppo sostenibile. Un eccesso di popolazione in un paese montagnoso e dal ridotto spazio sfruttabile significa, per i promotori, minacciare il modello svizzero.
La schiacciante maggioranza per il “no” è doppia: popolazione (oltre il 70% degli aventi diritto) e cantoni. La vittoria è ineccepibile. Il segnale è forte. I sondaggi prevedevano la triplice vittoria del “no”, ma in misura inferiore di quella uscita dai seggi. Molti di quanti si erano pronunciati per il “si” nelle intenzioni di voto hanno cambiato idea una volta arrivati ai seggi e gli indecisi hanno infine optato per il “no”.
Il Ticino - che a febbraio aveva determinato la vittoria con un voto larghissimo - si è ricreduto. Ancorché nel Cantone si pensasse a un testa a testa, è il “no” a prevalere.
Svizzera-Ue
È difficile misurare l’impatto del voto sullo scenario internazionale. Di certo la maggioranza della popolazione ha reagito al successo di febbraio, colpita dalle reazioni internazionali e dalle conseguenze sui rapporti con l’Ue. Che lo si voglia o no, l’Unione è il principale partner della Confederazione.
L’eventuale vittoria del referendum Ecopop avrebbe segnato un’ulteriore battuta d’arresto sulla via d’Europa. Sarebbe saltato l’accordo sulla libera circolazione delle persone e, con esso, la serie degli accordi bilaterali con l’Ue.
Non che la trama dei patti con Bruxelles sia salva col voto del 30 novembre. Resta l’ipoteca delle proposte che il Consiglio federale presenterà per applicare l’iniziativa costituzionale di febbraio. Il termine è il 2017, ma c’è tempo.
Prima ci sono le elezioni politiche generali nell’autunno 2015. Il panorama parlamentare potrebbe mutare e nel nuovo quadro potrebbe spirare aria nuova anche riguardo ai rapporti con l’Ue.
Italia e frontalieri
Il rapporto con l’Italia è una variante del binario europeo e in genere multilaterale. La libera circolazione delle persone, che implica quella dei lavoratori frontalieri, è materia eminentemente europea. Lo scambio automatico d’informazioni a fini fiscali rientra nel campo Ocse. Il ruolo italiano è di sostegno alle tesi europee.
Stiamo attenti a non duplicare i canali di comunicazione e chiarire i limiti della nostra azione negoziale. Di rilievo è la nostra strategia dell’attenzione verso le regioni italofone. Alcuni portano il tema dei frontalieri a simbolo del malessere nei confronti dell’Italia. Ora può essere rimesso nella giusta dimensione economica e sociale.
I cantoni francofoni e germanofoni hanno un numero di frontalieri che, nel caso di quelli provenienti dalla Francia, è il doppio del nostro. Eppure la Svizzera rimanda, non manifesta, particolari segni d’insofferenza. Per non parlare della Svizzera alemanna, dove la presenza tedesca penetra a tutti i livelli sociali.
Il rapporto con la Svizzera deve andare al di là di quello che in diplomazia si chiama di buon vicinato. È un rapporto d’integrazione basato sulla comunanza d’interessi e principi.
Cosimo Risi, Ambasciatore a Berna, è docente di Relazioni internazionali al Collegio europeo di Parma.
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