Sondaggio sulla percezione della politica estera Europa, il crinale tra sinistra, destra e grillini La redazione 17/12/2013 |
Sull’Europa e l’euro, elettori di centro-destra e grillini la pensano quasi allo stesso modo: sono restii ad accettare i vincoli che vengono da Bruxelles, sono inclini all’ipotesi di piantare i partner in asso e tornare all’‘età dell’oro’ della lira e delle svalutazioni competitive. Propensi a restare nell’Unione, e disposti ad accettarne le regole, paiono solo gli elettori di centro-sinistra, ma a condizione che qualcosa cambi: crescita, accanto al rigore; occupazione, accanto alla disciplina.
Italia rassegnata
È un’Italia divisa sull’Europa lungo crinali talora inattesi, politici e demografici - la mezza età meno europeista dei giovani e degli anziani. Un’Italia che ha poca fiducia in se stessa, senza averne molta negli altri. E che, recisamente contraria all’uso della forza per risolvere le controversie internazionali - oltre l’80% - non è più pronta alle missioni di pace - il 60%. Più che un Italia ‘da forconi’, arrabbiata, pare un’Italia ‘da giardinetti’, rassegnata: reclinata sul passato, timorosa di proiettarsi nel futuro.
In testa a tutto, gli interessi nazionali, cioè i propri. In primo luogo, “la sicurezza dei confini dell’Italia e il controllo dei flussi d’immigrazione”: concetti che evocano il ’14 (1914), il primo, e che trasformano in fortezza il Paese della solidarietà, il secondo. L’iconografia tradizionale (e datata) degli ‘italiani brava gente’ regge nella scelta pacifista, non certo sul fronte dell’accoglienza.
Sono alcune delle tante sfaccettature del diamante Italia messe in evidenza dall’indagine sull’opinione pubblica italiana condotta dall’Istituto Affari Internazionali e dal CIRCaP, sondando le posizioni dei cittadini di fronte alla politica estera e all’integrazione europea. Il sondaggio è stato realizzato dal Laps dell’Università di Siena, intervistando un campione di 1003 individui di nazionalità italiana, residenti in Italia e maggiorenni.
I risultati sono spesso influenzati dall’attualità - le risposte sono state raccolte mentre era forte l’eco dei drammi dell’emigrazione nel Mediterraneo - e fotografano le evoluzioni dei rapporti di forza istituzionali.
Scettici e confusi
Quattro italiani su dieci pensano che la figura più influente in politica estera sia il capo del governo, più di uno su quattro che sia il presidente della Repubblica, solo uno su dieci fa riferimento al ministro degli esteri, probabilmente perché, prima di Emma Bonino, alla Farnesina sono passate figure diafane, la cui presenza è stata poco percepita dall’opinione pubblica.
A cinque mesi dalle elezioni europee del 25 maggio, l’indagine esplora l’atteggiamento dell’opinione pubblica verso altre questioni controverse, oltre al futuro dell’integrazione europea e i sacrifici per restare nell’euro e i rapporti con Bruxelles e con Berlino: la presenza di basi Usa, controversa, sul territorio italiano - c’è equilibrio tra chi le accetta e chi se ne vorrebbe sbarazzare - e le missioni all’estero; e ancora rischi e opportunità delle Primavere arabe - i primi percepiti tre volte di più delle seconde.
Fig. 1 - Le missioni italiane all’estero.
Gli italiani sentono di avere un’identità mista, italiana ed europea: questa percezione è fortissima fra gli elettori di centro-sinistra - tre su quattro - e scende sotto il 60% fra gli elettori di centro-destra e i grillini. La frattura europea fra centro-sinistra (due su cinque) e centro-destra e grillini (due su tre) si ripropone sulla difesa degli interessi nazionali anche a discapito di quelli europei e sull’atteggiamento verso la Germania, la cui influenza è percepita come negativa da quasi la metà degli elettori di centro-sinistra, ma da oltre i due terzi di quelli di centro-destra e grillini.
A Ettore Greco, direttore dello IAI, lettore attento dei dati raccolti, “il rapporto tra gli italiani e le relazioni internazionali appare complesso e non privo di sfumature e contraddizioni”. Gli italiani sono “attenti a ciò che accade nel mondo esterno, ma preoccupati per le conseguenze dei problemi globali sugli interessi nazionali e sul ruolo dell’Italia nel mondo; consapevoli dei vincoli europei, ma incerti e tendenzialmente scettici sul futuro dell’Europa; pacifisti e, in linea di principio, multilateralisti, ma poco inclini ad accettare onerosi impegni internazionali.
I problemi globali finiscono spesso ridotti a dimensioni locali. Nell’introduzione al sondaggio, si legge che gli italiani, più che “cittadini del mondo”, tendono a considerarsi “cittadini italiani nel mondo”; un popolo magari consapevole delle prospettive e dei rischi, innescati dai processi d’integrazione regionale e globale e tuttavia incapace di scorgerne e soprattutto di coglierne a fondo le opportunità.
Un’interpretazione preliminare dei risultati del sondaggio li propone scanditi in cinque aree tematiche, che riprendiamo e sintetizziamo dal rapporto che accompagna i dati.
Politica internazionale
Gli italiani prestano attenzione alla politica estera, ma i problemi globali hanno una posizione secondaria nella gerarchia delle loro priorità. Le questioni internazionali assumono rilevanza solo quando incidono direttamente sugli interessi del paese, come nel caso dell’immigrazione e delle sue conseguenze sulla sicurezza dei confini nazionali.
Gli italiani si considerano un attore debole all’interno dello scacchiere internazionale: solo tre su dieci pensano che l’Italia conti in Europa, meno di due su dieci che conti nel mondo.
Europa
Le differenze culturali sono ancora viste come un ostacolo all’integrazione europea, anche se ciò è molto meno vero per i giovani. L’amore per l’euro, a 12 anni dall’esordio della moneta unica, è basso, probabilmente ai minimi assoluti, e la disponibilità a fare sacrifici per restarvi e per rispettare le regole del gioco europee è scarsa - quasi il 70% non ci pensa proprio.
Fig. 2 – Quanto ci sentiamo europei.
Germania
L’imporsi della Germania come guida della politica economica europea è vissuta con insofferenza dagli italiani, che preferirebbero avere una libertà d’azione maggiore e pensano persino, un po’ velleitariamente, di creare una coalizione di stati in chiave antitedesca.
La politica di austerità economica praticata e predicata dalla cancelliera Angela Merkel suscita scarse simpatie: gli italiani sono poco disposti ad accettare una gestione tedesca della più grave crisi economica del secondo dopoguerra, anche se ormai è un po’ tardi per rendersene conto.
Fig. 3 – L’influenza tedesca in Europa.
Stati Uniti
Gli italiani hanno ancora fiducia nel patto atlantico, il cui concetto strategico sarà rivisto l’anno prossimo, ma non vedono più negli Stati Uniti l’alleato di riferimento per la tutela degli interessi della nazione.
La presenza delle basi militari Usa sul nostro territorio viene messa in discussione, ma non pare un tema caldo.
Uso della forza e il Medio Oriente
Gli italiani sono un popolo di pacifisti, contrari al 90% all’uso della forza e all’invio di truppe in missioni internazionali. Il mondo arabo, teatro di rivolte dall’esito incerto, preoccupa, specialmente per l’impatto che tali eventi potrebbero avere sui flussi migratori.
Ancora una volta, gli italiani prestano attenzione a ciò che accade nel mondo, ma interpretano gli avvenimenti internazionali alla luce degli interessi nazionali.
Fig. 4 – Le primavera arabe e l’Italia.
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Italia rassegnata
È un’Italia divisa sull’Europa lungo crinali talora inattesi, politici e demografici - la mezza età meno europeista dei giovani e degli anziani. Un’Italia che ha poca fiducia in se stessa, senza averne molta negli altri. E che, recisamente contraria all’uso della forza per risolvere le controversie internazionali - oltre l’80% - non è più pronta alle missioni di pace - il 60%. Più che un Italia ‘da forconi’, arrabbiata, pare un’Italia ‘da giardinetti’, rassegnata: reclinata sul passato, timorosa di proiettarsi nel futuro.
In testa a tutto, gli interessi nazionali, cioè i propri. In primo luogo, “la sicurezza dei confini dell’Italia e il controllo dei flussi d’immigrazione”: concetti che evocano il ’14 (1914), il primo, e che trasformano in fortezza il Paese della solidarietà, il secondo. L’iconografia tradizionale (e datata) degli ‘italiani brava gente’ regge nella scelta pacifista, non certo sul fronte dell’accoglienza.
Sono alcune delle tante sfaccettature del diamante Italia messe in evidenza dall’indagine sull’opinione pubblica italiana condotta dall’Istituto Affari Internazionali e dal CIRCaP, sondando le posizioni dei cittadini di fronte alla politica estera e all’integrazione europea. Il sondaggio è stato realizzato dal Laps dell’Università di Siena, intervistando un campione di 1003 individui di nazionalità italiana, residenti in Italia e maggiorenni.
I risultati sono spesso influenzati dall’attualità - le risposte sono state raccolte mentre era forte l’eco dei drammi dell’emigrazione nel Mediterraneo - e fotografano le evoluzioni dei rapporti di forza istituzionali.
Scettici e confusi
Quattro italiani su dieci pensano che la figura più influente in politica estera sia il capo del governo, più di uno su quattro che sia il presidente della Repubblica, solo uno su dieci fa riferimento al ministro degli esteri, probabilmente perché, prima di Emma Bonino, alla Farnesina sono passate figure diafane, la cui presenza è stata poco percepita dall’opinione pubblica.
A cinque mesi dalle elezioni europee del 25 maggio, l’indagine esplora l’atteggiamento dell’opinione pubblica verso altre questioni controverse, oltre al futuro dell’integrazione europea e i sacrifici per restare nell’euro e i rapporti con Bruxelles e con Berlino: la presenza di basi Usa, controversa, sul territorio italiano - c’è equilibrio tra chi le accetta e chi se ne vorrebbe sbarazzare - e le missioni all’estero; e ancora rischi e opportunità delle Primavere arabe - i primi percepiti tre volte di più delle seconde.
Gli italiani sentono di avere un’identità mista, italiana ed europea: questa percezione è fortissima fra gli elettori di centro-sinistra - tre su quattro - e scende sotto il 60% fra gli elettori di centro-destra e i grillini. La frattura europea fra centro-sinistra (due su cinque) e centro-destra e grillini (due su tre) si ripropone sulla difesa degli interessi nazionali anche a discapito di quelli europei e sull’atteggiamento verso la Germania, la cui influenza è percepita come negativa da quasi la metà degli elettori di centro-sinistra, ma da oltre i due terzi di quelli di centro-destra e grillini.
A Ettore Greco, direttore dello IAI, lettore attento dei dati raccolti, “il rapporto tra gli italiani e le relazioni internazionali appare complesso e non privo di sfumature e contraddizioni”. Gli italiani sono “attenti a ciò che accade nel mondo esterno, ma preoccupati per le conseguenze dei problemi globali sugli interessi nazionali e sul ruolo dell’Italia nel mondo; consapevoli dei vincoli europei, ma incerti e tendenzialmente scettici sul futuro dell’Europa; pacifisti e, in linea di principio, multilateralisti, ma poco inclini ad accettare onerosi impegni internazionali.
I problemi globali finiscono spesso ridotti a dimensioni locali. Nell’introduzione al sondaggio, si legge che gli italiani, più che “cittadini del mondo”, tendono a considerarsi “cittadini italiani nel mondo”; un popolo magari consapevole delle prospettive e dei rischi, innescati dai processi d’integrazione regionale e globale e tuttavia incapace di scorgerne e soprattutto di coglierne a fondo le opportunità.
Un’interpretazione preliminare dei risultati del sondaggio li propone scanditi in cinque aree tematiche, che riprendiamo e sintetizziamo dal rapporto che accompagna i dati.
Politica internazionale
Gli italiani prestano attenzione alla politica estera, ma i problemi globali hanno una posizione secondaria nella gerarchia delle loro priorità. Le questioni internazionali assumono rilevanza solo quando incidono direttamente sugli interessi del paese, come nel caso dell’immigrazione e delle sue conseguenze sulla sicurezza dei confini nazionali.
Gli italiani si considerano un attore debole all’interno dello scacchiere internazionale: solo tre su dieci pensano che l’Italia conti in Europa, meno di due su dieci che conti nel mondo.
Europa
Le differenze culturali sono ancora viste come un ostacolo all’integrazione europea, anche se ciò è molto meno vero per i giovani. L’amore per l’euro, a 12 anni dall’esordio della moneta unica, è basso, probabilmente ai minimi assoluti, e la disponibilità a fare sacrifici per restarvi e per rispettare le regole del gioco europee è scarsa - quasi il 70% non ci pensa proprio.
Germania
L’imporsi della Germania come guida della politica economica europea è vissuta con insofferenza dagli italiani, che preferirebbero avere una libertà d’azione maggiore e pensano persino, un po’ velleitariamente, di creare una coalizione di stati in chiave antitedesca.
La politica di austerità economica praticata e predicata dalla cancelliera Angela Merkel suscita scarse simpatie: gli italiani sono poco disposti ad accettare una gestione tedesca della più grave crisi economica del secondo dopoguerra, anche se ormai è un po’ tardi per rendersene conto.
Stati Uniti
Gli italiani hanno ancora fiducia nel patto atlantico, il cui concetto strategico sarà rivisto l’anno prossimo, ma non vedono più negli Stati Uniti l’alleato di riferimento per la tutela degli interessi della nazione.
La presenza delle basi militari Usa sul nostro territorio viene messa in discussione, ma non pare un tema caldo.
Uso della forza e il Medio Oriente
Gli italiani sono un popolo di pacifisti, contrari al 90% all’uso della forza e all’invio di truppe in missioni internazionali. Il mondo arabo, teatro di rivolte dall’esito incerto, preoccupa, specialmente per l’impatto che tali eventi potrebbero avere sui flussi migratori.
Ancora una volta, gli italiani prestano attenzione a ciò che accade nel mondo, ma interpretano gli avvenimenti internazionali alla luce degli interessi nazionali.
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