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Metodo di Ricerca ed analisi adottato

Medoto di ricerca ed analisi adottato
Vds post in data 30 dicembre 2009 sul blog www.coltrinariatlanteamerica seguento il percorso:
Nota 1 - L'approccio concettuale alla ricerca. Il metodo adottato
Nota 2 - La parametrazione delle Capacità dello Stato
Nota 3 - Il Rapporto tra i fattori di squilibrio e le capacità delloStato
Nota 4 - Il Metodo di calcolo adottato

Per gli altri continenti si rifà riferimento al citato blog www.coltrinariatlanteamerica.blogspot.com per la spiegazione del metodo di ricerca.

domenica 10 aprile 2022

Un insegnamento per l’Europa

 

SEBASTOPOLI  1942 – UCRAINA 2022


Ten. Cpl. Art. Pe. Sergio Benedetto Sabetta

 

Premessa

            Nell’estate di Ottanta anni fa, nel 1942, veniva presa dopo un lungo assedio la città – fortezza di Sebastopoli in Crimea, importante porto sul Mar Nero.

            Oggi in Ucraina si ripetono le modalità dell’assedio e della presa delle città, forse oggi vi sono aspetti umanitari quali i corridoi di fuga per la popolazione civile e convogli umanitari che allora non vi erano, anche se la popolazione civile è comunque sempre considerata una massa umana manovrabile dalle due parti da affiancare allo sforzo più strettamente militare, oltre al supporto di potenze esterne.

            Quello che sembrava impossibile in Europa è accaduto, vi è comunque nell’essere umano un aspetto di ferocia ed aggressività, che sebbene e necessariamente controllabile non può essere eliminato, tanto che periodicamente riemerge nelle più varie modalità.

            E’, quindi, opportuno richiamare nella loro ferocia, nella sofferenza e negli atti di eroismo gli avvenimenti dell’estate 1942, non solo in ricordo ma anche a memoria e confronto con l’attuale guerra in Ucraina e negli assedi delle città e comunque della necessità, non solo di una difesa comune europea, ma soprattutto di una costituenda “difesa civile” tanto in Europa che in Italia.

Sebastopoli 1942

            Nel novembre 1941 Sebastopoli è accerchiata dai tedeschi, l’assedio durerà fino al 3 giugno 1942 quando il generale Manstein sferrerà l’offensiva finale.

            Anche un reparto della marina italiana partecipa all’assedio con un gruppo di mezzi d’assalto al comando del capitano di corvetta Salvatore Todaro.

            La nostra partecipazione al blocco navale è richiesta espressamente dal quartiere generale tedesco, preoccupato dai rifornimenti portati alla piazza dalla marina sovietica e di cui solo un’azione diretta avrebbe permesso un efficace contrasto.

            L’azione svolta risulta molto efficace e contribuirà in modo determinante alla caduta della piazza, destando l’entusiasmo e il manifesto apprezzamento dello stesso ammiraglio Donitz.

            La situazione della popolazione e dei difensori all’interno della piazza, nonostante gli sforzi della marina sovietica tanto nel rifornire che nell’evacuare gli ammalati, i feriti e la popolazione civile inabile, diviene sempre più tragica, come testimoniato anche dal giornalista russo B. Voyetekhov nel suo libro “The last days of Sevastopol”, New York 1943.

            Il 3 giugno 1943 Manstein dirige l’assalto definitivo alla piazza, questo è preceduto dalla pianificazione di un terribile bombardamento aereo e terrestre della durata di cinque giorni, destinato ad aprire delle brecce per la fanteria nelle fortificazioni scavate nella roccia, oltre che stordire i difensori.

            Con l’artiglieria aprono il fuoco anche la contraerea, i mortai e i pezzi più leggeri, tutto quello che poteva sparare, i mortai pesanti del primo reggimento mortai arrivano ad una cadenza di 324 granate in media al minuto, gli effetti per la concentrazione del tiro sono devastanti.

            Al bombardamento partecipano anche i giganteschi mortai “Gamma” e “Thor” e il cannone “Dora”, posto su rotaie, pezzi studiati apposta per gli assedi e lo sgretolamento delle strutture di cemento armato, in previsione di un attacco diretto alla Linea Maginot e ai forti belgi.

            Il mortaio “Gamma” con una canna di metri 6,75 tira oltre 14 Km. granate del diametro di 427 mm. e del peso di 923 Kg., lo servono 235 artiglieri.

            Il mortaio “Thor” o “Karl” con una canna di m. 5 del diametro di 615 mm., tira granate da 2.200 Kg..

            Infine vi è “Dora”, il più grande, detto affettuosamente dai soldati “Gustavone”, con una canna di m. 32,50 e del calibro di 800 mm., può tirare granate del peso di 4.500 Kg. a 47 Km. , oppure da 7.000 Kg. a 38 Km., cadenza di tiro 3 granate l’ora, 1.500 uomini diretti da un generale di brigata e un colonnello provvedono al puntamento e tiro, mentre per la protezione sono impegnati due battaglioni della contraerea, il tutto per un totale di circa 4.200 uomini.

            La potenza dell’esplosione è tale che riesce ad arrivare fino a 30 m. di profondità, come avviene a Sebastopoli dove fa saltare un deposito di munizioni interrato nella roccia a tale profondità.

            L’8° Corpo aerea del generale Von Richthofen svolge a sua volta dai 1.000 ai 1.500, 2.000 voli quotidiani su Sebastopoli, tempestando con tutte le armi le difese e la città nell’insieme.

            Il sistema difensivo è costituito da 3 linee successive, la prima profonda da 2 a 3 Km., composta da una serie successiva di trincee intervallate da reti di filo spinato e fiancheggiate da casematte di tronchi di legno e cemento, a cui si aggiungono vasti campi minati.

            La seconda linea, profonda 1,5 Km., è costituita da una serie di opere fortificate costituenti una cintura, che copre prevalentemente il settore settentrionale tra la valle di Belbek e il golfo di Severnja, nella parte orientale il terreno è particolarmente disagevole con profonde valli e altura fortificate.

            La terza linea è nella periferia della città ed è costituita da un intreccio labirintico di trincee, nidi di mitragliatrici, lanciabombe e batterie di cannoni.

            La città è difesa secondo fonti sovietiche, da oltre 100.000 uomini, 600 cannoni e 2.000 mortai, inquadrati in 7 divisioni di fucilieri,  1 divisione di cavalleria appiedata, 2 brigate di fanteria, 3 brigate di fucilieri di marina, 2 reggimenti di fanteria di marina, numerosi battaglioni corazzati, 10 reggimenti di artiglieria, 2 battaglioni lanciabombe, 1 reggimento anticarro e 45 unità d’artiglieria pesante di marina.

            Manstein dispone di 7 divisioni tedesche e 2 divisioni rumene, alla mattina del 7 giugno alle ore 3.50 inizia l’assalto lungo tutto il fronte con lo forzo principale concentrato al nord, solo dopo qualche giorno la 170° Divisione leggera, la 72° Divisione di fanteria e la 2 divisioni rumene avrebbero sferrato l’attacco decisivo.

            Mentre nella valle di Belbek e nella gola di Kamisly i genieri aprono il passaggio attraverso i campo minati ai cannoni d’assalto del 190° e del 249° gruppo per l’appoggio ravvicinato alla fanteria, la 22^ Divisione di fanteria assale il forte “Stalin”, già attaccato infruttuosamente nell’inverno precedente dal 16° Fanteria.

 

            Il 9 giugno un primo assalto fallisce, ma il 13 il 16° Fanteria dà l’assalto finale al forte ridotto ad un cumulo di macerie, ma da cui i russi sparano ancora.

            Sebbene nello scontro il comando russo abbia impegnato i giovani del Komsomol, la battaglia è tanto dura che al comando dei resti dei 2 battaglioni del 16° Fanteria è messo un tenente della riserva, essendo tutti gli ufficiali morti.

            Alla fine della battaglia bisogna concentrarsi sulla seconda cinta di fortificazioni che resistono fino al 17 giugno, si accumulano i corpi senza vita dei soldati che nella calura estiva producono un odore insopportabile e su cui ronzano nugoli di mosche.

            La ferocia dei combattimenti è tale che i russi utilizzano talvolta anche i corpi dei loro compagni per barricare gli ingressi delle casematte, barricate che vengono distrutte con i lanciafiamme dai guastatori, in un lezzo tale da provocare il vomito tra i soldati.

            Alcuni comandanti in linea chiedono di sospendere momentaneamente l’azione, ma Manstein insiste nell’ordine di attacco sapendo che bisogna cogliere l’occasione dello sbandamento in atto russo, non potendo contare su ulteriori rinforzi essendo in corso l’offensiva sul fronte sud.

            Nella valle di Belbek le cupole blindate del forte “Massimo Gor’kij I” continuano a sparare con i loro cannoni da 305 mm sulla valle e la strada costiera, rendendoli impraticabili.

            Vengono messi in posizione due mortai da 355 mm del 641° Gruppo artiglieria pesante, le normali granate perforanti non riescono a scalfire le cupole blindate, vengono quindi utilizzate le granate speciali da una tonnellata.

            La batteria è messa a tacere alla seconda salva con lo scardinamento della base della cupola blindata, tuttavia la guarnigione non si arrende e continua a fare sortite.

            La 2^ Compagnia del 24° battaglione di guastatori è incaricata di occupare il forte, costringendo alla resa la guarnigione. A rifiuto della capitolazione si deve procedere alla sua conquista metro per metro, demolendo le doppie porte d’acciaio che ne difendono i singoli vani, si avanza lanciando bombe a mano in ogni vano con le maschere antigas per il fumo ed il tanfo, tra i corpi accatastati dai russi.

            Dal comando di Sebastopoli, vicino al porto, l’ammiraglio Oktjabrskj segue la battaglia in corso ricevendo un resoconto ogni 30 minuti, dando ordine ai comandanti e ai commissari politici di “Combattere fino all’ultimo uomo”, si susseguono i suicidi al posto della resa, fino a che i tedeschi non raggiungono il cuore della fortezza, la centrale comando, che viene fatta saltare, su un migliaio di uomini che la difendono solo 40 feriti vengono fatti prigionieri.

            Durante la battaglia in corso per la conquista del forte, il 31° Fanteria e la 24^ Divisione conquistano i restanti forti, avanzando dalla costa alla città ai lati della strada maestra.

            Il 18 giugno inizia l’assalto alla terza linea di difesa sulle alture di Zapun che dominano la città, lo scontro è durissimo e i forti devono essere conquistati uno ad uno, finché la 24^ Divisione occupa il 26 giugno il forte a nord e la batteria sull’istmo di Savernaja che controllano l’ingresso al porto.

            Tuttavia i russi nella notte del 26 introducono in città la 142^ Brigata fucilieri, ma i tedeschi la notte del 27 , in silenzio, attraversano il golfo e occupano la centrale elettrica, si schierano ai limiti della città e al mattino, coperti dagli “Stuka”, superano l’ultimo grande fossato anticarro.

            La difesa estrema della città sprofonda completamente nel caos e la resistenza perde qualsiasi coesione, dando luogo a singoli episodi di resistenza estrema, l’ultimo dramma il 2 luglio quando un migliaio di donne, bambini e soldati si rifugiano in una galleria sotterranea chiudendo la porte blindate.

            Alla richiesta di resa il commissario politico si rifiuta, i guastatori tedeschi preparano le mine per demolire le porte, ma il commissario politico fa saltare la galleria seppellendo tutti i rifugiati, il 3 luglio Sebastopoli cade.

            Due armate sovietiche sono state distrutte, circa 90.000 soldati presi prigionieri e 407 cannoni, 758 mortai e 155 pezzi anticarro e antiaerei catturati .

             Caduta  Sebastopoli, la più potente fortezza d’Europa,   non vi sono più fortezze degne di questo nome in Europa, il Gruppo di Armate tedesche A, libero della minaccia presentata al fianco sud da Sebastopoli, può avanzare verso il Caucaso e i pozzi di petrolio del Caspio. (P. Carell, Operazione Barbarossa, Longanesi, 1963).

            Non si può comunque non riconoscere che gli immensi costi materiali umani sostenuti dai sovietici non potevano proiettarsi nel tempo se non con il sostegno economico e industriale degli U.S.A., infatti questi già dal giugno 1941 previdero che i convogli “affitti e prestiti” rifornissero anche la Russia passando sia per il Pacifico e Vladivostok, che per l’Islanda e l’Oceano Artico, allargando a nord la battaglia dell’Atlantico.  

 

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