La campagna per le elezioni presidenziali in Francia - primo turno domenica 23 aprile - presenta una serie di novità. Il fatto che l’estrema destra figuri come il partito più votato al primo turno è già di per sé un elemento dirompente. E ciò dovrebbe fare saltare la tradizionale alternanza fra destra e sinistra, una regola che sembrava immutabile dopo la presidenza Sarkozy, con l’impossibilità per la parte al potere di riconquistare la poltrona.
Se consideriamo che la presenza del Front National al secondo turno è altamente probabile, allora, stando ai sondaggi, possiamo avere tre tipi di ballottaggio: Le Pen/Fillon, Le Pen/Macron, oppure Le Pen/ Mélenchon. Di questi quattro candidati, uno solo, Fillon, è l'espressione di una formazione politica, ‘LesRépublicains’, che si pone in linea di continuità con la destra classica. La sinistra di governo, quella socialista, sembra invece destinata a scomparire per la debolezza del suo candidato Benoit Hamon.
Sia il Front National sia ‘En Marche’ (il movimento di Macron, neo-centrista), ma anche ‘La France Insoumise’ (il partito di Mélenchon, sinistra radicale) si presentano come movimenti di rottura con l’establishment dei vecchi partiti.
Un rapporto presidenza-governo modificato Questa situazione fa emergere una serie di preoccupazioni: le istituzioni della Quinta Repubblica francese e il sistema maggioritario a doppio turno sono stati creati con l'idea di una scelta fra un campo e l’altro, fra destra e sinistra, che spingesse poi l'elettorato a una scelta simile, a favore del partito del presidente, alle successive legislative.
Ora, con varie forze politiche che, nei sondaggi, s’aggirano intorno al 20%, l’effetto alle legislative potrebbe essere bizzarro, con un’Assemblea nazionale divisa in vari gruppi senza che nessuno abbia la maggioranza per formare un governo. Il che dovrebbe condurre a un governo di coalizione, ma anche modificare il rapporto fra il presidente e il governo.
Nelle ultime due presidenze, quella di Sarkozy e quella di Hollande, l’accoppiamento fra mandato presidenziale di cinque anni e una legislatura della stessa durata aveva di fatto modificato la prassi istituzionale, con un governo indebolito nei confronti di una presidenza della Repubblica che era il vero fulcro decisionale. Seguendo questa logica, il ruolo del primo ministro è risultato ridotto, con figure assai pallide che somigliavano più a un sottosegretario alla presidenza del Consiglio che a un vero e proprio capo del governo.
Lo scenario del 2017 spinge a una presidenza che non potrà avere un sostegno forte e unico in Parlamento. La natura composita della maggioranza parlamentare innescherà, quindi, una più forte autonomia del governo e potrebbe anche facilmente tradursi in una vera e propria coabitazione, se verranno eletti candidati non in grado di costruire una coalizione parlamentare che li sostenga (come la Le Pen, o Mélenchon).
Si può dunque prevedere una rivitalizzazione della funzione governativa, in un contesto di forze politiche frammentate in cui il presidente della Repubblica non riesce a dettare una linea a un governo che deve la sua legittimità al voto del Parlamento.
Fluidità e complessità del contesto francese Ma questi scenari non esauriscono la fluidità e la complessità dell’attuale situazione francese. Anche se la Le Pen sembra destinata a passare al secondo turno, non si possono nemmeno escludere soprese come una sua eliminazione e il ritorno a un quasi classico duello Fillon/Macron, oppure di un inedito Macron/Mélenchon.
Il perché di questa fluidità sta nelle ridotte distanze che emergono dai sondaggi. Tutti e quattro i candidati sono valutati intorno al 20% nelle intenzioni di voto. I margini di errore sono quindi importanti, perché se una formazione che oggi sembra raccogliere il 18% dei consensi dovesse invece raggiungere il 20 o il 21%, dovremmo aspettarci scarti equivalenti in altre formazioni. Sono variazioni piccole, ma che possono cambiare completamente il risultato, modificando la classifica fra i quattro schieramenti.
Il grado di imprevedibilità è quindi piuttosto alto. Nell’attuale contesto, il binomio favorito per il passaggio al secondo turno sembra essere quello formato da Marine Le Pen e Emmanuel Macron. Ed anche in questo scenario risulta difficile prevedere con certezza il risultato finale, legato all’astensione e pure ai movimenti dell’elettorato degli altri candidati eliminati.
C’è quindi un complesso e assai fluido gioco delle probabilità che lascia intravedere un rischio importante per la stabilità della Francia e quindi dell’Europa. L’elezione alla presidenza della Repubblica francese di solito mette in ordine il Paese per i successivi cinque anni con una maggioranza chiara. Questa volta sembra molto più difficile che ciò avvenga.
Ci sarà per forza di cose un assestamento che passerà attraverso un ruolo e un rapporto diverso del Parlamento con il governo, con la costituzione di maggioranze composite o coalizioni, sia nel caso dell’elezione di Marine Le Pen che negli altri casi. Il sistema presidenziale francese ha dimostrato una certa stanchezza con le ultime presidenze, che sono spesso cadute nel degrado morale, e con la percezione di una mancanza di efficienza delle politiche svolte.
Al di là del risultato, queste elezioni trasformeranno il sistema e potrebbero avvicinare la Francia alla Germania oppure all’Italia. Potrebbe essere un segnale di blocco, se fosse ad esempio eletta la Le Pen che avesse poi un governo di colore diverso sostenuto dall’Assemblea, oppure di grande rinnovo, con presidenti obbligati a interagire con varie forze politiche e forse in grado poi di replicare questo sistema di alleanze a livello europeo. Comunque vada, sarà una svolta storica.
Jean Pierre Darnis è Direttore Programma Sicurezza e Difesa IAI.
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