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Metodo di Ricerca ed analisi adottato

Medoto di ricerca ed analisi adottato
Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

lunedì 19 ottobre 2015

Immigrazione: un sistema da cambiare

Immigrazione
Il sistema di Dublino ormai moribondo 
Chiara Favilli
14/10/2015
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Il sistema Dublino non ha mai goduto di buona salute, ma in questa fase le sue condizione si sono decisamente aggravate.

Già dopo i duri colpi inferti dalle condanne della Corte europea dei diritti umani per i trasferimenti tra Stati membri in applicazione del regolamento, i commentatori più attenti non avevano esitato a immaginare il regolamento Dublino come già chiuso nella sua bara (S. Peers, Tarakhel v Switzerland: Another nail in the coffin of the Dublin system?; si veda anche la sintesi sui c.d. Dublin Cases nel sito della Corte europea).

Ancora frequenti sono le pronunce di Tribunali nazionali che dichiarano illegittime le decisioni sui trasferimenti e, dunque, ne impediscono l’esecuzione.

Richiedenti asilo confinati nel paese dove arrivano 
Ma anche a prescindere da questa sorta di “lesioni giurisprudenziali”, il sistema Dublino si è rivelato uno strumento altamente inefficace. In base all’ultima valutazione pubblicata, solo circa il 25% delle richieste di trasferimento accettate da uno Stato membro all’altro è stato effettivamente eseguito.

A questo si aggiungono i numerosi tentativi di elusione dell’identificazione al momento dell’arrivo in alcuni Paesi membri, come l’Italia, per ostacolare l’applicazione dei criteri stabiliti nel regolamento, in particolare quello costituito dallo Stato di primo arrivo che, come noto, è il criterio di gran lunga prevalente.

Il regolamento Dublino III non si limita, infatti, a determinare lo Stato membro competente a esaminare la domanda di protezione, ma determina anche lo Stato dove l’eventuale beneficiario di protezione dovrà fissare il proprio soggiorno in modo quasi permanente.

Questo perché, nonostante vi sia un’ampia area di libera circolazione delle persone, non vi è per i beneficiari di protezione internazionale una libertà di soggiorno in altri Stati membri, analoga a quella riconosciuta ai cittadini dell’Unione europea, Ue.

Così, i richiedenti protezione internazionale sono teoricamente costretti a rimanere nello Stato competente, generalmente quello di primo arrivo, pur desiderando invece trasferirsi in un altro Stato, dove ritengano di avere maggiori possibilità di integrazione per affinità linguistiche, presenza di reti parentali, di sistemi di welfare più strutturati o più concrete opportunità lavorative.

Le novità dell’Agenda per l’immigrazione
Tuttavia, nonostantele critiche e le condanne, il sistema Dublino non è mai stato messo in discussione, né da parte della maggioranza dei Governi dell’Unione né da parte della Commissione europea, almeno fino all’insediamento dell’attuale Commissione, operativa dal 1° novembre 2014.

È nell’Agenda per l’immigrazione, pubblicata il 13 maggio 2015, che sono contenute misure innovative, poi presentate tra maggio e settembre 2015, alcune anche rapidamente approvate.

In particolare meritano di essere menzionati i seguenti atti: una raccomandazione relativa a un programma di reinsediamento europeo che per la prima volta introduce un canale di ingresso legale dei richiedenti protezione internazionale provenienti prevalentemente dal Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d’Africa; due decisioni che istituiscono un meccanismo provvisorio di ricollocazione a favore di Italia e Grecia, con il trasferimento complessivo di 160mila persone nell’arco di due anni; infine una proposta di modifica del regolamento Dublino III, volta a istituire un sistema permanente di ricollocazione da applicare in tutti i casi di situazioni di crisi che si potranno ripetere in futuro a carico di uno Stato membro.

Per la prima volta si prevede la distribuzione dei richiedenti protezione internazionale tra gli Stati membri, così attuando il principio di condivisione della responsabilità, spesso invocato senza essere però attuato, analogamente al principio di solidarietà di cui all’art. 80 del Trattato sul funzionamento dell’Ue.

Sono inoltre indicati i parametri per stabilire la “quota” di persone che ogni Paese deve accogliere, costituiti dalla popolazione, dal Pil totale, dal numero di richiedenti asilo e di reinsediati già presenti e dal tasso di disoccupazione.

In più con la seconda decisione sulla ricollocazione il sistema di ripartizione è stato reso vincolante, ciò che ha determinato l’adozione da parte del Consiglio a maggioranza qualificata, con il voto contrario degli Stati dell’Est, con in testa l’Ungheria, ma senza la Polonia.

Deroga al criterio della competenza dello Stato di approdo
Quando anche la quarta misura sarà approvata, il regolamento Dublino sarà definitivamente modificato nel senso di introdurre espressamente una deroga al criterio della competenza dello Stato di primo arrivo, distribuendo una parte dei richiedenti protezione internazionale in maniera equa e proporzionata tra gli Stati membri.

Pur trattandosi di una deroga limitata all’accertamento di una situazione di crisi in uno Stato membro e con tutte le riserve circa l’effettiva praticabilità dei meccanismi di trasferimento delle persone, essa apre un pertugio che fino a pochi mesi fa sembrava impossibile intravedere.

Non basterà però a rianimare un mezzo moribondo, quale è il regolamento Dublino III: per farlo occorrerebbe prendere atto che un’autentica area di libera circolazione delle persone è incompatibile con limitazioni al soggiorno in quella stessa area ed iniziare ad estendere tale libertà se non a tutti i cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti, almeno ai beneficiari di protezione internazionale.

Chiara Favilli è professore associato di Diritto dell’Unione europea, LUMSA.
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