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Metodo di Ricerca ed analisi adottato

Medoto di ricerca ed analisi adottato
Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

martedì 12 aprile 2016

Russia: lo sguardo rivolto al passato

ssia-Siria
Putin e le paranoie da Guerra Fredda
Francesco Bascone
01/04/2016
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L'annuncio del ritiro russo dalla Siria ha colto di sorpresa un po' tutti. Ma specialmente coloro che sospettano che in ogni mossa di Mosca vi sia un animus nocendi, una volontà di mettere sotto scacco l'Occidente.

Esperti che nella migliore delle ipotesi avevano visto nell'intervento in Siria un tentativo di rovesciare gli equilibri geopolitici mediorientali e di estendere la propria sfera di influenza.

Ma non sono mancati quelli che hanno accusato Mosca di bombardare gli ospedali e massacrare i civili al fine di ingrossare le file dei profughi, e in tal modo mettere in crisi l'Europa: si è infatti parlato di "weaponization" degli sfollati. A tanto può arrivare la mentalità paranoide dei nostalgici della guerra fredda.

Il rischio di un nuovo Afghanistan
Qual è allora la ratio del passo indietro fatto da Putin? Se accettiamo che la Russia di oggi sia una potenza "normale", un rational actor, può essere logico supporre che, una volta messi sulla difensiva gli avversari del regime di Damasco, e convinti i loro sostenitori che la pace va negoziata senza la pre-condizione dell'uscita di scena di Bashar al-Assad, Mosca abbia deciso di incoraggiare il dittatore siriano a tentare seriamente la via negoziale, togliendogli l'illusione di una soluzione puramente militare.

Una seconda spiegazione (una non esclude l'altra) è che Putin abbia voluto evitare di scivolare nelle sabbie mobili della lotta anti-guerriglia, di ripetere cioè l'errore fatto dagli statunitensi dopo la cacciata dei talebani da Kabul.

Come nel caso degli Usa in Afghanistan, in questo "ritiro" c'è forse più continuità che discontinuità: escluso che i russi abbandonino la base navale di Tartus, se terranno una buona parte dei loro aerei in quella di Latakia e - a protezione di entrambe - le batterie di missili anti-aerei S-300 e S-400, la presenza militare russa in Siria non cambierà di molto.

Le unità terrestri da ritirare sono poca cosa. Il cambiamento potrebbe essere essenzialmente nell'impiego della forza aerea: da offensivo a difensivo. Ma come vediamo oggi in Afghanistan, dopo il presunto "ritiro" il ruolo delle forze straniere residue a protezione di quelle governative può ancora comportare un'alta frequenza di missioni dell'aviazione.

Guerra civile e trattative
In queste condizioni la guerra civile è destinata a durare a lungo, senza vincitori né vinti. Una prospettiva che dovrebbe incentivare le parti a trattare.

Ma le probabilità che il negoziato sul power-sharing fra le parti dell'accordo di tregua fallisca sono alte, vista la sete di vendetta e la frammentazione delle forze ribelli, e i fondati timori del gruppo dirigente e delle minoranze religiose per la propria sopravvivenza. Ma anche qualora avesse successo, rimarrebbe il conflitto con l’autoproclamatosi stato islamico e con la filiale siriana di al-Qaida, Jabhat al-Nusra.

Uno stallo militare in tale conflitto può portare ad una divisione territoriale, sia pure solo di fatto ma duratura: da un lato la regione occidentale, fertile, comprendente le maggiori città, sotto il regime attuale allargato a parti dell'opposizione; dall'altro la regione semi-desertica a oriente - con Raqqa, Deir es-Zor, Palmira - unita a Mosul e la sua provincia sotto l'Isis fino a quando la coalizione internazionale non riuscirà a tagliare tutte le teste dell'Idra.

Un'ipotesi, questa della rinuncia ad abbattere lo stato islamico e della conseguente divisione territoriale, non ottimale neanche per la Russia, ma compatibile con il suo interesse primario: proteggere le proprie basi nella regione nord-occidentale della Siria e assicurare la sopravvivenza del regime "laico" di Damasco.

Francesco Bascone è Ambasciatore d’Italia.
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