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Metodo di Ricerca ed analisi adottato

Medoto di ricerca ed analisi adottato
Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

giovedì 29 febbraio 2024

Sergio Benedetto Sabetta. Essere Nazione

 

To apeiron, ovvero l’essere “indefinito”

Riflessi sull’identità nazionale

 

Te. Cpl. Art. Pe. Sergio  Benedetto  Sabetta

 

“ Il termine ellenico to apeiron non significa solo infinitamente lungo/grande, ma anche indefinibile, complesso al di là di ogni ragionevolezza, ciò-che-non-può-essere-gestito” ( David Foster Wallace – 39- Tutto di più, Codice ed.)

 

 

         Osserva Cardini che nella cultura vi è un trend con una “concentrazione qualitativa ma forte diminuzione qualitativa di chi detiene una preparazione medio – alta, proletarizzazione culturale in fortissimo aumento, crescita dell’alfabetismo di ritorno e della de mobilitazione intellettuale” (109), che si accompagna ad una “generale tendenza alla sparizione dei ceti medi e alla proletarizzazione delle “moltitudini”.

         In questa mancanza di un’idea di Occidente vi è il disperdersi senza indirizzo, privi di una “cultura del limite” che ne costituisca il contenitore, se, come sottolinea Edward O. Wilson, “all’interno dei gruppi gli individui egoisti vincono sugli altruisti”, ma è “tra o gruppi quelli che contengono altruisti vincono su quelli che formati da egoisti” ( 79).

         Vi è pertanto la necessità di un equilibrio fondato su un’idea riconosciuta di Occidente con i suoi valori identitari.

         Bauman parla di una “decostruzione della morte” e di una parallela “decostruzione dell’immortalità”, in cui ad uno spostare l’attenzione sulle cause della morte, che diventano comunque evitabili e razionalmente aggredibili, si contrappone un annullamento dell’idea di eternità, in un presente fatto di momenti, dove non vi è più distinzione fra transitorio e duraturo, dove la storia e l’eterno, il prima e il dopo vengono a volatilizzarsi.

         Viene annullata la distinzione tra il presente dell’uomo e l’infinito di Dio, nella confusione che si crea cessa il concetto di futuro, il ponte tra presente e infinito luogo d’incontro tra la finitezza umana e la sua coscienza della divinità, nel volere ridurre tutto al presente al futuro prossimo si vuole negare la probabilità di un infinito immanente e causale sui destini umani, trasformandosi l’insieme in un “indefinito” privo di freccia temporale.

         La scissione che è avvenuta tra mente e corpo a partire da Descartes ha favorito le “decostruzioni” indicate da Bauman, la distinzione fra proprietà attribuite ai soli eventi mentali e quelle proprie degli eventi fisici ha fatto sì che il corpo, privo e staccato dalle manifestazioni di intenzionalità mentali, è stato visto come una macchina da riparare i cui guasti sono razionalmente aggredibili, fino a giungere ad un “naturalismo eliminazionalista” che superando la stessa “teoria dell’identità” ha negato l’esistenza dei fenomeni mentali autonomi dai concetti fisici ( Feigl – Place – Feyerabend), invertendo l’antico prevalere della mente sul corpo.

         Il rapporto tra mente e corpo è stato, altresì, visto in termini esterni al sistema, nei quali impulsi provenienti da differenti ambienti danno luogo a interpretazioni differenti del sistema stesso, il tutto, quindi, manovrabile completamente dal e mediante il contesto ambientale ( Putnam).

         L’intrinseca capacità della natura di elaborare informazioni comporta una complessità del sistema con una conseguente ridotta capacità di prevedibilità delle future informazioni, lo stesso vuoto tra un’informazione e l’altra  modifica e interpreta l’informazione trasmessa, ma nell’uomo vi è l’ulteriore complessità determinata dalla moltitudine di linguaggi come mezzi di trasmissione dell’informazione.

         Osserva  Lloyd che è più semplice quantificare l’informazione, come energia o denaro, che qualificarla e definirla correttamente, d’altronde l’ambiguità del linguaggio umano da elemento di disturbo del sistema diventa di per sé stesso un ulteriore mezzo espressivo, che arricchisce le possibilità di trasmissione a fronte della non conoscenza dei modi di elaborazione delle informazioni da parte della mente umana.

         Molta informazione  è invisibile senza la necessità di alcun intervento umano, se a questo aggiungiamo la logica e una certa autoreferenzialità si ottiene l’imprevedibilità delle azioni umane.

Il sogno della certezza, della prevedibilità solo presente e quindi del tutto controllabile delle nostre vite ci fornisce la certezza economica per una totalità dei consumi, in cui l’accumulo mediante risparmio per un arco di tempo incerto perde le caratteristiche della virtù invertendo i valori, d’altronde la stessa finanza ha provveduto a sbriciolare le certezze future.

         Il nostro finito costeggia senza posa l’infinito, l’unità uomo è inscatolata in infinite strutture sommariamente identiche che tuttavia variano la “risoluzione” dell’immagine su scale differenti in una proiezione indefinita del tempo, quello che può anche definirsi un “ideale a infinito interno” (Luminet - Lachiéze - Rey), in questa lotta perenne tra finito e intuizione dobbiamo occuparci non solo e tanto dell’ esistenza quanto di quello che Russell definisce una “possibilità di esistenza”, frutto di una composizione infinita di trasformazioni infinitesimali.

         Il tempo risultato del continuo cambiamento della configurazione del sistema viene da noi percepito in funzione della nostra posizione nel sistema che ci comprende, la somma dei nostri diverso “Adesso” in cui la nostra esperienza è immersa crea le varie probabilità che possiamo percepire (Barbour), ma noi tendiamo a vivere nel qui ed ora quale risultato di una causalità orizzontale della totalità delle cose, così che per noi le cose non diventano ma sono.

         Viene, pertanto, negata la probabilità degli eventi per un immanentismo totale senza futuro, ma anche senza la possibilità del rischio della morte e dell’impotenza che diventa antieconomica e quindi da negare, ogni azione umana viene così imperniata nella negazione della possibilità del cessare, nell’ esistere di un continuo presente che rinasce quale idea ad ogni costruzione dell’uomo, da quella economica a quella giuridico – sociale e quindi politica.

         Vi è pertanto uno scollamento sul sentimento di identità nazionale, la Nazione quale società degli antenati legata ad un territorio tra passato e futuro, questa viene a sciogliersi in una globalità indefinita, nell’interstatualità di un internazionalismo obliquo e indeterminato, nella cui generale incertezza rientra anche il problema demografico, ridotto anch’esso in gran parte ad un puro aspetto economico individuale, non come investimento collettivo.

         In questo sciogliersi dell’identità dell’individuo nell’indefinito, utile ad un determinato modello economico, nasce inaspettatamente lo scontro, il conflitto con le diverse realtà culturali esistenti e il loro riaffermarsi anche in termini bellici.

 

Bibliografia

 

·        AA.VV., Popolazione e potere, Aspenia, 2023;

·        Z. Bauman, Mortalità, immortalità e altre strategie di vita, Il Mulino, 1995;

·        J. Barbour, La fine del tempo, Einaudi, 2003;

·        F. Cardini, La deriva dell’Occidente, Laterza, 2023;

·        L. Geymonat, storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti,1996;

·        S. Lloyd, Il programma dell’universo, Einaudi, 2006;

·        J.P. Luminet, M. Lachiéze-Rey, Finito o infinito?, Cortina ed., 2006;

·        Edward O. Wilson, Le origini profonde delle società umane, Raffaello Cortina Ed., 2020.

        

martedì 20 febbraio 2024

URSS - Numero dei Gulag e loro consistenza Mappa


 Fonte Limes, Rivista Italiana di Geopolitica, n. 3/2003

sabato 10 febbraio 2024

Antonio Trogu. Paesi del Club dell'Atomo. Gran Bretagna e Francia

 

Gran Bretagna

Nel progetto Manhattan, progetto nucleare americano che portò il Paese a produrre l'atomica durante la Seconda Guerra Mondiale, furono coinvolti anche alcuni esperti inglesi, ma nel 1946 la legge Mac Mahon vietò agli Stati Uniti qualsiasi collaborazione in campo nucleare con Stati stranieri, tra cui anche gli alleati. Fu allora che la Gran Bretagna si dotò di un programma proprio, procedendo ad una serie test autonomi, dei quali il primo si registrò nel 1952. A questo fece seguito nel 1957 l'Operazione Grapple, con la detonazione della prima bomba all'idrogeno britannica. Oggi possiede 215 testate di cui 150 dispiegate, esclusivamente per uso sottomarino. Il Regno Unito è quindi la quarta potenza nucleare del mondo in termini di numero di testate possedute. Il governo britannico mantiene una flotta di quattro sottomarini con capacità nucleari in Scozia, ognuno armato con 16 missili balistici intercontinentali della serie Trident. Negli anni passati è stato avviato l'ammodernamento dell'arsenale, che dovrebbe concludersi nel 2024.

Francia

Anche la Francia fa parte del club nucleare. Il suo programma, già avviato alla fine degli anni Cinquanta, conobbe una impennata sotto la presidenza di Charles De Gaulle e il primo test, il cosiddetto “Gerboise bleue”, fu eseguito nel 1960 nel deserto dell'Algeria, il più potente mai realizzato. Dopo essersi liberato del fardello delle colonie e aver aumentato notevolmente i poteri del Presidente a spese del Parlamento, De Gaulle si concentrò su due obbiettivi: riportare la Francia al rango che riteneva le spettasse di potenza preminente in Europa ed emancipare l’Europa dall’egemonia esercitata dalle due superpotenze. Inoltre sostenne che l’Europa non avrebbe dovuto affidare la propria sicurezza agli Stati Uniti, i quali avevano ormai cessato di esercitare la funzione di “scudo” per rallentare l’avanzata comunista. La dottrina strategica di Eisenhower della Massive Retaliation non rappresentava per De Gaulle una risposta al problema della sicurezza europea, ma non trovava soddisfacente neanche la dottrina di Kennedy della Flexible Deterrent Options che prevedeva di commisurare la potenza della risposta e il tipo di Forze impegnate, all'attacco subito; il timore era che la scomparsa dell’impegno incondizionato di deterrenza nucleare statunitense avrebbe potuto invogliare l’Unione Sovietica a ingaggiare una guerra convenzionale in Europa. Nel giugno 1985 De Gaulle propose una radicale ristrutturazione della NATO per rafforzare il ruolo della Francia, creando un direttorio interno tripartito composto da USA, GB e Francia. Quando la proposta venne respinta da Washington, De Gaulle cercò allora di aumentare l’influenza francese al di fuori della NATO con il progetto Force de Frappe , forza di dissuasione nucleare indipendente basata sulle tre componenti aerea, terrestre e marittima. La prima ad essere operativa fu quella aerea (1964) su 62 bombardieri Mirage IV, la seconda componente fu quella terrestre (agosto 1971) e l’ultima fu quella marittima (dicembre 1971). L’obbiettivo principale della Force de Frappe era chiaramente politico piuttosto che militare, mirando ad aumentare il prestigio e il potere della Francia affinché essa assumesse il ruolo di terza forza rispetto alle due superpotenze e il ruolo di guida di un’Europa occidentale libera dal controllo statunitense. In seguito la Francia non ha aderito al PTBT (Partial Test Ban Treaty) ma ha abbandonato autonomamente ( a seguito di pressanti pressioni internazionali) i test atmosferici nel 1974 e nel 1992 ha firmato il trattato di non proliferazione. Oggi possiede 300 testate.