Master in
“Terrorismo
e Antiterrorismo Internazionale. Obiettivi, Piani e Mezzi - Liv. 1”
Gli strumenti legislativi dell’Unione europea nella lotta contro il terrorismo
‹‹La
Direttiva (UE) 2017/541 e il fenomeno dei combattenti terroristi stranieri››
Premessa
Nel 2005 Daniel Keohane,
un ricercatore presso il Centre for European Reform (CER) di Londra, un think-thank
su questioni europee, scriveva ‹‹Nell'Unione europea i terroristi - ma non i
poliziotti - possono muoversi facilmente attraverso le frontiere nazionali
[...]›› [1].
Dagli attentati
terroristici di Madrid dell’11 marzo 2004, i politici dell'UE si sono espressi
con forza a favore di una maggiore cooperazione europea nella lotta al
terrorismo e che l'Unione europea debba assumere un ruolo maggiore nell’aiutare
gli Stati membri a monitorare e prevenire le attività terroristiche
transfrontaliere sia entro i confini dell'Europa che oltre.
L’Unione europea può, con
la forza del diritto, armonizzare le 27 legislazioni nazionali degli Stati
membri su fenomeni, come quello del terrorismo, che involgono aree di
intervento politico e tecnico fra le più disparate: non solo le autorità
incaricate delle indagini o quelle deputate al perseguimento dei reati, ma
anche quelle preposte al controllo delle frontiere esterne, alla politica
estera e di difesa comune, quelle che tracciano i movimenti finanziari
destinati a sostenere gruppi terroristici, quelle che si occupano
dell’istruzione, come la ricerca accademica sui fenomeni terroristici e sulla
radicalizzazione.
Cercare di coordinare gli
sforzi collettivi di 27 governi a livello di Unione Europea è esponenzialmente
più difficile che adottare una singola legislazione per un singolo Stato. Da un
lato, infatti, i governi sono d'accordo in linea di principio sul fatto che la
cooperazione a livello europeo sia una buona cosa, data la natura
transfrontaliera della minaccia terroristica. Dall'altro, sono lenti a
conferire all'Unione i poteri (come indagini e procedimenti giudiziari) e le
risorse (come intelligence e denaro) di cui avrebbe bisogno per essere
veramente efficace. Questo perché la politica di sicurezza - soprattutto quando
si tratta di proteggere cittadini - va a toccare il cuore della sovranità
nazionale e i governi sono riluttanti a conferire all'UE poteri che potrebbero
interferire con le loro leggi esistenti e le pratiche di sicurezza nazionali:
in sostanza con le cosiddette politiche dell'ordine e della sicurezza pubblica [2].
Dopo l'11 settembre 2001
l'Unione europea ha costantemente sviluppato, sebbene in maniera disomogenea,
misure antiterrorismo nell'ambito del proprio quadro istituzionale e giuridico.
Dal dicembre post 9/11 [3] il Consiglio dell'UE ha
proposto misure specifiche di per la lotta al terrorismo, tra cui procedure per
l'inserimento nella lista nera di persone ed entità coinvolte in atti di
terrorismo, la criminalizzazione del finanziamento del terrorismo e il
congelamento di tutti i fondi, le attività finanziarie e le risorse economiche
di proprietà dei terroristi [4].
Un successivo balzo in
avanti della legislazione europea sul contrasto al terrorismo si ha a seguito
della necessità di affrontare il fenomeno dei cosiddetti «lupi solitari» e
delle cellule terroristiche composte da «foreign terrorist fighters»
all'interno del territorio europeo. Necessità divenuta ancora più pressante
alla luce degli attacchi terroristici verificatisi negli ultimi anni come quelli
di Bruxelles nel 2016, gli eventi di Parigi al giornale satirico Charlie Hebdo
(13 novembre 2015) e al teatro Bataclan (9 gennaio 2016), così come gli
attacchi a Nizza (14 luglio 2016) e Barcellona (17 agosto 2017), e alla presa
di coscienza del fatto di essere stati perpetrati da giovani musulmani,
cittadini europei di seconda o terza generazione, attraverso modalità del tutto
innovative.
La Direttiva (UE)
2017/541 del marzo 2017 sulla lotta contro il terrorismo è una risposta a
questi ultimi eventi e segue un filo che riconduce alla risoluzione del
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che per prima ha dichiarato guerra
ai fenomeni come i combattenti terroristi stranieri [5] definiti quali «[…]
individui che si recano in uno Stato diverso da quello di residenza o di
nazionalità al fine di perpetrare, pianificare o preparare, o partecipare ad
atti terroristici o di fornire o ricevere addestramento terroristico, anche in
relazione a conflitti armati […]»
La ricerca presentata in
questa tesi si è pertanto basata sull'analisi comparativa dei documenti
rilevanti delle istituzioni europee ed organismi internazionali in materia di
terrorismo, dalle comunicazioni strategiche agli atti legislativi veri e
propri, ponendone in evidenza il loro ultimo sviluppo e le direttrici future
nonché le ricadute ed implicazioni sul lato operativo, avendo come metodo
quello di distinguere per obiettivi finali, piani per raggiungerli e mezzi
utilizzati o da utilizzarsi per contrastare il fenomeno.
[1]
Daniel Keohane, The EU and counter-terrorism,
Centre for European Reform (CER) working paper, Londra, maggio 2005.
[2] D'altronde è lo stesso Trattato
sull'Unione europea (TUE) all'articolo 4 comma 2 a chiarire che ‹‹L'Unione
[...] rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni
di salvaguardia dell'integrità territoriale, di mantenimento dell'ordine
pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza
nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro.››
[3] Ad esempio con il regolamento (CE)
n. 2580/2001 del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive
specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il
terrorismo (GU L 344 del 28.12.2001); la posizione comune 2001/931/PESC del
Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure
specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 344 del 28.12.2001); decisione
(PESC) 2016/1693 del Consiglio del 20 settembre 2016 concernente misure
restrittive nei confronti dell'ISIL e di Al Qaeda e di persone, gruppi, imprese
ed entità a essi associati e che abroga la posizione comune 2002/402/PESC
(GU L 255 del 21.9.2016); ed altre (cfr. il sito della Commissione europea www.sanctionsmap.eu).
[4] Vedasi da ultimo l’inserimento di
soggetti legati alla minaccia rappresentata da Hamas e agli attacchi
terroristici perpetrati in Israele del 7 ottobre 2023 (cfr. www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2023/12/08/fight-against-terrorism-council-adds-two-individuals-to-the-eu-terrorist-list-in-response-to-the-7-october-attacks/).
[5] Risoluzione del Consiglio di
sicurezza delle Nazioni Unite nr. 2178 (2014) del 24 settembre 2014.
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