A sei anni dalla secessione del Kossovo dalla Serbia, il governo di Pristina ha proposto la costituzione di un vero e proprio Ministero della Difesa e di un esercito nazionale che abbia la funzione di proteggere la sovranità e l’integrità territoriale del Paese. L’approvazione da parte del Parlamento è attesa per fine marzo.
Il futuro esercito kossovaro dovrebbe essere sviluppato a partire dall’attuale Kosovo Security Force, un corpo di intervento emergenziale costituito nel 2009 con funzioni essenzialmente di protezione civile, forte di 2.500 effettivi e di 800 riservisti, dotati di armamento leggero.
L’esercito kossovaro dovrebbe essere supportato da un budget annuale di 65 milioni di Euro, ed essere pienamente operativo a partire dal 2019. A fronte di una popolazione nazionale di 1,7 milioni di persone, dovrebbe essere costituito da 5 mila effettivi e da 3 mila riservisti. Esso avrà compiti esclusivamente di autodifesa e, almeno nelle intenzioni dei promotori, dovrà soddisfare gli standard operativi NATO, in modo da garantirne la piena interoperatività in ambito internazionale.
La decisione di Pristina, però, rischia di compromettere i rapporti con Belgrado: sono infatti 100 mila i Kosovari di etnia serba che vivono nella parte settentrionale del Paese, al cui controllo amministrativo e di polizia il governo serbo aveva recentemente rinunciato, in cambio dell’avvio delle trattative per l’adesione all’Unione Europea.
Le autorità serbe hanno già minacciato di volersi rivolgere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in quanto la decisione di Pristina contrasterebbe con la risoluzione ONU 1244, che vieta la costituzione di qualsivoglia Forza Armata sul territorio kossovaro. Il primo ministro serbo, Ivica Dacic, inoltre, ha espresso l’intenzione di chiedere alla NATO garanzie atte a subordinare qualsivoglia presenza di soldati kossovari nella parte settentrionale del Paese all’autorizzazione preventiva della stessa Alleanza Atlantica. Dalla conclusione della guerra in Kossovo del 1998-1999, infatti, la sicurezza del piccolo stato balcanico di etnia albanese, privo di uno sbocco sul mare, è stata garantita dalla presenza di circa 5 mila soldati NATO.
Fonte CESI Roma
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